venerdì 26 settembre 2014

Almeno io ci ho provato! porca vacca.. Almeno io ci ho provato!

"Oddio! Un'ape! Aiuto!". Eccomi qui. Una sera di fine settembre. Con i miei calzoni alla zuava, di cotone bianco a rosine viola, una canotta e i capelli raccolti.
Eccomi qui, a piedi nudi. Perché odio le scarpe. Anche se nel mondo porto i tacchi e talvolta stivali per proteggermi da ciò che non c'è.
Eccomi qui. Così. Con una scopa in una mano e nell'altra il cellulare con FabionRhett dall'altra parte che mi parla della Mala e di come andare avanti.
"Mettimi in vivavoce che le parlo sciocchina..". L'ape si appoggia sopra lo stipite della porta che non esiste della mia cucina. Io le sto' sotto, con la scopa in mano, e le avvicino il cellulare: "Apina.. apina.. lascia stare la mia amica ricciolina che ha paura.. Su vai via..". E FabionRhett le parla. In vivavoce.

Avrei dovuto scrivere questa scena comica stamane al concorso di drammaturgia. Invece poi ho iniziato tre storie diverse. Avevo i fogli e la penna. La Paolo Grassi, pur essendo uno dei centri di Arte Drammatica più famosi d'Italia, non ha computer. Non può permetterseli.
Quindi scrivo a penna. Ci sono tre tracce. La prima è riscrivere uno dei grandi testi che erano da leggere ( Amleto, L'Ambleto di Testori, La Cavalleria Rusticana novella e versione libretto d'opera). La scarto: non riesco a riscrivere grandi testi. Mi sembra di profanare un "corpo", un'anima, una memoria di per sé così perfetta. Solo quel genio di Carmelo Bene poteva. E ha fatto con quel capolavoro che è il suo Amleto.
La seconda traccia è scrivere una storia, una situazione drammaturgica partendo da una notizia di giornale ( una fotocopia che ci distribuiscono). La scarto. Non riesco a scrivere da altri input.. "Il mio unico input sei tu Mr. D. Tu sei la mia unica Musa". Gli mando questo sms stamane in risposta al suo. Siamo riusciti a litigare di nuovo via sms. Non gli perdono più niente. Ho deciso che sarò "brutale" se servirà per riaverlo in una verità. Qualsiasi sarà il nostro rapporto futuro, deve essere onesto.

Lui mi parla di "pugnette" dove io ne sono protagonista.. E' il suo modo per farmi capire che è contento per me e che sa che andrà bene.
La terza traccia è quella che scelgo: scrivere una storia, una biografia di un personaggio e poi localizzarlo in una scena o situazione drammaturgica.
E di storie in testa ne ho tante.. pure troppe. Talmente tante che per starci dietro, le inseguo quando sono in auto, al lavoro..  E mi distraggo: sbatto e rischio di farmi male. Devo trattenerle. Vorrei avere un registratore mentale per registrarle e scolpire tutta questa umanità che esce.
Inizio più storie: " Lo strano caso di Dottor Jack e Mr. D.". Che è l'ultima storia che mi ha ispirato Diego proprio mentre vado in metro alla Grassi.
Mi dice "scVivi di me!". Lo diverte leggermi e leggere di sé attraverso me.
E inizio la storia. Mr. D. è un comunista in pensione che fallendo ogni piano di dimagrimento, s'inventa "pugnetta-gift". Istiga poi il Dottor Jack, il suo cane cinquantenne, a prendere la strada di pappone reclutando signorine Tane. Poi mi fermo sia perché spiegare l'origine delle Signorine Tane diventerebbe imbarazzante, sia perché temo che la commissione possa essere moralista e poco amante di drammaturgie surreali.
Resto sul semplice. Ne inizio un'altra: la storia di Alfie e Giulia, ma poi m'intristico. E mi fermo.
Provo con quella del mio eroe virtuale, ma anche qui mi arresto. E allora faccio la cosa più semplice e scrivo della Mala. Tanto sono lì per quello. Perché la conoscano e mi aiutino a farla crescere.
E scrivo, scrivo.. Niente è più semplie per me. In nessuna condizione mi sento più me stessa e a mio agio come tra penne, carta e la mia immaginazione.
Alzarmi la mattina, come oggi, per andare in un luogo dove mi viene chiesto di scrivere e inventare storie, è il mio senso. Sarebbe una fortuna se divenisse il mio lavoro perenne.

Poso la penna. Consegno i fogli. Concorso finito. La seconda parte sarà la settimana dopo se questa è andata bene. Ci sono libri da studiare ancora. Scene da preparare. Ma comunque sia io mi sento già felice. Già felice di avere capito chi sono e di avere capito il mio percorso fino ad oggi.
Di avere capito i miei impulsi distruttivi e la compulsività nel ripetere azioni che creavano solo una gabbia invisibile in cui mi lasciavo morire.
Ero insoddisfatta perché ero vittima del gioco perverso delle perdite e delle vincite. Ero come uno di quei giocatori incalliti che giocano per la ricchezza anche se la ricchezza non li soddisfa. E questo perché le perdite e le vincite mettono a fuoco la disparità tra le azioni del giocatore e il subconscio. In questo modo causano insoddisfazione.
La compulsione di entrare nel conflitto è un messaggio che arriva ogni giorno alla nostra anima.
Nessuno ci aiuta a percepire o ad arrivare ad una situazione di equilibrio e questo perché nell'equilibrio siamo costretti ad affrontare le basi inconsce ed imbarazzanti del nostro carattere.
Io ho incontrato l'arte. Lei mi ha dato equilibrio. Placa ogni conflitto. Ma non perché lo razionalizza, ma perché lo espone.
Rincorriamo l'idea di perfezione perché così siamo resi ignari del nostro squilibrio.
Ma in un mondo fatto di utilità, di "potere", a cosa serve l'arte?
Io ho capito che i veri artisti non se lo chiedono. Non sono spinti a creare arte, o a fare soldi, ma ad alleggerire il peso dell'ineguaglianza lacerante tra conscio e inconscio. E l'irrazionale che nasce ha il potere di dare quell'armonia che nessuna parola razionale potrebbe mai dare.
L'arte è un bisogno per me. Soprattutto ora. Soprattutto in questo momento storico di crisi e lacerazioni. Infatti l'arte scompare in tempi di prosperità, ma rinasce in tempi di lotte. Età, agiatezza, risorse attenuano il bisogno e dal bisogno nasce l'arte. Io ho bisogno dell'arte. E questo perché non mi devo più difendere dalla sensazione della mia stessa inutilità, della mia stessa impotenza.


