venerdì 25 luglio 2014

Non sono più una donna

" Ero stanca di essere una donna,
stanca di cucchiai e pentole,
stanca della mia bocca e dei miei seni,
stanca di cosmetici e sete.
C'erano ancora uomini seduti alla mia tavola,
raccolti intorno alla coppa che offrivo.
La coppa era piena di chicchi d'uva viola
e le mosche erano attratte dal profumo
e perfino mio padre si fece avanti con il suo osso bianco.
Ma io ero stanca del genere delle cose.

La notte scorsa ho fatto un sogno
e gli ho detto…
"Sei tu la risposta.
Tu sopravviverai a mio marito e a mio padre".
In quel sogno c'era una città fatta di catene
dove Giovanna fu messa a morte in abiti maschili
e la natura degli angeli non fu spiegata,
non ce n'erano due della stessa specie,
uno con il naso, un altro con un orecchio in mano,
uno masticava una stella e registrava la sua orbita,
ognuno come un poema obbediva a sè stesso,
facendo le veci di Dio,
un popolo separato.

"Tu sei la risposta",
dissi io, ed entrai
stesa sui cancelli della città.
Poi fui stretta in catene
e persi il mio genere normale e il mio aspetto finale.
Adamo era alla mia sinistra
e Eva era alla mia destra,
entrambi del tutto incompatibili con il regno della ragione.
Intrecciammo le braccia
e marciammo sotto il sole.
Non ero più una donna,
nè una cosa nè l'altra.

O figlie di Gerusalemme,
il re mi ha condotto nella sua camera.
Sono nera e sono bellissima.
Sono stata aperta e svestita.
Non ho nè braccia nè gambe.
Sono tutta pelle come un pesce.
Non sono più donna
di quanto Cristo sia un uomo".

( Anne Sexton)

Sto' cercando Anna. E' la parte più fondante di me. Quella che sprofonda le radici nell'essenza.
Anche se Shakespeare diceva " Cosa c'è in un nome?".
Nel mio caso la complessità si spezza nel nome.
Sono parti di me. Per ricompormi. Non sono un'unica cosa. Sono tante.
Per ridere e provocare Ragazzo, gli avevo detto che dentro di me c'è una squadra di calcio. Immensi falli che mi perseguitano e s'illudono di afferrarmi.
Che immagine squallidamente divertente..!
Sto' urlando. Bene. Si sente. Sto' iniziando ad indirizzare la mia richiesta di aiuto nella direzione giusta. Sono arrivati dapprima gli occhi di Ana. Ora Anne. Sexton di cognome. Dove "sex" è nel cognome. Quella sessualità che mi spaventa e pervade. In ogni cosa che faccio.
Poi i più bevono quella apparente. Per prendere energia e affermarsi. Ragionano con il fallo e si accontentano così. Ma adesso mi faccio pagare. L'ho detto a Rhett.
Anellino e poi Sex. With ton. Don't worry. I can be a Mala.
Perché tanto se ti dai nuda e onesta, spaventi. Prendono e scappano. Ma prima si rivestono di borghesia.
" Tutto qui?". Penso. L'ho pensato alla fine degli ultimi incontri di fragilità.
 Per questo Ana e ora Anne mi hanno chiamata. Per dirmi che non sono sola nella mia ricerca di completezza. Ho ragione ad essere stanca del genere delle cose.
O di dovermi giustificare per quel che sono. Io sono più cose. Ci sono infiniti tasselli. Infinite parti di un puzzle da ricomporre.
Forse è per questo che non mi annoio mai. Con me. Anche Othello mi dice sempre che sta' con me perché ogni giorno ne invento una. Eppure poi mi schiaffeggia nell'intimo non appena si rende conto che io non gli apparterrò mai.
Perché sto' imparando ad amare senza appartenere o possedere. Perché di definirmi necessariamente non ne ho voglia. Io sono ed esisto perché vivo con e nell'amore.

Ho raggiunto Rhett nel nostro nuovo locale d'arte. C'è anche Pallino. Ridiamo. Io parlo tanto. Rhett mi prende in giro. Mi abbraccia. Mi bacia la mano e mi dice "Sei sempre più bella". E io che mi sento uno straccio mi tiro su la maglietta e dico "Si, ma guarda.. secondo me sono incinta". Pallino ride. E mangia.
Rhett mi dice che devo solo depurarmi e poi mi parla di mia madre. Di andare da lei.
E poi ci sono i nostri progetti.. le mie scritture. Il corto con Fassbinder che entrerà nel nostro giro artistico..
Parliamo tre secondi dell'ultimo cuore fragile e mi dice solo che è stato "furbo" nel bermi e basta per dimostrarsi "maschio".
A me sembra tutto così lontano ormai. E poco interessante. Per quel che sarò.
Poi Pallino prende il sax e suona. Rhett prende il micro e canta. E mi chiama. E iniziamo a duettare improvvisando con Pallino e una base di sottofondo. Giochiamo ad Alba e Vale. Ridiamo. La barista è divertita. I clienti fuori ridono.
Pallino aggancia una belga con le tette enormi. Poi mentre ce ne andiamo mi dice: "Anna, mi sono innamorato. Ma è passata già".
"E di chi?" chiedo. "Ah no.. una ragazza di Torino. Del conservatorio".
Rhett: " Si. Ma di una lesbica. Gli piacciono le donne. Per questo non ha funzionato ciccione". Si prendono in giro. Giocano allo scambio dei generi. E nel passare dal femminile al maschile, riescono a restare loro stessi.
Sono lì a dimostrarmi che l'essenza di "te" è un insieme di cose e che "tu" sei "tu" ed esisti nella libertà della tua anima. Qualsiasi sia la tua sessualità. Che essere donna e uomo è molto di più del genere che ingabbia.
Li saluto. Rientro a casa.. Non sono più una donna, nè una cosa nè l'altra. Sono nera e sono bellissima. Sono stata aperta e svestita. Non ho nè braccia nè gambe. Sono tutta pelle come un pesce. Non sono più donna di quanto Cristo sia un uomo.
 

 

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