venerdì 26 settembre 2014

Almeno io ci ho provato! porca vacca.. Almeno io ci ho provato!

"Oddio! Un'ape! Aiuto!". Eccomi qui. Una sera di fine settembre. Con i miei calzoni alla zuava, di cotone bianco a rosine viola, una canotta e i capelli raccolti.
Eccomi qui, a piedi nudi. Perché odio le scarpe. Anche se nel mondo porto i tacchi e talvolta stivali per proteggermi da ciò che non c'è.
Eccomi qui. Così. Con una scopa in una mano e nell'altra il cellulare con FabionRhett dall'altra parte che mi parla della Mala e di come andare avanti.
"Mettimi in vivavoce che le parlo sciocchina..". L'ape si appoggia sopra lo stipite della porta che non esiste della mia cucina. Io le sto' sotto, con la scopa in mano, e le avvicino il cellulare: "Apina.. apina.. lascia stare la mia amica ricciolina che ha paura.. Su vai via..". E FabionRhett le parla. In vivavoce.

Avrei dovuto scrivere questa scena comica stamane al concorso di drammaturgia. Invece poi ho iniziato tre storie diverse. Avevo i fogli e la penna. La Paolo Grassi, pur essendo uno dei centri di Arte Drammatica più famosi d'Italia, non ha computer. Non può permetterseli.
Quindi scrivo a penna. Ci sono tre tracce. La prima è riscrivere uno dei grandi testi che erano da leggere ( Amleto, L'Ambleto di Testori, La Cavalleria Rusticana novella e versione libretto d'opera). La scarto: non riesco a riscrivere grandi testi. Mi sembra di profanare un "corpo", un'anima, una memoria di per sé così perfetta. Solo quel genio di Carmelo Bene poteva. E ha fatto con quel capolavoro che è il suo Amleto.
La seconda traccia è scrivere una storia, una situazione drammaturgica partendo da una notizia di giornale ( una fotocopia che ci distribuiscono). La scarto. Non riesco a scrivere da altri input.. "Il mio unico input sei tu Mr. D. Tu sei la mia unica Musa". Gli mando questo sms stamane in risposta al suo. Siamo riusciti a litigare di nuovo via sms. Non gli perdono più niente. Ho deciso che sarò "brutale" se servirà per riaverlo in una verità. Qualsiasi sarà il nostro rapporto futuro, deve essere onesto.

Lui mi parla di "pugnette" dove io ne sono protagonista.. E' il suo modo per farmi capire che è contento per me e che sa che andrà bene.
La terza traccia è quella che scelgo: scrivere una storia, una biografia di un personaggio e poi localizzarlo in una scena o situazione drammaturgica.
E di storie in testa ne ho tante.. pure troppe. Talmente tante che per starci dietro, le inseguo quando sono in auto, al lavoro..  E mi distraggo: sbatto e rischio di farmi male. Devo trattenerle. Vorrei avere un registratore mentale per registrarle e scolpire tutta questa umanità che esce.
Inizio più storie: " Lo strano caso di Dottor Jack e Mr. D.". Che è l'ultima storia che mi ha ispirato Diego proprio mentre vado in metro alla Grassi.
Mi dice "scVivi di me!". Lo diverte leggermi e leggere di sé attraverso me.
E inizio la storia. Mr. D. è un comunista in pensione che fallendo ogni piano di dimagrimento, s'inventa "pugnetta-gift". Istiga poi il Dottor Jack, il suo cane cinquantenne, a prendere la strada di pappone reclutando signorine Tane. Poi mi fermo sia perché spiegare l'origine delle Signorine Tane diventerebbe imbarazzante, sia perché temo che la commissione possa essere moralista e poco amante di drammaturgie surreali.
Resto sul semplice. Ne inizio un'altra: la storia di Alfie e Giulia, ma poi m'intristico. E mi fermo.
Provo con quella del mio eroe virtuale, ma anche qui mi arresto. E allora faccio la cosa più semplice e scrivo della Mala. Tanto sono lì per quello. Perché la conoscano e mi aiutino a farla crescere.
E scrivo, scrivo.. Niente è più semplie per me. In nessuna condizione mi sento più me stessa e a mio agio come tra penne, carta e la mia immaginazione.
Alzarmi la mattina, come oggi, per andare in un luogo dove mi viene chiesto di scrivere e inventare storie, è il mio senso. Sarebbe una fortuna se divenisse il mio lavoro perenne.

Poso la penna. Consegno i fogli. Concorso finito. La seconda parte sarà la settimana dopo se questa è andata bene. Ci sono libri da studiare ancora. Scene da preparare. Ma comunque sia io mi sento già felice. Già felice di avere capito chi sono e di avere capito il mio percorso fino ad oggi.
Di avere capito i miei impulsi distruttivi e la compulsività nel ripetere azioni che creavano solo una gabbia invisibile in cui mi lasciavo morire.
Ero insoddisfatta perché ero vittima del gioco perverso delle perdite e delle vincite. Ero come uno di quei giocatori incalliti che giocano per la ricchezza anche se la ricchezza non li soddisfa. E questo perché le perdite e le vincite mettono a fuoco la disparità tra le azioni del giocatore e il subconscio. In questo modo causano insoddisfazione.
La compulsione di entrare nel conflitto è un messaggio che arriva ogni giorno alla nostra anima.
Nessuno ci aiuta a percepire o ad arrivare ad una situazione di equilibrio e questo perché nell'equilibrio siamo costretti ad affrontare le basi inconsce ed imbarazzanti del nostro carattere.
Io ho incontrato l'arte. Lei mi ha dato equilibrio. Placa ogni conflitto. Ma non perché lo razionalizza, ma perché lo espone.
Rincorriamo l'idea di perfezione perché così siamo resi ignari del nostro squilibrio.
Ma in un mondo fatto di utilità, di "potere", a cosa serve l'arte?
Io ho capito che i veri artisti non se lo chiedono. Non sono spinti a creare arte, o a fare soldi, ma ad alleggerire il peso dell'ineguaglianza lacerante tra conscio e inconscio. E l'irrazionale che nasce ha il potere di dare quell'armonia che nessuna parola razionale potrebbe mai dare.
L'arte è un bisogno per me. Soprattutto ora. Soprattutto in questo momento storico di crisi e lacerazioni. Infatti l'arte scompare in tempi di prosperità, ma rinasce in tempi di lotte. Età, agiatezza, risorse attenuano il bisogno e dal bisogno nasce l'arte. Io ho bisogno dell'arte. E questo perché non mi devo più difendere dalla sensazione della mia stessa inutilità, della mia stessa impotenza.


L'impulso dell'artista bonifica un profondo squilibrio. I miei impulsi artistici non fanno altro che sanare questo profondo squilibrio che nessuna sostanza potrebbe mai sanare.
Neanche le azioni compulsive. Anzi, le azioni compulsive sono solo illusorie. Ma falliscono perché.. perché l'altro non esiste.
I nazisti hanno scelto gli ebrei come altro-cattivo. E gli ebrei hanno subito non perché fossero la causa, ma perché non la erano.
Proprio come la povera ape dell'altra sera che ha subito perché non era la causa della paura che le infondevo.
A proposito, alla fine, dopo il dialogo con Fabionrhett, l'ape è volata via. Disperata. In fuga dall'altro.


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