L'impulso dell'artista bonifica un profondo squilibrio. I miei impulsi artistici non fanno altro che sanare questo profondo squilibrio che nessuna sostanza potrebbe mai sanare.
Neanche le azioni compulsive. Anzi, le azioni compulsive sono solo illusorie. Ma falliscono perché.. perché l'altro non esiste.
I nazisti hanno scelto gli ebrei come altro-cattivo. E gli ebrei hanno subito non perché fossero la causa, ma perché non la erano.
Proprio come la povera ape dell'altra sera che ha subito perché non era la causa della paura che le infondevo.
A proposito, alla fine, dopo il dialogo con Fabionrhett, l'ape è volata via. Disperata. In fuga dall'altro.


lunedì 22 settembre 2014

Lo strano caso di Mr D. e...

Il giorno in cui incontrai Mr D., anzi che mi accorsi di lui, fu ad un seminario con Paola Folli. Alla Nam. Durante il mio secondo anno professionale.
Lei è la vocal coach di X-Factor e la vocalist di Elio e Le storie Tese. Il signor D. uno degli insegnanti della mia scuola.
Era lì per accompagnarci. Era arrabbiato. Ognuno di noi doveva portare un brano e le parti musicali da dargli. Fui l'unica a portarle: quelle di Notturno di Mia Martini.
Quando "toccò" a me esibirmi davanti alla Folli, lui disse arrabbiato: "GuaVda che queste paVti sono sbagliate".
"Oddio ha pure l' "r" moscia..". E pensai anche: "Brutto rompipalle, ma se sono l'unica ad averle portate..".
Mi limitai a fulminarlo con gli occhi. E disse: "No, vabbé.. non ti pVeoccupaVe. Tanto hai poVtato anche la base".
Solo in seguito capii che era felice che nessuno avesse portato le parti perché avrebbe suonato di meno.. anzi: non avrebbe suonato affatto. Io stavo minando, con le mie parti, il suo "piano".
Cantando Notturno mi commossi. Piansi come sempre. La Folli, non ricordo bene perché, mi chiese qualcosa come: "Ma tu scrivi?". Come se fosse un significante delle mie lacrime. O una soluzione. O una ragione per trasformare quell'acqua salata in un qualcosa di più creativo.
Alla fine del canto, andai in bagno e fuori c'era Mr. D. Aveva gli occhi diversi. Un po' lucidi e mi diede una stretta sulla spalla. Vidi nei suoi occhi azzurri quella "cosa" che ho sempre amato di lui.
Due domeniche dopo, mi esibii con la scuola in un locale fuori Milano. Io cantai una bossa, " O bebado e A Equilibrista", di Elis Regina. Una canzone meravigliosa che è una parabola dell'arte e che allego qui perché chi non la conosce, la possa ascoltare.
Fu difficile per me come studio. Per la lingua, ma soprattutto per la ritmica che è sempre stato un po' il mio problema. La amai molto. Lei era un donna nata sotto il segno del "troppo". Il mio stesso segno.



Quella sera ero un po' triste. Per mia madre. Per Pepe che avevo rivisto e c'eravamo lasciati male. Cantai, triste, e sbagliai un tempo. Quando scesi dal palco incontrai Diego. Non veniva mai a queste serate di alunni. Ma quella volta venne. Sapevo di aver fatto quell'errore e me lo fece notare facendo un paragone stupido con una mia compagna di corso. Era ubriaco. Lo mollai lì.
Il lunedì dopo non andai al corso di canto. Lui faceva lezione di piano nella saletta accanto, proprio quando avevo lezione io. Scrissi alla mia insegnante che non me la sentivo più di continuare il diploma.
Lui le chiese il mio numero. Non ricordo bene come andò.. ma so che capì che lui c'entrava qualcosa, che aveva detto male.. e ci chiarimmo via sms perché io non avevo voglia di parlargli.
Due settimane dopo lui tenne un seminario sulla ritmica. Era per musicisti soprattutto, ma andai. Quando entrai mi disse: "Sono contento che sei qui".
Ricordo quel seminario in modo divertente. Faceva fare flessioni a chi sbagliava dei percorsi ritmici. Le fece fare anche a me. Alla fine della serata, andai da lui e mi scusai. Gli dissi che ero in un momento "mio", un po' ipersensibile, e che lui aveva esagerato comunque.
Quando uscimmo dalla scuola, un suo collega pianista gli disse: "Vai da una delle tue amiche?". E lui s'imbarazzò, perché dietro c'ero io. Non lo conoscevo ancora. Non sapevo ancora che solo un anno dopo mi sarei ritrovata a casa sua, entrambi mezzi nudi, a litigare alle sei di mattina urlando "Tu e tuoi tour di bulimia erotica!".
Mi viene da ridere a rileggere tutto ora.

Un mese dopo, marzo 2012, ci rivedemmo. Avevo appena finito di cantare "Voce e Notte", nella versione di Mina, alla Salumeria della Musica. Ero in sottoveste, a piedi nudi, per interpretare. Perché già volevo unire il teatro alla musica. Forse la Mala nuotava già nel mio piccolo mare creativo.
Dietro le quinte me lo sono trovato davanti. Mi guardava gonfio. Aveva lo sguardo che chiamo spermatico. Lui ride quando gli dico che guarda così. Allora mi diede pure un po' fastidio. Perché stava lì in mezzo e io mi dovevo cambiare per risalire e presentare.
C'era già del vino tra noi.


Un passo indietro. Autunno 2010. Stavo per iniziare l'ultimo anno alla compagnia Scimmie Nude. L'anno propedeutico all'Atelier e ad un probabile accesso alla compagnia come attrice. Avevo fatto in contemporanea anche un provino per canto moderno, alla Nam, per avere il diploma da cantante professionista.
Ero così cretina che mi piaceva l'idea del diploma. Fui ammessa con riserva agli ultimi due anni perché non avevo fatto i primi due, ma c'era un potenziale. Magari il "cuore". Io sono un cuore senza tecnica.

