lunedì 22 settembre 2014

Lo strano caso di Mr D. e...

Il giorno in cui incontrai Mr D., anzi che mi accorsi di lui, fu ad un seminario con Paola Folli. Alla Nam. Durante il mio secondo anno professionale.
Lei è la vocal coach di X-Factor e la vocalist di Elio e Le storie Tese. Il signor D. uno degli insegnanti della mia scuola.
Era lì per accompagnarci. Era arrabbiato. Ognuno di noi doveva portare un brano e le parti musicali da dargli. Fui l'unica a portarle: quelle di Notturno di Mia Martini.
Quando "toccò" a me esibirmi davanti alla Folli, lui disse arrabbiato: "GuaVda che queste paVti sono sbagliate".
"Oddio ha pure l' "r" moscia..". E pensai anche: "Brutto rompipalle, ma se sono l'unica ad averle portate..".
Mi limitai a fulminarlo con gli occhi. E disse: "No, vabbé.. non ti pVeoccupaVe. Tanto hai poVtato anche la base".
Solo in seguito capii che era felice che nessuno avesse portato le parti perché avrebbe suonato di meno.. anzi: non avrebbe suonato affatto. Io stavo minando, con le mie parti, il suo "piano".
Cantando Notturno mi commossi. Piansi come sempre. La Folli, non ricordo bene perché, mi chiese qualcosa come: "Ma tu scrivi?". Come se fosse un significante delle mie lacrime. O una soluzione. O una ragione per trasformare quell'acqua salata in un qualcosa di più creativo.
Alla fine del canto, andai in bagno e fuori c'era Mr. D. Aveva gli occhi diversi. Un po' lucidi e mi diede una stretta sulla spalla. Vidi nei suoi occhi azzurri quella "cosa" che ho sempre amato di lui.
Due domeniche dopo, mi esibii con la scuola in un locale fuori Milano. Io cantai una bossa, " O bebado e A Equilibrista", di Elis Regina. Una canzone meravigliosa che è una parabola dell'arte e che allego qui perché chi non la conosce, la possa ascoltare.
Fu difficile per me come studio. Per la lingua, ma soprattutto per la ritmica che è sempre stato un po' il mio problema. La amai molto. Lei era un donna nata sotto il segno del "troppo". Il mio stesso segno.



Quella sera ero un po' triste. Per mia madre. Per Pepe che avevo rivisto e c'eravamo lasciati male. Cantai, triste, e sbagliai un tempo. Quando scesi dal palco incontrai Diego. Non veniva mai a queste serate di alunni. Ma quella volta venne. Sapevo di aver fatto quell'errore e me lo fece notare facendo un paragone stupido con una mia compagna di corso. Era ubriaco. Lo mollai lì.
Il lunedì dopo non andai al corso di canto. Lui faceva lezione di piano nella saletta accanto, proprio quando avevo lezione io. Scrissi alla mia insegnante che non me la sentivo più di continuare il diploma.
Lui le chiese il mio numero. Non ricordo bene come andò.. ma so che capì che lui c'entrava qualcosa, che aveva detto male.. e ci chiarimmo via sms perché io non avevo voglia di parlargli.
Due settimane dopo lui tenne un seminario sulla ritmica. Era per musicisti soprattutto, ma andai. Quando entrai mi disse: "Sono contento che sei qui".
Ricordo quel seminario in modo divertente. Faceva fare flessioni a chi sbagliava dei percorsi ritmici. Le fece fare anche a me. Alla fine della serata, andai da lui e mi scusai. Gli dissi che ero in un momento "mio", un po' ipersensibile, e che lui aveva esagerato comunque.
Quando uscimmo dalla scuola, un suo collega pianista gli disse: "Vai da una delle tue amiche?". E lui s'imbarazzò, perché dietro c'ero io. Non lo conoscevo ancora. Non sapevo ancora che solo un anno dopo mi sarei ritrovata a casa sua, entrambi mezzi nudi, a litigare alle sei di mattina urlando "Tu e tuoi tour di bulimia erotica!".
Mi viene da ridere a rileggere tutto ora.

Un mese dopo, marzo 2012, ci rivedemmo. Avevo appena finito di cantare "Voce e Notte", nella versione di Mina, alla Salumeria della Musica. Ero in sottoveste, a piedi nudi, per interpretare. Perché già volevo unire il teatro alla musica. Forse la Mala nuotava già nel mio piccolo mare creativo.
Dietro le quinte me lo sono trovato davanti. Mi guardava gonfio. Aveva lo sguardo che chiamo spermatico. Lui ride quando gli dico che guarda così. Allora mi diede pure un po' fastidio. Perché stava lì in mezzo e io mi dovevo cambiare per risalire e presentare.
C'era già del vino tra noi.


