tag:blogger.com,1999:blog-87729834092340865542024-03-13T15:59:30.610+01:00Le Comiche dell'AmoreAnonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.comBlogger103125tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-27349264947675391362015-12-27T20:52:00.002+01:002016-01-01T19:37:55.731+01:00Io scelgo?La scelta. Scegliere o sapere scegliere o avere il coraggio di scegliere accettando tutte le conseguenze.<br />
Può andare bene o andare male.<br />
Alla fine l'amore questo è? Questa parola, "scelta", è qualcosa che ritorna in questi mesi. Grazie alla Mala e alla fatica che mi porta il progetto, complesso, perché il teatro è un'arte scomoda.. perché mi prende tempo? Fatica? Dedizione? O forse perché mi porta a scegliere. Ecco perché. Ogni giorno scelgo di essere a provare. Ho dovuto scegliere ogni giorno di essere in sala prova. Dopo il lavoro. La stanchezza. Gli affetti che nella maggior parte dei casi non comprendono. E sono gelosi di questa scelta. Non parlo solo di Diego... gli amici, gli affetti come mia madre, Sury, mio fratello e mio padre.. No. Mio padre in realtà no. Stranamente mio padre lo capisce. Un po' di più anche se mi guarda sempre un po' come fossi strana. Come quelle donne ragno incomprensibili e che fanno paura. <br />
Suona e vede nell'arte e nell'esprimersi questa tensione all'infinito che vedo io. Creare è davvero l'unica arma di salvezza dell'essere umano. Si, ma il coraggio di..? <br />
Scegliere. Io scelgo di fare arte e rinunciare al calore di una vita comoda. Al calore di un figlio tra le braccia, a quelle di un uomo la sera, dopo il lavoro. E vado a rifugiarmi in un seminterrato freddo. Tra le braccia di Elena che mi ama e mi raggiunge simbolicamente. Vado lì con il terrore del fallimento anche. Ma poi mi chiedo quale senso possa avere la mia vita se non questo. Se non questo. Quale? Non è utile ed è limitatamente concreta la mia scelta. Non è un palazzo. Né un'invenzione. Né la cura che salva dai tumori. Niente di tutto questo. Tangibile e utile. L'arte non lo è. E io non lo sono. Eppure.. c'è un annullarmi in questa scelta che va oltre i binari del sociale. Non vedo più le relazioni come prima. La famiglia. Gli uomini. Trovo raramente persone con cui relazionarmi. Da cui attingere. Spesso la solitudine è l'unica via. <br />
Ora che tutto è sospeso, come in questi giorni di festa, sento l'angoscia e la solitudine di questa scelta. Che non è ancora completa. Perché non ho chiarito. Non chiarisco con Diego. Non chiarisco con chi mi ama. O dice di. Chissà cosa mai ameranno di me. Non di certo il mio aspetto. O non solo.<br />
Ecco, la scelta non è ancora totale perché sento ancora di dovere chiarire. Chiarire la mia scelta a qualcuno che non potrà mai capirla. Loro restano a lottare o inconsciamente ad amare proprio il mio tentare di andare nell'oblio. Il mio non arrendermi alla banalità? E' diventare qualcosa che non sono che mi fa paura. Lì sento la paura di morire.<br />
<br />
Scavo e scavo e cerco sguardi di amore. Anche con la Mala. Lei è forte e fragile nella sua forza. Ho messo in scena e creato un personaggio che indaga. Domanda. Nessuno riesce a rispondere.<br />
Ma lei, il mio personaggio, la mia Mala, ora, o la ami o la odi. O la sposi o fuggi da lei. Impone una scelta.<br />
Nella vita mi è successo spesso. Con Diego a targhe alterne. Con le amicizie o altri uomini che ho incontrato, pure..<br />
Mi sono sempre chiesta cosa fosse. Sarà la domanda? O questa scelta? Vuoi vivere davvero o mentire per rimandare la vita fino alla morte? Questo domando come Mala ora. Ma prima lo facevo nella vita.<br />
Lascio sia lei ora.<br />
<br />
Dopo avere letto uno degli ultimi sms di Diego con un'altra donna, gli ho girato la schiena nel letto. E dopo essermi addormentata a fatica ho sognato l'universo. Il mio corpo nudo che si scioglieva nell'universo. Nel buio e tra le stelle. Diventavo latte e polvere di stelle.<br />
E in questa sospensione c'era la musica di Dio. E i pensieri che mi facevano vedere tutto come molto più piccolo o comico effettivamente. Perché l'amore è creazione. Qualsiasi essa sia.<br />
Che amore è questo? Me lo sono chiesta tante volte con Diego ubriaco, con lui che cerca altre donne.. con la sua distruzione che somiglia alla mia. O è la mia. Quella che ancora non mi fa fare la scelta in toto.<br />