Avevo i capelli più corti. Sopra le spalle. Un caschetto riccio. Li avevo tagliati perché Othello diceva che ero più bella. Avevo trovato un compromesso per non soffrire per il mio passato ed ero riuscita a fare l'amore con un ragazzo diverso da Pepe. Il mio primo compagno.
Tutto pareva con un senso. Ma poco prima di tornare a teatro mio padre mi chiamò per dirmi che mia madre aveva un tumore. Stadio avanzato. Metastasi. In Liguria era data per spacciata. Lei non sapeva la verità fino in fondo.
Così tracciai ancora una volta una linea nera su me stessa per accendere il rosso del Pronto Soccorso. Io sono quella del Pronto Soccorso. Da me arriva chi la vita la sta' per perdere. In ogni senso. Ma poi, in genere, mi danno un calcio in culo appena li rimetto in vita. Divento scomoda. Non so perché.
Telefonate. San  Raffaele. La spalla e le braccia di Othello in cui rifugiarmi per pochi istanti e poi la vita che mi chiedeva ancora di lottare.
Teatro annullato. Lavoro in corsa e tanto ospedale. Bugie. Mio padre in lacrime e devastato come anni prima. E gli occhi di mia madre che cercavano conforto nei miei.
Il mio desiderio sotto le scarpe. Le mie Saucony che tenevo sotto il letto, pronte, per calpestare la paura. Ah, e niente analisi.
Ma.. quel provino, la musica solitaria che batteva al ritmo delle mie pulsazioni irregolari, ecco.. provai nonostante la riserva.
Un delirio: notte in ospedale, casa, doccia, riaccompagnare papà in ospedale, lavoro ( otto ore), scuola di musica e poi ancora la notte in ospedale.
Piangevo a laboratorio d'orchestra e il dolore delle frasi "Solo tre mesi di vita"; "La chemioterapia non basta" scivolavano tra gli spazi e le chiavi di basso e violino.
Teniamo duro. Aggrappiamoci a una luce. Faccio così di solito. Alla fine trovo sempre una fiammella per tirare me e chi si aggrappa ai miei polpacci. Sono una donna che vive nelle situazioni di lotta. Non in quelle di quiete.
L'operazione. Il risveglio di mia mamma. E la vita, diversa e menomata, ma sempre una nuova vita per mia madre.
La musica e il canto solitario mi diedero modo di aggrapparmi ad una speranza. Nelle note scioglievo qualcosa e conclusi il primo anno professionale come la migliore del corso di canto. Il direttore che mi ammise con riserva, disse: "Qualcuno qui dovrebbe essere contento".

E quindi eccomi al secondo anno professionale. E Mr D. . Il giorno dopo la serata della Salumeria, ero a scuola per un esamino di teoria e solfeggio. Lui faceva lezione. Come ogni lunedì. Ero seduta in reception con il libro. Venne e disse: "BVava ieVi seVa.. Hai cantato bene.. Poi avevi una mise.." e mi lanciò la sua occhiata spermatica. Feci finta di niente.
Andai a lezione di canto e la mia insegnante mi disse: "Ho saputo che sei stata molto brava ieri sera. Il maestro D. mi ha detto". E me lo disse sospettosa. Tutta la scuola sapeva che lei era innamorata di Mr D. . Da anni. E questo fu un ingrediente per la comicità dei mesi successivi.
Io avevo intravisto l'amore con e in lui, ma un'inevitabile comicità.. Diciamo che man mano che i giorni passavano, lo schema era che io scappavo e lui mi rincorreva.
Iniziò con una sera in chat in cui lui mentre mi scriveva, scivolò dalle scale che portano al suo soppalco. Io ero preoccupata e lui esordì con "PVendo un taxi e vengo da te?". Chiusi la chat.
Lo rividi a scuola prima di Pasqua con le stampelle e un piede ingessato. E mi disse qualcosa come "PeVché non Vispondi ai miei messaggi?" davanti a tutta la reception. Io ero terorrizzata che la mia insegnante sentisse. Che i miei compagni sentissero. Mi sentivo indifesa. Non so da cosa. Non amo essere al centro dell'attenzione nel reale.
Poi se ne andò ridendo con:"Sei senza cuoVe". E mi misi a ridere pure io. Perché aveva questa sensibilità disperata che mascherava con cadute, donne, alcool e "r" moscia. Ed un'ironia che stimolava la mia creatività.
Ogni lunedì da allora fino alla fine dell'anno e al diploma, Mr D. entrava nell'aula dove facevo lezione per vedermi e fare qualche battuta. Una volta fece uscire la mia insegnante con una scusa e mi chiese di andare a sentirlo alla Salumeria. Faceva Moti Ondosi. Il suo disco più bello. Che mi ha regalato e che ascolto spesso. Perché racconta del mare. Il mio mare. L'ha composto nella mia terra. Lì c'è amore. Tra quelle note.
Comunque non andai. Per.. paura. Di lui.
E così tirai fino al momento degli esami. Lui divenne sempre più un martello, tra sms e telefonate. Gli chiesi di lasciarmi tranquilla fino alla fine della scuola. M'innervosiva. Per me il percorso era importante.
La serata di chiusura che era anche una festa in cui dovevo presentare, fece di tutto per fare capire che mi poteva prendere. Arrivava dietro le quinte tentando di baciarmi. E più diventavo nervosa e facevo casino, più lui si divertiva.
Salii sul palco e sbagliai tutta la struttura di "While my guitar gently weeps"..
Tutti avevano capito. Poi mi accompagnò alla macchina. E mi baciò. Io ero stanca. Triste e felice allo stesso tempo. Triste perché non aveva rispettato i miei tempi per una smania di dimostrare o dimostrarsi. E io non ero stata capace di tenerlo lontano. E poi c'era l'ombra di mio padre ancora. Di quei ricordi. Un odore simile che mi terrorizzava. Eppure ero anche felice perché sentivo l'amore dietro tutto il casino e le strutture che lui metteva tra noi. C'era l'arte. Il mare. La mia Liguria. Lo stesso spessore.
Sapevo che sarebbe stato un casino. E così fu.