Un passo indietro. Autunno 2010. Stavo per iniziare l'ultimo anno alla compagnia Scimmie Nude. L'anno propedeutico all'Atelier e ad un probabile accesso alla compagnia come attrice. Avevo fatto in contemporanea anche un provino per canto moderno, alla Nam, per avere il diploma da cantante professionista.
Ero così cretina che mi piaceva l'idea del diploma. Fui ammessa con riserva agli ultimi due anni perché non avevo fatto i primi due, ma c'era un potenziale. Magari il "cuore". Io sono un cuore senza tecnica.

Avevo i capelli più corti. Sopra le spalle. Un caschetto riccio. Li avevo tagliati perché Othello diceva che ero più bella. Avevo trovato un compromesso per non soffrire per il mio passato ed ero riuscita a fare l'amore con un ragazzo diverso da Pepe. Il mio primo compagno.
Tutto pareva con un senso. Ma poco prima di tornare a teatro mio padre mi chiamò per dirmi che mia madre aveva un tumore. Stadio avanzato. Metastasi. In Liguria era data per spacciata. Lei non sapeva la verità fino in fondo.
Così tracciai ancora una volta una linea nera su me stessa per accendere il rosso del Pronto Soccorso. Io sono quella del Pronto Soccorso. Da me arriva chi la vita la sta' per perdere. In ogni senso. Ma poi, in genere, mi danno un calcio in culo appena li rimetto in vita. Divento scomoda. Non so perché.
Telefonate. San  Raffaele. La spalla e le braccia di Othello in cui rifugiarmi per pochi istanti e poi la vita che mi chiedeva ancora di lottare.
Teatro annullato. Lavoro in corsa e tanto ospedale. Bugie. Mio padre in lacrime e devastato come anni prima. E gli occhi di mia madre che cercavano conforto nei miei.
Il mio desiderio sotto le scarpe. Le mie Saucony che tenevo sotto il letto, pronte, per calpestare la paura. Ah, e niente analisi.
Ma.. quel provino, la musica solitaria che batteva al ritmo delle mie pulsazioni irregolari, ecco.. provai nonostante la riserva.
Un delirio: notte in ospedale, casa, doccia, riaccompagnare papà in ospedale, lavoro ( otto ore), scuola di musica e poi ancora la notte in ospedale.
Piangevo a laboratorio d'orchestra e il dolore delle frasi "Solo tre mesi di vita"; "La chemioterapia non basta" scivolavano tra gli spazi e le chiavi di basso e violino.
Teniamo duro. Aggrappiamoci a una luce. Faccio così di solito. Alla fine trovo sempre una fiammella per tirare me e chi si aggrappa ai miei polpacci. Sono una donna che vive nelle situazioni di lotta. Non in quelle di quiete.
L'operazione. Il risveglio di mia mamma. E la vita, diversa e menomata, ma sempre una nuova vita per mia madre.
La musica e il canto solitario mi diedero modo di aggrapparmi ad una speranza. Nelle note scioglievo qualcosa e conclusi il primo anno professionale come la migliore del corso di canto. Il direttore che mi ammise con riserva, disse: "Qualcuno qui dovrebbe essere contento".