La scelta è dissolvermi nell'universo. Ci sono donne e uomini che lo fanno attraverso i figli. Forse.<br />
E io ? Non ho paura di quel buio nell'universo. Girava tutto. E dissolvermi era la cosa più giusta. Il tempo giusto.<br />
Eppure ho ancora paura di portare in fondo la scelta. Che è fatta. In fondo è stata fatta tanto tempo fa.<br />
Dimenticata, ritrovata. Scegliere è il primo verbo dell'amore?<br />
<br />
<br />
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-66122067000901008622015-12-06T03:34:00.003+01:002015-12-06T03:34:50.456+01:00Paura della solitudine nell'autenticitàSono riuscita a dire che sono dentro un ruolo che non capisco più.<br />
Più che a dire, a scrivere. La mia relazione con Diego sta' prendendo forza per lui. E più prende forza per lui e mi lega, più sento la mia verità asciugarsi.<br />
Mi vuole vicina nel suo lavoro, nelle sue nevrosi. Corro da una parte all'altra di Milano per lui e poi per me.<br />
Qualcosa non funziona. Ho sognato la morte. E in quel sogno c'eravamo io e lui. Suo padre. Sua madre. I genitori di lui morti. E tutte le mie parole. Le mie parole.<br />
Mi ha portata in studio con lui. E' strano. Mi ha sempre detto che lì le donne non dovevano entrarci. Nel suo studio. Nel suo lavoro. E infatti ero l'unica donna. Nella sala di registrazione, ha fatto ascoltare alcuni pezzi ai musicisti. Io seduta in un angolo.<br />
Luca Meneghello, uno dei chitarristi jazz più bravi d'Italia, registra un assolo su uno dei pezzi. Lo risentono e sentono gli altri. Fanno i complimenti a Diego per la composizione di una con: "Geniale l'idea dei fiati qui".<br />
Abbasso lo sguardo. Diego mi prende e dice: "Beh, l'idea non è mia, ma di Annalisa". In un orecchio mi dice: "Non prendo più le tue idee.. diamo a Cesare quel che è di Cesare".<br />
In passato è stata una delle lotte. Prendeva le mie idee per usarle per se stesso. Per farsi importante con le altre donne anche. Invece ora il cambiamento. A cui non sono abituata.<br />
Poi parlo con Giuliano per i video da fargli: "Curali tu.. pensaci tu.. mi fido di te". E così gli curo l'immagine. Settimana prossima tornerò in studio con lui a riprenderlo, a decidere che video fare. A curarlo in toto.<br />
Solo due anni fa sarei stata al settimo cielo. Eppure qualcosa è cambiato. Ho partorito. E mia figlia mi sta' aspettando. Lui mi toglie energie e non è mai venuto a vedermi.<br />
Più mi allontano, più mi prende. Come se percepisse ora la mia presenza artistica e il mio femminile, quel femminile come forza anche per lui.<br />
Eppure, la pelle se ne sta' andando. Non è caduta del tutto, ma sotto c'è già quella nuova.<br />
Evidentemente ho ancora paura perché non la lascio cadere. La rimetto su. La vecchia me.<br />
Quella che metteva il desiderio dell'altro prima del proprio. Eppure mi stanco a lavare i piedi di Diego. Ora. E di qualsiasi altro uomo.<br />
Non guardo più il suo cellulare. Non m'importa delle sue donne. So che è un vizio che non passerà mai. Perché ha un'anima dipendente. Così come so che lui mi ama di più. E che sta' diventando dipendente da me. Non fa più niente senza un mio ascolto. La spinta energetica e d'amore della Diva sono io.<br />
Eppure sento di non essere io.<br />
In quel ruolo di assistente/badante, non riesco più a stare.<br />
E lui mi fa scenate di gelosia. Per altri artisti. Mi vuole rinchiudere con lui nelle sue gabbie dorate.<br />
Sento solo una voglia di fuggire e una sorta di tristezza per la mancanza di coraggio che sento ancora.<br />
Eppure io vorrei solo essere sostenuta ed amata per la mia diversità. Da lui come da mio padre.<br />
Ed in questo tentativo perdo la mia essenza perché non potranno mai veramente capirmi. Hanno troppe paure, troppa paura di vivere ancora per comprendere la mia sete. Che fa paura. Fa solo paura ai più.<br />
Così come ancora a me fa paura la solitudine. Di quest'essenza artistica. Perché la maggior parte delle persone, degli uomini è abituata ad amare la sicurezza. La comodità di una persona che si annulla o fa compromessi con il desiderio dell'altro.<br />
Invece io vorrei essere amata solo per la mia autentica diversità. Accettare questa assunzione, implica solitudine. Una grande solitudine.<br />