Mi diplomai con la mia insegnante che mi fece piangere all'esame con una piccola vendetta e un sorta di amarezza. I miei compagni che il giorno dell'esame dicevano nei corridoi "Ma lo sai che Annalisa sta' con il maestro...?" . Quella fu la cosa che odiai e subii di più. Anche se lui mi difese. Perché Mr D. era protettivo. Riprese alcuni ragazzi e mi difese. O difese qualcosa di me.
La scuola finì e io ero in sospeso con il mio cuore.
Mr D. a Vernazza. Io in giro per la Francia e poi in Liguria. Cercavo di fargli capire che avevo paura di lui. Che ero fragile. Che non sapevo se avrei retto tutto il casino che sentivo in lui. Non era quello il tempo. E poi mio padre. Gliene parlai.
Fu un'estate di sms e telefonate. Finché un giorno decisi d'incontrarlo a Riomaggiore per dirgli di non sentirci più. Perché avevo paura e lui doveva restare libero.
Se ne andò triste non rinunciando ad un: "Vaffanculo!".  Se ne andò senza capire la mia paura e che lo amavo.

L'estate finì. Io scrissi la Mala e continuammo a sentirci comunque. L'autunno successivo avvennero tante cose. Ma era chiaro ad entrambi che non riuscivamo a fare a meno della parola e della presenza dell'altro.
Lui mi disse che aveva iniziato a frequentare un'altra donna. La donna della banca, soprannominata da me anche Figherrima, per via di un post su facebook. Ed in questo dualismo iniziò l'inverno.
Tentammo di restare "amici" e collaborare. Mi coinvolse nella scrittura di un suo nuovo CD. Ricordo le cene a casa sua in cui per farmi felice mi presentò il paroliere di Mina. Per l'esattezza, uno degli autori di una delle canzoni che ho amato di più di Mina: "Dottore".
Per me incontrare in carne ed ossa l'autore di quelle parole, fu un grande regalo. Un uomo gentile e intelligente che lo chiamava "scemo".
Scrissi qualche canzone per Mr D., ma era tutto difficile..
Perché lui si era rifugiato in questa donna tanto lontana da me ( e da lui) per darsi una "gabbia" in cui contenersi. Ed io man mano che prendevo consapevolezza della mia anima artistica, m'innamoravo sempre di più e sentivo il bisogno di stargli vicino.
Eppure continuava a ripetermi che voleva una donna con "gli orari". Non un'artista. Non voleva più una compagna artista. Ed io ero sempre fuori.
"Tu sei in esplosione. Io no. Tu apri, io voglio chiudere la mia vita. Tu sei una donna da combattimento, io mi sento un cavallo perso..". Quando mi disse questa frase ero appena andata da lui. Alle undici di sera dopo le prove di teatro. Presi la mia borsa e me ne andai. E come nei migliori copioni, lui mi trattenne e facemmo l'amore per la prima volta. Dopo mesi.
Ma non cambiò nulla. Anzi, dentro di me peggiorò perché avevo la consapevolezza che lui era lontano da se stesso e quindi da me.
Perché aveva scelto un'altra e lì sarebbe tornato alle 20 di sera. Per una cena in orario.
Tornai a casa con la sensazione di essere appena stata attraversata da un treno. Era una cosa che avevamo evitato entrambi per non distruggerci. Ma accadde. E c'era anche quella fisicità che a me aveva sempre spaventata. C'eravamo anche lì.
Ma aveva ragione lui. Io non ero una donna da orari bancari. Non potevo garantirgli la sicurezza di una chiusura. Potevo dargli la vita e la gioia di vivere. Il coraggio di essere insieme in un qualcosa di autentico.
Ora che scrivo, ricordo un suo sms in cui mi ringraziò per averlo scosso. Per averlo fatto riamare ancora. Per la vita.
Eppure io mi sentivo sempre inadeguata. A metà. E tuttavia forte e viva con lui vicino. Felice in una comprensione che con un uomo "normale" non avrei mai potuto avere.
I due anni successivi, abbiamo giocato come un elastico. Io mi allontanavo e lui mi cercava. Lui si allontanava e io lo cercavo. C'è stato il mio debutto con La Mala con lui sempre presente. Anche nelle repliche successive. Perché anche se mi scoraggiava perché vedeva in me il riflesso di qualcosa che gli apparteneva e quindi la paura di un suo fallimento, in fondo lui amava il mio ardore.
Ci sono state le rincorse, il virus alla mia stella di mare, riprese e separazioni continue. L'altra e le altre. La nostra collaborazione per la sceneggiatura del Bosco di Mediaset. Io gli descrivevo immagini e lui suonava traducendo in note le mie parole. Non andò. Era una possibilità, ma intanto: " Ho composto forse una delle mie musiche migliori". Ha distrutto tutto dalla delusione. Ma io ho conservato. Anche se dopo aver composto con lui, mi tradiva portando a cena l'altra.
Ci sono state le mie fughe nella notte da casa sua perché doveva bere per farsi male e farne a me che altro non volevo che trasformare in amore la sua disperazione. Ci furono liti e dolore. Per me. Fino ad un giorno del 2014 in cui finalmente trovai il coraggio di chiudere e non contattarlo più. Con la morte dentro. Perché anche John un giorno mi disse: "Non puoi salvare chi non vuole essere salvato".
Ha ragione. Avevo la presunzione dell'onnipotenza. Di poterlo prendere per mano nella corsa di una vita autentica. Qualche giorno fa gli ho detto che non avrei mai dovuto intromettermi tra lui e la donna della Banca. E mi disse una cosa strana come "Al limite fu lei ad intromettersi".
Amavo la possibilità. FabionRhett mi ha sempre detto che eravamo fatti l'uno per l'altra perché io avevo quel che lui non aveva. E viceversa. Uniti dall'arte. Che per due anime come noi è più fondante di qualsiasi altro valore normale, più di un figlio, più di un tempo indeterminato.
Per questo, malgrado tutto, malgrado le nostre vite, probabilmente, prenderanno altre strade, noi resteremo. In un legame invisibile. Soprattutto ora che, togliendo, da solo, le sue dipendenze, le scuse per non vivere, togliendosi il costume di Mr D., resterà Diego.
Solo ora so e mi rendo conto che il tradimento più grande che fece a noi e a se stesso, era la rinuncia. Non le altre. Quello, in fondo, riuscivo a tollerarlo o comprenderlo.