E quindi eccomi al secondo anno professionale. E Mr D. . Il giorno dopo la serata della Salumeria, ero a scuola per un esamino di teoria e solfeggio. Lui faceva lezione. Come ogni lunedì. Ero seduta in reception con il libro. Venne e disse: "BVava ieVi seVa.. Hai cantato bene.. Poi avevi una mise.." e mi lanciò la sua occhiata spermatica. Feci finta di niente.
Andai a lezione di canto e la mia insegnante mi disse: "Ho saputo che sei stata molto brava ieri sera. Il maestro D. mi ha detto". E me lo disse sospettosa. Tutta la scuola sapeva che lei era innamorata di Mr D. . Da anni. E questo fu un ingrediente per la comicità dei mesi successivi.
Io avevo intravisto l'amore con e in lui, ma un'inevitabile comicità.. Diciamo che man mano che i giorni passavano, lo schema era che io scappavo e lui mi rincorreva.
Iniziò con una sera in chat in cui lui mentre mi scriveva, scivolò dalle scale che portano al suo soppalco. Io ero preoccupata e lui esordì con "PVendo un taxi e vengo da te?". Chiusi la chat.
Lo rividi a scuola prima di Pasqua con le stampelle e un piede ingessato. E mi disse qualcosa come "PeVché non Vispondi ai miei messaggi?" davanti a tutta la reception. Io ero terorrizzata che la mia insegnante sentisse. Che i miei compagni sentissero. Mi sentivo indifesa. Non so da cosa. Non amo essere al centro dell'attenzione nel reale.
Poi se ne andò ridendo con:"Sei senza cuoVe". E mi misi a ridere pure io. Perché aveva questa sensibilità disperata che mascherava con cadute, donne, alcool e "r" moscia. Ed un'ironia che stimolava la mia creatività.
Ogni lunedì da allora fino alla fine dell'anno e al diploma, Mr D. entrava nell'aula dove facevo lezione per vedermi e fare qualche battuta. Una volta fece uscire la mia insegnante con una scusa e mi chiese di andare a sentirlo alla Salumeria. Faceva Moti Ondosi. Il suo disco più bello. Che mi ha regalato e che ascolto spesso. Perché racconta del mare. Il mio mare. L'ha composto nella mia terra. Lì c'è amore. Tra quelle note.
Comunque non andai. Per.. paura. Di lui.
E così tirai fino al momento degli esami. Lui divenne sempre più un martello, tra sms e telefonate. Gli chiesi di lasciarmi tranquilla fino alla fine della scuola. M'innervosiva. Per me il percorso era importante.
La serata di chiusura che era anche una festa in cui dovevo presentare, fece di tutto per fare capire che mi poteva prendere. Arrivava dietro le quinte tentando di baciarmi. E più diventavo nervosa e facevo casino, più lui si divertiva.
Salii sul palco e sbagliai tutta la struttura di "While my guitar gently weeps"..
Tutti avevano capito. Poi mi accompagnò alla macchina. E mi baciò. Io ero stanca. Triste e felice allo stesso tempo. Triste perché non aveva rispettato i miei tempi per una smania di dimostrare o dimostrarsi. E io non ero stata capace di tenerlo lontano. E poi c'era l'ombra di mio padre ancora. Di quei ricordi. Un odore simile che mi terrorizzava. Eppure ero anche felice perché sentivo l'amore dietro tutto il casino e le strutture che lui metteva tra noi. C'era l'arte. Il mare. La mia Liguria. Lo stesso spessore.
Sapevo che sarebbe stato un casino. E così fu.

Mi diplomai con la mia insegnante che mi fece piangere all'esame con una piccola vendetta e un sorta di amarezza. I miei compagni che il giorno dell'esame dicevano nei corridoi "Ma lo sai che Annalisa sta' con il maestro...?" . Quella fu la cosa che odiai e subii di più. Anche se lui mi difese. Perché Mr D. era protettivo. Riprese alcuni ragazzi e mi difese. O difese qualcosa di me.
La scuola finì e io ero in sospeso con il mio cuore.
Mr D. a Vernazza. Io in giro per la Francia e poi in Liguria. Cercavo di fargli capire che avevo paura di lui. Che ero fragile. Che non sapevo se avrei retto tutto il casino che sentivo in lui. Non era quello il tempo. E poi mio padre. Gliene parlai.
Fu un'estate di sms e telefonate. Finché un giorno decisi d'incontrarlo a Riomaggiore per dirgli di non sentirci più. Perché avevo paura e lui doveva restare libero.
Se ne andò triste non rinunciando ad un: "Vaffanculo!".  Se ne andò senza capire la mia paura e che lo amavo.