E ancora mi fa paura.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-54948321902852022942015-11-22T01:28:00.000+01:002015-11-22T20:46:36.238+01:00Il coraggio della propria diversità<pre style="color: #444444; font-family: 'Segoe UI', 'Segoe UI Web Regular', 'Segoe UI Symbol', 'Helvetica Neue', 'BBAlpha Sans', 'S60 Sans', Arial, sans-serif; font-size: 15px; line-height: 21.299999237060547px; white-space: normal;"><div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Il coraggio della mia diversità.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">E' questo quello che manca. "Lisa, non aprirti a loro. Se ancora non sei pronta, frequentali senza aprirti: non sei una donna, ma un'artista!".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">C'è una sofferenza infinita dietro questa incapacità. Perché c'è bisogno di dividere?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">La mia vera anima è chiara, è così chiara agli altri e non a me. E' come se dovessi sempre chiedere scusa o inventare scuse per farmi accettare. O uscire di nascosto per raggiungere il mio desiderio. Mentre lui dorme, come quando dormiva mio padre.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">E' così scontato e semplice da capire nella razionalità, ma nei meccanismi pratici della vita quotidiana ancora mento. Mento con chi non può vedermi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">E mi faccio del male con loro perché non sono degna di un amore vero ed autentico.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Non c'è protezione.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Diego dice che sono la sua compagna, eppure io non mi sento tale. Cosa significa essere compagna per lui? Gli sto' dietro e curo il suo lavoro. Oppure lavo le sue tazze o i piatti del giorno che non ha voluto lavare perché non sa farlo. Non è abituato. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Non la so più fare la Maria Maddalena. Non li lavo più i piedi a Gesù. Questa devozione è qualcosa che mi da' un senso di morte. Di chiuso. Finito.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Il CD è metà fatto anche di mie idee musicali oltre ai tre testi che hanno scelto Bungaro e Ivan Segreto.. Dice: "Cosa vuoi di più? I tuoi testi li hanno scelti tra gli altri come i più belli?". Cosa voglio di più?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Non ammetterà mai che sono compagna in quello per lui. Dirà che sono una percentuale, come gli altri.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Poi cerco su google come una stupida di Camille Claudel e finisco su Franca Rame e tutte, tutte hanno la mia stessa sofferenza.. Camille per anni lavora ed ama Rodin. Crea con lui e fanno l'amore in tutti i modi possibili in cui un uomo ed una donna possono farlo, ma poi c'è un maschile che non sa mettere da parte il proprio ego e la paura. Paura di cosa? Di perdere un potere? Illusorio?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Perché nessuno potrà mai togliermi dalla testa che non è l'eccesso di queste donne l'unica colpa del loro fallimento ( se di fallimento si possa parlare per donne come Franca Rame o Camille), ma l'incontro con un maschile che non sa amare la diversità del femminile.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Che un artista possa stare con una donna più semplice, più a suo servizio, è una regola che nasce già da un fallimento umano. Così come che una donna artista debba rinunciare al suo essere donna è un altro fallimento.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Sarà utopia, ma perché rinunciare al coraggio della propria diversità per incontrarne un'altra che dia quell'amore in più? </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Un uomo che ho rincorso per anni ora vuole solo me e mi chiama compagna e dietro questa definizione vedo solo la morte dell'amore autentico.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">E' veramente quel che voglio?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Ieri sera ho visto The Lobster. Per quanto sia un film incasinato e pretenzioso nel progetto, l'idea è interessante. Questa costrizione alla coppia.. Queste regole del più forte.. Questo dover essere in coppia per poter essere amato, accettato e curato. Coperture per un sociale che per inglobarti deve riconoscerti. Escludendo il diverso dal proprio mondo di colori.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Se ti assumi il coraggio della tua identità potrai incontrare critiche o incomprensioni, però sarà l'unico modo per poter essere veramente te stesso e vivere la vita che davvero vuoi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: white;">Che è una frase meravigliosa, ma dove si celi questo coraggio ancora non so.. </span></div>