"Avevo delle cose da scriverti. Poi non so mai dove sei tu e dove sono io. E dove sia il nostro incontro. Forse ora sono un cerchio chiuso in un percorso che mi spaventa. Ma chi mi vuole bene e sa comprendermi resterà. Avrei voluto anche te nella comprensione della vita. Non banale. Non scontata. Forse un giorno. Forse un giorno potrai volermi bene nella mia diversità. Forse nelle cose che scriverò, renderò immortale quella profondità che non sono mai riuscita a condividere con te."

E' un sms. O il prologo di una trasformazione.

sabato 20 settembre 2014

Cosa fa un bolscevico quando si tuffa nel mar rosso?

L'arte non fiorisce grazie alle sovvenzioni e non fiorisce in una scuola d'arte, musica o recitazione. E' qualcosa di più spaventoso, sordido, divertente e di più vero delle certezze di un qualsiasi insegnante, politico o istituzione.
E questo perché la sua essenza è la stessa dell'anima. E' il contrario della visione razionale del mondo. Per questo corre sempre il rischio di essere disprezzata.
Questo pensiero è il mio passaggio. E' il passaggio dal mar ligure all'oceano.
E' più salato il mare o l'oceano? Ci sono tante teorie, ma io l'oceano non l'ho mai visto. Eppure l'ho sognato ieri notte.
Mi sono svegliata all'improvviso con l'immagine del passaggio. Un mare che si apre e io che ci cammino in mezzo. Poi tutto si richiude. Risalgo e diventa oceano. E io sono lì. Da qualche parte.

"Il passaggio da mare ad oceano. E' il punto di passaggio. E' un sogno".
"Ti sei già addormentata?!? Sarà il troppo studio...".
Fassby mi risponde ironizzando sui libri che sto' tentando di studiare in 3 giorni.. E io, tra un libro e l'altro, e un sonnellino, avevo appuntato, mezza rimbambita, in una bozza, questo sms per lui. Era una sensazione piacevole. Di equilibrio e amore. Volevo condividerla con lui che come me pensa che dall'acqua proveniamo e lì ritorneremo.

Mi sono chiesta tante volte perché io sia approdata al teatro più di dieci anni fa. Lo so che John vorrebbe che dessi prima all'analisi il merito della mia ricerca. Che lo riconosca. E io lo riconosco. Ma prima di tutto riconosco me stessa. Perché lui da solo, senza di me, e io da sola senza di lui, non sarei mai riuscita. L'amore si fa in due. Il sesso anche da soli o anche in gruppo. Passa e poi distrugge se non si condivide niente d'importante, fondante e desiderante. E se non si ha il coraggio di sanguinare veramente e mettersi in discussione.

Ho scritto ieri a John che non rinnego nulla di lui e del nostro rapporto, ma la lontananza da lui e dal suo studio mi stanno facendo riflettere e crescere.
Pensa che io sottovaluti la profondità del mio rapporto con lui. Tutt'altro. E' in sua difesa che ne sto' lontana. Dopo eventi che lì sono accaduti e hanno inquinato me e lui. Voglio molto, molto bene a Giovanni.

Non sono ferma. Non lo sono stata. Ho viaggiato ( low-cost perché il mio conto sta' raggiungendo lo zero). Ho incontrato persone vere. Marco di Asuchwitz.. E la Polonia. Così semplice ancora in un Europa che ci vuole tutti uguali. Tutti uguali. Senza identità. E' mai possibile e veritiero da accettare?
Non c'è unità senza rispetto e fondamenta.

Ho scritto. Portato avanti i miei progetti e chiuso alcuni rapporti che non mi facevano crescere e stare bene.
Perché dai miei errori almeno ho capito che è inutile trascinare o portare avanti scambi basati sulla sfiducia e sull'idea di potere.

Di contro se ne sono aperti altri. Di rapporti. Anzi, Riaperti. Quello con mio padre soprattutto. E' il rapporto più importante. E nella sua decostruzione e ricostruzione, John mi è stato vicino. Anzi, è stato fondamentale perché io ho sempre difeso l'idea del padre. Per sopravvivere alla violenza psichica mi ero adattata ad un'idea da Mulino Bianco. E stavo male.
Fuori ero "carina". Gentile e dolce. E dentro urlavo. E dal momento che io non avevo il coraggio di farlo, l'ha fatto il mio corpo per me. Con febbri e sangue e la mia "volontà" che mi trascinava in ufficio.
John in tutto questo è stato fondamentale. Perché sono arrivata quasi dissanguata da lui. La vita, la mia verità usciva fuori e mi parlava nei fiumi di quel rosso. Che è il sangue dello sfondo di questo Blog.
Non l'ho scelto io. L'ha scelto Ragazzo. Cuore Fragile tre. Che non ama essere chiamato così. Ma questa è la mia storia e non posso censurarmi ed essere disonesta con me stessa. Ci sono azioni che hanno conseguenze. I miei occhi e il mio corpo rigettano le ferite nella scrittura. Io non ho più paura di essere dicendo la verità dei miei pensieri. Lui, Ragazzo, consciamente o no, ha scelto il colore del sangue che ci accomunava. Il dolore di un desiderio di non essere travolti da un potere.
Poi ha preferito uccidere. Qualcosa. Non me. Nessuno ha questo potere sulla mia essenza, se non me stessa.

E scrivendo onestamente sono rimaste le persone che mi amano. Nonostante tutto. E sono rimasta io. Che sono poi quella che mi accompagnerà fino alla morte. E' una banalità dirlo, ma una difficoltà insostenibile da praticare.
Non sono perfetta. Per fortuna. Ma sono onesta nei miei errori e disposta a riconoscerli e riconoscermi se incontro altra onestà.
John è onesto. Anche Diego nella sua disgregazione. Nonostante il dolore e il male. Il mio Mr D. Perché ci sono errori ed errori, ma di fondo c'è sempre una condivisione profonda di qualcosa che ha a che fare con una verità. E se si tocca la verità senza paura, allora l'essere umano resta. Nonostante gli errori. Nonostante gli sbagli che ognuno di noi fa e farà. Figli di un'imperfezione che nasconde la vera Bellezza. La sua artisticità, la sua arte toccava e si condivideva nella mia.
Questo resta. Per questo siamo rimasti. Malgrado tutto.
Ma di lui, di Diego, scriverò più avanti. Non ora. Perché è un altro rapporto in riapertura, di cui scriverò a parte.

