mercoledì 13 agosto 2014

Marie 32634

Si chiama Marie Jalinkova. E' nata il 3 marzo del 1910. Donna. Nazionalità ceca. Arrivata ad Auschwitz il 28 gennaio del 1943 e morta il 31 marzo 1943. Numero 32634.
Due mesi. E' sopravvissuta due mesi. Ci sono tantissime foto incorniciate al muro. Ma la sua foto mi colpisce perché è diversa. I suoi occhi hanno una speranza ed abbozza un sorriso. Un sorriso che sa di luce e quella luce mi commuove.
Non so niente di lei. E' una delle tante. Non si sa come sia morta. Di fame? Fucilata? Alla camera a gas? Malattia?
Eppure in quella foto che declama la sua entrata nella strada della morte, lei sorride. E attira la mia "sensibilità" in mezzo ad altre foto di uomini che non hanno più volto. Svuotati e rassegnati. E come potrebbe essere diversamente?
Eppure lei ha una luce. Ha 33 anni. Riesce a fare i 34 nel campo e morire dopo poco.
 In mezzo a tutte le informazioni che mi da' Marco, ai volti, agli indumenti, al tappeto di capelli.. lì in mezzo, mentre cammino con la sua voce e le sue parole, il mio sgomento profondo, le mie domande.. cercano una via d'uscita. Nel sorriso di Marie.
E nel fare questa foto non mi sento "malvagia", ma è come se catturassi una speranza. Per me qui c'è quell'umanità, quella resistenza e spiritualità che mi fa respirare almeno un poco.
Non lo so cosa la spinga a sorridere appena. A tenere una luce nello sguardo. Arriverà da dentro. Da qualche parte. Posso solo fare supposizioni.
Magari l'hanno costretta. Forse, ma in tutta la follia che attraverso e taglio con il corpo, nel mio passaggio silente, ci sono anche racconti di un'umanità straordinaria. Fuori del comune.
Sono in questo luogo per vedere gli estremi dell'essere umano. La mia indagine che nasce da una biografia e che ho portato avanti negli anni, negli incontri fino ad arrivare al teatro.
L'essere umano è un casino. Mi aveva detto John. E forse è vero. Pretendiamo di giustificarlo o razionalizzarlo con la psicologia, la medicina.. con la testa. La logica. Ma siamo fatti della stessa materia di cui sono fatte le stelle.
Shakespeare diceva "dei sogni". Anche. Ma le stelle hanno parti di noi e noi di loro. E viceversa. Veniamo dal caos. Dentro di noi c'è tutto. Il male, il bene, la violenza, la complessità, la superficie. Abbiamo tutti gli elementi per fare si che la nostra non sia soltanto un'esistenza pattinata e patinata, ma una vita che abbia un peso specifico.
Marie. E' una stella tra le foto della paura. Tra gli uomini costretti a subire la violenza della democrazia apparente della paura.

Oggi parlavo con Fassbinder. Gli dicevo che, per quanto assurdo, non viviamo in un mondo tanto diverso. Oggi dico. C'è la guerra in Israele e in Palestina. Ancora. Chissà cosa succede davvero lì.
Quanti civili e innocenti perdono la vita per.. cosa? Religione? Un'idelogia? E non si fa nulla. Non c'è interesse forte per fermare.
Come non c'era allora. "Gli americani sapevano. Avrebbero potuto fermare tutto questo con un bombardamento e invece non è stato fatto nulla". E io che sono lì e piango mi chiedo "Perché?"..
Mentre cammino tra i blocchi, spero sempre che ci sia una luce o che Marco dica che i "cattivi" in qualche modo si siano redenti.. non lo so cosa mi aspetto. Non lo so cosa spero che mi dica.
E' troppo. La logica e il sadismo nazista è talmente ragionato, scientifico, voluto che mi chiude la voce.

Mi sono aggrappata alla foto di Marie per trovare un po' di umanità. Perché le altre, i capelli, i baratolli con lo Zyklon B delle camere a gas, le gerarchie, gli ebrei che dovevano tranquillizzare gli altri ebrei per portarli tranquilli a morire nelle camere a gas.. sono troppo.
Lo dico a Fassbinder che mi si blocca il respiro della scrittura. Eppure lui mi spinge a farlo. A scrivere perché c'è una ragione.
Lo so. Come riconosco la difficoltà della memoria. La difficoltà di dire per esempio quell'umanità familiare e un po' sadica che mi ha mutilata. Non è la stessa cosa, ma l'essere umano non sa amare.
Nemmeno io. Sto' imparando a fatica perché sto' versando lacrime e anche un sangue simbolico.
Mi sto' guardando dentro. Da anni.
L'amore esiste, ma è negli abissi. Bisogna avere il coraggio di vedere. Come quando si nuota nel mare e si tenta di tenere gli occhi aperti. C'è chi riesce ad aprirli per guardare sotto. E anche se gli occhi bruciano inzialmente, dopo ci si può perdere in un universo diverso e meraviglioso.
Bisogna avere il coraggio di tenere gli occhi aperti e tentare i rischio che brucino per vedere la vera bellezza. 

Marie è il primo incontro con l'amore nel lager. Ce ne sono altri. C'è la Resistenza. Padre Komb. Il muro della morte e Birkenau. Devo scriverne. Ma a tappe. Domani.
E' successo troppo perché io riesca a scioglierlo in una scrittura rapida e fluida. Devo prima tradurlo dentro di me.

Ci sono anche gli occhi di Mark che alla fine mi salutano in una stretta di umanità presente. Ci sono uomini che sanno essere belli con la loro presenza. Con i piedi saldi e ben fermi. E la memoria di qualcosa che non si può dimenticare per essere ancora degni di essere delle persone.

As.. " The one who does not remember history is bound to live through it again" ( George Santayana).



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