</pre>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-55598077029812595372015-11-04T02:03:00.001+01:002015-11-04T02:03:26.074+01:00Posso darti quello che desideri?E' nata.<br />
E' stata una giornata lunga. Domenica mattina mi sono svegliata terrorizzata nella mia stanza di albergo. In pieno centro a Torino.<br />
Avevo lasciato i pesci per la scena nel frigo del bar dell'hotel. "La prego. Ne abbia cura. Mi servono per lo spettacolo".<br />
E' comico il mio rapporto con i pesci anche nel reale. Le sono andata a comprare la mattina. In pescheria. " Due orate.. si.. queste qui..". Le ho scelte. Una è Clark Gable, l'altra è per il mio piccolo attore.<br />
"Queste sono favolose in forno.." dice il pescivendolo.<br />
"Ah no.. ma io non le mangio.. mi servono in teatro.. recitano con me..".<br />
Mi ha guardata proprio come se fossi matta. Mi ha anche fatto lo sconto. Anche in albergo. A Torino. Ma non importa. Si, magari un po' lo sono, ma magari meno di chi le mangia.. E' sempre tutto relativo. Come i concetti che dico nel mi spettacolo.<br />
Vado in camera. Sono un po' nervosa. Dormo male. Ho il reflusso. Come le donne incinta.<br />
La mattina mi alzo presto e vado a correre. Una doccia veloce e poi lascio la camera.<br />
Dopo aver pagato dico: "Ho le mie orate nel vostro frigo bar. Le ho lasciate al suo collega ieri notte".<br />
Il tipo alla reception risponde serio e rispettoso: " Ah si.. certo.. gliele prendo subito". E me le porta impacchettate, come se fossero gioielli. E lo sono. "Bravo.. - penso -.. non ti ucciderò..". Ragiono già come la mia Mala.<br />
Arrivo in teatro in orario. Elena è iperattiva come sempre. Un po' nervosa, ma carica. Io sono più trattenuta. So bene che vedermi così la terrorizza, ma mi sto' concentrando. A mio modo.<br />
Facciamo le luci. Poi la generale. E nel preparare la scena mi mette i pesci che ha recuperato in una pescheria. Completamente marci. Sono solo per la generale. "Per stasera avrai cinque pescioni da dare al pubblico. Li cuciamo insieme dopo".<br />
La generale va. Io trattengo. Per esplodere in serata. Sono terrorizzata. Devo tenere da sola il pubblico per un'ora. Non sono mai stata da sola in scena. Così tanto.. E' un salto. Un bel salto.<br />
Finita la nostra prova, lasciamo la sala alla compagnia dopo di noi.<br />
Andiamo in un caffè. Elena parla e parla. Agitata. Io sono trattenuta. Sempre. Ascolto. "Lisa, ma tutto ok?".<br />
"Si, sto' cercando la mia linea di basso.. il dolore sotterraneo su cui improvvisare per un'ora".<br />
Torniamo in teatro. Cerco una stanza in Cavallerizza. E dopo uno spuntino iniziamo il training. E lì lei capisce che ci sono.<br />
Mi vesto, mi trucco, mi pettino. Poi lei porta i pesci. Sono enormi. E puzzano. Tantissimo. Ho quasi il vomito e penso al pubblico: "Come reagirà?".<br />
Io mi abituo alla puzza. Alla puzza d'amore. Alla puzza che tutti nascondiamo nella nostra borghesia.. E cucio i pesci con il mio filo blu. Mi basta poco e sono già lei. Mancano 20 minuti allo spettacolo. Scendiamo in teatro. E prepariamo la scena. Metto Clark nel mucchio di pesci puzzolenti e avvolti in una rete e nascondo il pesce per il piccolo Davide.<br />
Poi Elena mi lascia lì. Con uno dei miei pesci enormi da cucire. Entro in me ed inizio le domande con cui aprirò lo spettacolo.<br />
Elena apre la porta del teatro ed entrano gli spettatori.. Come un leone mi butto su di loro..<br />
"Posso darti quello che desideri? Vuoi farti di me? Dei miei odori? Io sono un'innocente?". Alcuni ragazzi ridono. Uno mi risponde. E' il primo con cui interagisco e gli regalo il pesce. "E' ancora viva". Lui lo prende e resta a fissarmi. Seduto. Incredulo e catturato.<br />