In questo blog, descrivo la mia vita per le cicatrici che hanno lasciato sulla mia anima. Non m'interessa più essere carina o "accettata" o "potente" nell'idea del sociale, ma vera.
Alla fine di questo percorso terreno, che descrivo in queste "pagine" virtuali, non resterà nulla. Non sopravviverà il mio conto in banca ( già al limite della sopravvivenza..), gli amici veri e quelli più o meno fidati, le mie fotografie su facebook... ma sopravviverà, forse, il peso della mia anima. E se non è pesante, si perderà nel nulla della polvere che spero sia gettata al largo del mio mar ligure.
Ecco. Digressione egocentrica.
O Fassbinder! Amico mio. Ho fatto testamento. Ricordati e non tradirmi: hai il compito di cremarmi e gettare le mie ceneri al largo di Riomaggiore!
Voglio tornare nel mare da cui tutti proveniamo. L'acqua. Sono nata lì. Nuotando nell'acqua del ventre di mia madre. E lì morirò. Nel ventre del mare. Che per me è sempre stato paterno. Ma prima devo conoscere ed assaggiare l'oceano.

L'oceano. Ora posso andarci. Ho iniziato a fare analisi prima e poi teatro e musica e la scrittura per indagare la verità dell'essere umano e la sua anima. Per la verità dell'esistenza. Non mi stancherò mai di riappropriarmi di questa parola: VERITA'.
Non mi bastava, anzi ero profondamente infelice nell'adeguarmi ai lavori normali e ad una vita secondo le regole "imposte". Non vere.
Io non inseguo i soldi. Tantomeno la fama o il riconoscimento dell'altro e degli altri.
Io inseguo la verità dell'esistenza. Della mia dapprima, chiaramente. E se per farlo devo attraversare anche ciò che è sconveniente, pornografico, brutto, o sporcarmi ancora, lo farò.
Se il risultato di ogni mia azione sarà uno scandalo o verrò disprezzata o messa sul rogo come una strega, ecco, allora avrò la conferma di avere raggiunto la verità.

"Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere e chi rifiuta il piacere di essere scandalizzato è un moralista, il cosiddetto moralista". 
Salò o le 120 giornate di Sodoma. Pier Paolo Pasolini.






lunedì 15 settembre 2014

Je suis ta pute!

Ho sognato Pepe. Ecco. Ancora. Lo sogno sempre. Lui è stato l'amore della mia vita. Forse l'unico significativo finora. Finora.
Nel sogno tornava in Italia. Lo incontravo in un locale. Ma lui non mi vedeva. Era con amici. Una ragazza vicina.
Io ero in una terrazza con la mia nuova vita. C'erano i miei. Othello. Lo guardavo, da lontano, dalla terrazza. Come nella vita. Che ancora lo guardo come una spia in lontananza.
Per qualche ragione al mio tavolo è ricomparso anche Mr D. Che fumava. Tranquillo e sicuro che un posto alla mia tavola l'avrebbe avuto sempre.
C'erano tanti uomini al mio tavolo eppure l'unico amato era lontano.

C'era anche Othello seduto. E' tornato nei miei giorni, con una presenza discreta e stabile. Nel sogno dichiarava il suo amore. Ma se ne andava. Si alzava dalla mia tavola dicendomi: " Non sono io il tuo amore".
Io non capivo. " Chi ami è qui". E non capivo se si riferisse a Mr D. o a Pepe.
Ma ho lasciato Mr D. al tavolo mentre Othello se ne andava. E sono andata a vedere dalla terrazza Pepe. Nel vederlo per me era chiaro che l'amore fosse lui.
Poi lo vedo andarsene su un asciugamano da spiaggia con una donna. Non bella. Meno bella di me, ma più pesante. Meno colorata. In bianco e nero, ma più pesante. Ecco. Più pesante.
E vola via con lei. Poi però lo incontro. Quando atterra e devo parlargli. Mi fa vedere un bambino. Lo prende in braccio e mi dice con il suo accento spagnolo che è suo figlio.
Dietro appare la compagna, la "moglie", quella in bianco e nero e monoespressiva.. che ne tiene in braccio un altro e se ne vanno insieme. Mi dice solo che in tutto quello ha trovato il suo equilibrio. Ma lo dice rassegnato e spento.
Andandosene io resto con la domanda di dove fosse il mio con lui.. Di dove fosse quindi il mio equilibrio con lui... tanti anni..  e del perché io abbia amato e sia stata amata da uomini che poi hanno trovato equilibrio in donne tanto diverse da me.

"Annalisa, forse tu non sei fatta per dare equilibrio. Non è una colpa e non significa che tu di equilibrio non ne abbia... significa solo che non sei una donna da sposare per fondare un nido d'infanzia in cui regredire felici".