L'estate finì. Io scrissi la Mala e continuammo a sentirci comunque. L'autunno successivo avvennero tante cose. Ma era chiaro ad entrambi che non riuscivamo a fare a meno della parola e della presenza dell'altro.
Lui mi disse che aveva iniziato a frequentare un'altra donna. La donna della banca, soprannominata da me anche Figherrima, per via di un post su facebook. Ed in questo dualismo iniziò l'inverno.
Tentammo di restare "amici" e collaborare. Mi coinvolse nella scrittura di un suo nuovo CD. Ricordo le cene a casa sua in cui per farmi felice mi presentò il paroliere di Mina. Per l'esattezza, uno degli autori di una delle canzoni che ho amato di più di Mina: "Dottore".
Per me incontrare in carne ed ossa l'autore di quelle parole, fu un grande regalo. Un uomo gentile e intelligente che lo chiamava "scemo".
Scrissi qualche canzone per Mr D., ma era tutto difficile..
Perché lui si era rifugiato in questa donna tanto lontana da me ( e da lui) per darsi una "gabbia" in cui contenersi. Ed io man mano che prendevo consapevolezza della mia anima artistica, m'innamoravo sempre di più e sentivo il bisogno di stargli vicino.
Eppure continuava a ripetermi che voleva una donna con "gli orari". Non un'artista. Non voleva più una compagna artista. Ed io ero sempre fuori.
"Tu sei in esplosione. Io no. Tu apri, io voglio chiudere la mia vita. Tu sei una donna da combattimento, io mi sento un cavallo perso..". Quando mi disse questa frase ero appena andata da lui. Alle undici di sera dopo le prove di teatro. Presi la mia borsa e me ne andai. E come nei migliori copioni, lui mi trattenne e facemmo l'amore per la prima volta. Dopo mesi.
Ma non cambiò nulla. Anzi, dentro di me peggiorò perché avevo la consapevolezza che lui era lontano da se stesso e quindi da me.
Perché aveva scelto un'altra e lì sarebbe tornato alle 20 di sera. Per una cena in orario.
Tornai a casa con la sensazione di essere appena stata attraversata da un treno. Era una cosa che avevamo evitato entrambi per non distruggerci. Ma accadde. E c'era anche quella fisicità che a me aveva sempre spaventata. C'eravamo anche lì.
Ma aveva ragione lui. Io non ero una donna da orari bancari. Non potevo garantirgli la sicurezza di una chiusura. Potevo dargli la vita e la gioia di vivere. Il coraggio di essere insieme in un qualcosa di autentico.
Ora che scrivo, ricordo un suo sms in cui mi ringraziò per averlo scosso. Per averlo fatto riamare ancora. Per la vita.
Eppure io mi sentivo sempre inadeguata. A metà. E tuttavia forte e viva con lui vicino. Felice in una comprensione che con un uomo "normale" non avrei mai potuto avere.
I due anni successivi, abbiamo giocato come un elastico. Io mi allontanavo e lui mi cercava. Lui si allontanava e io lo cercavo. C'è stato il mio debutto con La Mala con lui sempre presente. Anche nelle repliche successive. Perché anche se mi scoraggiava perché vedeva in me il riflesso di qualcosa che gli apparteneva e quindi la paura di un suo fallimento, in fondo lui amava il mio ardore.
Ci sono state le rincorse, il virus alla mia stella di mare, riprese e separazioni continue. L'altra e le altre. La nostra collaborazione per la sceneggiatura del Bosco di Mediaset. Io gli descrivevo immagini e lui suonava traducendo in note le mie parole. Non andò. Era una possibilità, ma intanto: " Ho composto forse una delle mie musiche migliori". Ha distrutto tutto dalla delusione. Ma io ho conservato. Anche se dopo aver composto con lui, mi tradiva portando a cena l'altra.
Ci sono state le mie fughe nella notte da casa sua perché doveva bere per farsi male e farne a me che altro non volevo che trasformare in amore la sua disperazione. Ci furono liti e dolore. Per me. Fino ad un giorno del 2014 in cui finalmente trovai il coraggio di chiudere e non contattarlo più. Con la morte dentro. Perché anche John un giorno mi disse: "Non puoi salvare chi non vuole essere salvato".
Ha ragione. Avevo la presunzione dell'onnipotenza. Di poterlo prendere per mano nella corsa di una vita autentica. Qualche giorno fa gli ho detto che non avrei mai dovuto intromettermi tra lui e la donna della Banca. E mi disse una cosa strana come "Al limite fu lei ad intromettersi".
Amavo la possibilità. FabionRhett mi ha sempre detto che eravamo fatti l'uno per l'altra perché io avevo quel che lui non aveva. E viceversa. Uniti dall'arte. Che per due anime come noi è più fondante di qualsiasi altro valore normale, più di un figlio, più di un tempo indeterminato.
Per questo, malgrado tutto, malgrado le nostre vite, probabilmente, prenderanno altre strade, noi resteremo. In un legame invisibile. Soprattutto ora che, togliendo, da solo, le sue dipendenze, le scuse per non vivere, togliendosi il costume di Mr D., resterà Diego.
Solo ora so e mi rendo conto che il tradimento più grande che fece a noi e a se stesso, era la rinuncia. Non le altre. Quello, in fondo, riuscivo a tollerarlo o comprenderlo.

"Avevo delle cose da scriverti. Poi non so mai dove sei tu e dove sono io. E dove sia il nostro incontro. Forse ora sono un cerchio chiuso in un percorso che mi spaventa. Ma chi mi vuole bene e sa comprendermi resterà. Avrei voluto anche te nella comprensione della vita. Non banale. Non scontata. Forse un giorno. Forse un giorno potrai volermi bene nella mia diversità. Forse nelle cose che scriverò, renderò immortale quella profondità che non sono mai riuscita a condividere con te."

E' un sms. O il prologo di una trasformazione.

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