E' iniziata... Distribuisco gli altri pesci. Cerco chi ha paura. Chi non vuole essere guardato. E parlo con loro. Piango. Rido. Faccio piangere e poi ridere. Li abbraccio. Gli parlo in un orecchio. Ad ognuno. E poi torno nei miei monologhi. Ai miei coltelli. Al sangue e alle mie vittime.<br />
E' una montagna russa. Per me. Per loro.<br />
Non vola una mosca. Sono con me. Io non sono più io. Faccio l'amore con loro. Mi do' a loro e loro mi prendono. Mi vogliono. Assetati del sangue vivo che metto lì. In scena. Senza paura. Sono nuda.<br />
Elena in regia anche è catturata e dimentica una luce.. Ma andiamo avanti. E' magia. Dio mi sta' attraversando.<br />
E' l'ultima scena. Buio. Poi luce. Io ed il bambino. Con il pesce e la domanda.<br />
"Posso darti quello che desideri?". E il piccolo mi guarda. Sono madre. Lei è nata. O rinata. Tra i pesci morti che ricucio.<br />
E l'infanzia violenta che denuncio. Non ho più paura.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-59547905246056491842015-11-03T03:40:00.000+01:002015-11-03T03:40:14.257+01:00L'amore in più<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15pt;">Ci sono cose che non so dirti</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Sarà questa fragilità <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">O questa paura di vivere<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Che tanto ti fa ridere<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">E questo "amore" <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Che mi fa arrabbiare<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">O sarà un bimbo che grida<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Appena arriva il buio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">E ti cerco nel sonno<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">La mia testa sulla tua schiena<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Le mie dita risucchiate<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">nella tua calda creatività <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">lì mi nascondo ogni notte <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Per trovare l' amore in più. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Che manca nel mosaico <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">della mia umanità. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">E' facile scrivere. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">La nostra canzone <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Un figlio da ascoltare<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">quando io non sarò più lì,<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">o tu qui. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">E lei viaggerà libera <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Ma è facile scrivere. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">E le parole sono parole.<o:p></o:p></span></div>
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<span style="color: #343434; font-family: Calibri; font-size: 15.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">O solo parole.<o:p></o:p></span></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-68194873267714810812015-10-19T15:14:00.002+02:002015-10-19T15:14:28.616+02:00Non sono mai stata protettaL'uomo senza dubbi.<br />
Sto' facendo le prove per uno spettacolo che non amo. Colori e faccine. Finto. Tutto finto. Eppure non so liberarmi. Non so dire: "Mi fa cagare!". E mi annoia anche. E l'arte non da' soldi e non annoia. Ma tocca, spaventa, ti ritorce dentro.. le viscere iniziano ad esistere e a svegliarsi.<br />
Invece in questo spettacolo mi sento in gabbia.<br />
Poi gli scrivo. E' lontano. Non so se vorrà vedermi. Là a Barcellona. La città del sole. Della cattedrale vertiginosa. Ogni volta che ci salivo sopra sentivo la testa girare, e l'aria sospesa nel mio corpo, con il vento che penetrava e l'amore dei suoi occhi. Pepe. L'uomo per cui non ho mai avuto dubbi. Con lui su quella cattedrale toccavo Dio. <br />
Così vado da lui. Lo incontro. Cerco il suo conforto anche se ci siamo lasciati da dieci anni. Lui è freddo. Come da quando ha deciso che la separazione affettiva e "dimenticare" fosse l'unica soluzione. Al dolore. Ma sento che quella è paura. E allora cerco l'origine di quell'amore.<br />