E' Fassbinder. Si. Sempre lui. Gli scrivo domande e lui risponde con una chiarezza su di me che mi stupisce. Scioglie ogni mia paura.
Oggi siamo andati in una casa discografica io e lui. Un'etichetta indipendente. L'ho recuperato nel circolo di Oberdan e siamo andati fuori Milano. Lui con la sua macchina fotografica ed io con i miei copioni, progetti, canzoni..
Mentre guido cade il navigatore una decina di volte. Fassby ride. Io guido male e sbaglio strada. Poi parlo saltando da un argomento all'altro, ma sono serena perché sento che c'è la condivisione di un desiderio.
La casa discografica si trova in un centro commerciale che dismetteranno. C'è il senso dell'enorme e dell'abbandono.
Saliamo. C'è FabionRhett. Due musicisti. Uno è compositore e produttore.
"Uh.. FabionRhett, ma c'è un uccellino vero in mezzo a tanti manichini lì fuori!". E Fabionrhett ridendo "Si.. si.. ce l'ho io l'uccellino vero..". Ridono tutti. Anche Fassbinder che con me aveva visto l'uccellino in gabbia.. Isolato e rinchiuso in un magazzino dismesso.
Parliamo della Mala e di Bacharac. I miei progetti. Ma sulla Mala si soffermano. E su quel progetto investirebbero. In produzione e composizione di nuove musiche.
Giulio ha le idee chiare. Lascerebbe Bacharac da parte per un tempo, per concentrarsi sulla Mala.
E parlando con loro, si aprono scenari e idee. Devo mandargli via mail i testi e il copione.
Poi presento Fassby: "Lui è il fotografo di tutti i miei progetti".
Mentre andiamo via, parlo con Fassby. Lo accompagno in stazione con la kia e parliamo di arte. Gli chiedo di scrivere a quattro mani con me la Mala. Di contribuire in uno scambio di immagini. E felice risponde di si.
Stiamo a parlare quasi un'ora a Cadorna.  Rilanciamo immagini. Associazioni. Poi gli racconto di Mr D. Per spezzare il flusso.
Gli racconto che ci stiamo sentendo di nuovo. Che dice cose profonde. Che ha letto Bacharac, ma che vuole prendersi un anno sabbatico.
Non riesco ad odiarlo. Lo dico ridendo a Fassby.
Mr D. anche ieri mi ha scritto cose belle sulla mia artisticità.. su se stesso con me.. e poi ... dopo una serie di pensieri profondi, al limite dell'incredibile per lui.. ha concluso con: " Ho comprato 10 nuovi oggetti al sexyshop. Vieni qui e provateli per me".
Mi sono messa a ridere. Come stasera che mi scrive dove fossi e con chi.. e poi termina comico: " Parlami in francese.. dimmi in francese le cose che mi dicevi per farmi venire..".
"je suis ta pute
toute seule chez moi
et je m’ennuie sans toi
je me caresse la chatte avec les doigts
je suis ta pute et toi mon roi!.. "
L'inizio di una canzone erotica. "Magari questa la musichi..". Rido.
"Si. Vabbé.. mavaffanculo... Buona notte".
Tutta questa comicità... scoppia e tace dopo una giornata d'amore.

giovedì 11 settembre 2014

Crystal's crumbs

"Capisci ora perché vado sempre in giro da solo?".
Lo capisco. Eccome. Mio forte ed unico Fassby.
Io ho alternato momenti in cui la mia diversità la trattenevo sotto il letto. Sotto le parole di Shakespeare. 
Rapita dai mondi paralleli. 
Non trovavo un "altro" in grado di comprendermi. Un "altro" che non mi costringesse ad essere  "normale". Un "altro" che mi legasse al "lecito".
E cos'è questo lecito? Che forma ha?
Poi ho usato la mia diversità trasformandola in carismatiche comicità. La mia maschera per nascondere una profonda disperazione per un reale spietato contro l'unicità.

Siamo tutti così uguali. Stiamo diventando tutti così uguali.
Non voglio più persone per "cortesia" o "passare il tempo". 
Non farò più nomi. Non leggo più messaggi a caso.
What do you feel? Are you really breathing my soul?
Li soffio via. I pensieri di chi non pensa e non sa che vuole.
"Siamo scomparsi ?". ... fffffffffffffff...... un soffio.. e i numeri del suo cellulare scivolano giù nella coda dell'etere e del normale. Mr D. Resta solo una lettera ora e qualche numero.
Io non ti sento. Non ti sento più. Cosa rappresenti ?Dimostralo. Dimostrami di avere un qualche peso nella mia esistenza.
O resterai un'ombra. Di una mia idea. 
Elevo e non esiste. Senza odio. Non riesco ad odiarvi. My Crystal Heart. Where are you now? 
Sento le loro risate. Uguali alle altre. Quale omicidio nel mettere a letto il bimbo che piangeva in loro. Lui piange a letto, mentre voi ridete fuori. Dimenticandovi delle sue ferite.
 
"Sei fidanzata?". Questo conta ora per te? Se anche fosse, avresti perso il tuo potere sul mio sesso?
Io non appartengo. Pattino sul senso di una ricerca.
E non sento più la mancanza di cuori infranti. Ho tra le mani solo briciole di cristallo.
Non è stato vero niente? Neanche le mie ore? Gli scritti? Nulla?

"Non mi manca il ricordo di un'illusione. Non odio, ma la mia ricerca in questa vita è legata all'amore".
"Anche la mia"

Ed è per questo che ci siamo incontrati e da mesi siamo qui a scriverci. In un cerchio da "solo" a "sola".
Non voglio sedarmi dalla mia unicità. 

giovedì 4 settembre 2014

Spidergirl: eroina anti-dipendenza..

Il mio scoglio. Un po' di sole malato e il mare ibrido. E' un attimo. Mi addormento. Soffro d'insonnia. Più che altro non riesco a dormire la notte con i rumori "normali", ma vicino al mare in movimento.. è un attimo.
Ho scoperto che dormo nelle seguenti situazioni: in aereo (meglio se con turbolenza forte al limite della tolleranza); in barca o in nave ( con maremoto imminente); sulle montagne russe; con il phon accesso.
Mio fratello si chiedeva da chi avesse preso Emanuele che dorme solo con il phon (appunto...) oppure grazie ai rally che gli faccio fare in carrozzina.. Ride come un matto..
"Semaforo verde!"; "Via!"; "Curva pericolosa!"; "Sorpasso!!"; "Vroooooooooooommm...!!".
Dopo tre curve e qualche semaforo verde.. crolla stecchito. E un po' mi dispiace perché io mi diverto come se non più di lui.
Il nipote ha preso dalla zia. Irrequita. Pas du tout tranquille. Dovrei trovare un uomo che la notte mi faccia fare i rally per addormentarmi. Ma incontro solo uomini così normali e sedati che forse devo ricorrere al phon ( o magari mi compro un vibratore.. anche se mi fa un po' donna newyorkese da Sex and the City cool e un po' annoiata..).

Ma tutto questo è ininfluente perché di segnali bizzarri è il racconto d'amore odierno. Lo scoglio fa parte della sceneggiatura o scenografia.. anzi forse è un protagonista..
Anche il mare e il suo movimento sono personaggi della storia. Insieme con la mia resistenza ad un sonno quieto che sa di morte. Chissà che non sia la morte che rinnego nei miei risvegli..
In questa giornata di fine settembre, sento qualcosa che cammina tra le mie gambe. Scaccio a caso con la mano. Poi mi ritrovo fili strani. Ragnatele?
Mi sdraio nuovamente. Ancora sento qualcosa che mi cammina tra le gambe. Via! Adesso basta! Ritorno giù. La testa verso il sole. Giro la testa e lui mi guarda. Ha il corpo di un verde brillante. Le zampette gialle fosforoscenti e la testa inespressiva, ma talmente ferma che pare che qualcosa voglia dirmi.
Cosa vuoi da me ragnetto verde? Non sono un insetto digestibile. Forse ho un odore strano? O mi trovi sufficientemente interessante da irretire le mie gambe?
Gli parlo. Tanto ormai vedere qualcuno parlare da solo in giro, o in spiaggia, è cosa "normale". Sembrerà che parlo con qualcuno al telefono. No. No. Io sono matta. Io parlo con i ragni.
Dovrei mettere gli auricolari per sembrare "normale"? Me ne frego. Da sempre. Di diventare quello che non sono per andare dietro ad una dittatura sociale, proprio non mi va. Da sempre. Che noia.
Il mio amico resta lì. E io leggo. Dopo un po' lo vedo volteggiare tra uno scoglio e l'altro. Se ne va. Peccato. Mi era simpatico. Ed aveva un bellissimo colore.
Leggo Hillman. Mi sono comprata un po' di libri suoi. Ed ecco che proprio sulla parola "anima" appare un altro ragnetto nero. Piccolino e con un ritmo rapido e tarantolato. Mi fa ridere. Perché è troppo piccolo per sembrare una tarantola. Si ferma lì. Su quella parola. Va bene. Vi siete messi tutti d'accordo.. Voglio stare in pace. In esilio. Davanti la casa bianca di Shelley. E pensare alla mia morte. Va bene?!? Ragni noiosi!
E' ora di tornare a casa. Mi sento pizzicare. Zanzare? Mi do' una manata sui polpacci. E tra il dolore alla mano e al polpaccio per il mio colpo violento, ci sono pure tre buchini.. Poco più in là un ragno che scappa goffo. Come se fosse stato preso sul fatto..
Mentre rientro a casa continuo a grattarmi le gambe. Accidenti. Ci mancava anche questo. Oltre ai lividi e alle gambe piene di croste dopo l'ultima caduta in corsa.. Sarà stato velenoso? Morirò così?!?
E se non dovessi morire... Ora? Un maschio vero non "investe" su una donna grandicella, piena di lividi, che si gratta e che parla con i ragni.. Fossi almeno un po' tranquilla.  O sapessi cucinare e tremare al momento opportuno.
Tutti i miei tentativi e sforzi per sedarmi e diventare una donna "normale" e "acchiappabile".. stanno svanendo.. e per colpa dei ragni!

Leggo e leggo. E' notte. I miei vivono fuori dal mondo. Si vede il mare, ma c'è un silenzio innaturale a volte.. Prenderei anche il phon per provare a dormire e fare una notte "quieta e serena".. lo prenderei se non svegliassi "the others"..
Devo dormire. E magari senza i soliti sogni che invadono il mio corpo. Senza pensieri. Quasi morta ecco.
E' buio. Niente da fare. Accendo la luce e mi trovo sopra la testa un bel ragno dalle zampe lunghe e affusolate, il corpicino che sembra un puntino nero.. che oscila sopra di me. Sembra una ballerina. Sarà femmina? 
Sta' lì. E mi guarda. E certo: parlo pure con lui ( lei?). Magari è transessuale. O semplicemente si è ritirato dal mondo erotico ed è qui per dirmi qualcosa. Anche lui. Io gli parlo. Ma lui non risponde. Sta' lì. E pensare che dei ragni da piccola avevo paura ma da quando... Oddio! Il sogno con Fassbinder.. e il cucciolo di ragno che avevamo adottato e che era scappato dalla mia kia perché i "normali" ci avevano invaso e volevano farci fuori.
Ci sarà un collegamento? Perché io non sono mai stata così attraente per i ragni come in questi giorni..
Dall'esterno la cosa potrebbe anche essere divertente. O l'inizio di una drammaturgia. La ragazza che parla con i ragni. Potrebbe anche essere un modo diverso di fare analisi. Tanto il ragno non risponde. Magari è John che viene a parlarmi preoccupato. Non credo. Ma mi fa ridere crederlo.
Mi gratto il polpaccio. Ma Spiderman non divenne un supereroe proprio dopo essere stato morso da un ragno?!?
Diventerò SpiderGirl?!? Cerco nel web.. e certo.. dove potrei cercare se non nel web.. E trovo immagini di supergirl.
Fantastico! A me i Supereroi sono sempre piaciuti. Da bambina amavo Spiderman, appunto, meno Superman perché era troppo americanamente figo.. Con la pettinatura da imbecille. E poi Batman. E tanti altri.. Ma il supereroe.. O la supereroina.. Se non fosse che "eroina" mi riporta a Mr D. e alla sostanza che l'ha reso larva.


E io che cosa potrei salvare? Le donne? La femminilità? O diffondere la mia risposta? Anzi la mia super-risposta. La risposta da un milione di dollari. Come l'uomo e la donna bionica ( altri supereroi della mia epoca).
Perché la rispostona è arrivata. Ecco. Tra un ragno e l'altro. Ma è mia ancora. Posso provare a fare la Spidergirl. E preservare la mia "anormalità". Come un dono. E in quell'eroismo, in quel costume teatrale, dare i messaggi e le mie risposte o "salvare" chi vuole essere salvato. Chi urla veramente. E non più pseudo esseri umani che poi si doppano del normale per essere accettati e congiungersi con altri simili finché morte non li separi...
Solo esseri umani che urlano veramente. Proprio come il ragno del mio sogno.
Perché tutti vogliono la libertà. Almeno la proclamano. Ma come dice Osho: "Nessuno è veramente libero. E nessuno vuole veramente essere libero, perché la libertà comporta responsibilità; non arriva da sola".
E la mia risposta non è arrivata da sola. Mi è costata dieci anni di analisi. Rinunce e schiaffi. Mi ha portata nelle viscere. Dove c'è una voce calda. Libera si, ma piena di responsabilità.
E da un potere o una fonte nuova e potente, appena trovata, derivano grandi responsabilità. 
Magari mi sto' salvando?