Non ho mai avuto dubbi per lui. Di amarlo senza condizioni. E che fosse giusto.<br />
Non ho risposte. Ho solo la certezza che è stato così. Che fu così.<br />
Ma poi ho un dente che mi fa male ed Elena mi cura.<br />
Quando mi sveglio ci sono solo io nel buio. Il corpo di un uomo altro da Pepe. Poi resto sola.<br />
Dormo sola. Nel mattino che mi accoglie. Sono solo sogni che rispondono ai messaggi di Diego di scuse.. Scuse su scuse in un momento in cui non ho più forza per lui.<br />
Promesse.. promesse. Mentre cerco conforto nel corpo di un altro. Da lui e da me.<br />
Me ne sto' andando definitivamente da lui e mi manda composizioni per un CD che sta' tentando di partorire da quando lo conosco.<br />
Ma in fondo non gli importa di me. Ha solo paura che io non sia più di sua proprietà. E che possa splendere senza di lui. <br />
Il suo volermi controllare sta' diventando sempre più penalizzante. Mi sta' asciugando.<br />
Venerdì sera dopo le prove ancora.. i suoi attacchi nell'alcool. E il suo tentativo di farmi sentire malata perché faccio arte e teatro. Perché sto' diventando sempre più indipendente da lui artisticamente, più brava. E non ho paura degli insuccessi come li ha lui. Perché per me l'arte è vita. Per lui affermazione di un "ego" ancora. O chissà cosa..<br />
Non ho paura della frustrazione di non apparire sul cartellone di un "grande teatro" dal momento che il teatro in quanto tale è morto. Nei grandi teatri passano lo specchio di ciò che la società vuole ora. O la scia di un mercato che intrattiene, ma non prende e non da'. Passa per la televisione e per una comunicazione che non parla. Il dolore è sotto la tecnica e immagini che usano sempre più tecnologie dietro cui ci si nasconde.<br />
E per me il teatro è l'umano che parla nella sua nudità ad un altro che vuole ascoltare la sua verità e la sua ferita.<br />
<br />
Ho imparato ad attaccare e ad usare le parole di Diego come motivi per amarlo sempre meno. Sempre meno. Come è successo con Giovanni. Con Mattia. E con tutte le persone a cui ho dato una sincerità imperfetta, ma onesta. Chiedevo banalmante di comprendere l'incomprensione della mia diversità.<br />
Ma almeno sto' imparando ad amare meno chi mi fa del male. Perché chi ti ama, resta. Davvero.<br />
Per anni ho compreso. Accettato. Non mi sono mai realmente arrabbiata. Ho solo covato un rancore latente per mio padre. Nel silenzio. E per mia madre che non c'era.<br />
"Io non sono mai stata protetta ?". Dice così Paolo.<br />
Era la frase di un sogno. Tento di divagare, ma poi piango. Si. Sono diventata io protettiva per raggiungere la protezione materna che non poteva più esserci. Ma non sono mai stata protetta. Il possesso e la gelosia di mio padre non era protezione. Erano le sue paure. Era lui su di me. L'assenza di mia madre era la sua malattia. Sono solo fuggita e ho rimpiazzato concetti, come la protezione. Dimenticandomi di me. Di trovarmi. Di capirmi.<br />
E poi torna l'evento. E piango. "Voglio solo dimenticarlo. A cosa serve? So che c'è stato. Che mi ha fatto del male e mia madre non c'era a proteggermi da lui. Ne ho parlato tanto anche nell'altra mia analisi. Ma non serve. Ci sono ferite che restano. Possiamo solo conviverci o tentare di farci meno male e trasformare quel dolore". Eppure piango. Perché penso allo scempio che ho fatto della mia vita. A quella bimba che ancora grida. <br />
Fare i genitori è la cosa più difficile del mondo. Si pensa di essere padre e madre in base al ruolo che viene tramandato. E si ama secondo quello che la madre, la nonna, la trisnonna nei secoli dei secoli ha tramandato. E invece è più complesso o libero di così. Ogni figlio è una vita a sé. Diversa. Ed unica. Non la nostra proiezione. Non il rimando dei nostri insuccessi. O il tentativo di riappropriarsi di noi attraverso la vita di un figlio.<br />
Dovremmo essere così evoluti da sapere ascoltare. Di tenere come un tesoro la materia viva e nuova tra le mani e guidarla nella sua vita indipendente.<br />
Come fa uno scultore con una sua statua. Come fa uno scrittore con una pagina bianca. Come tento di fare io con lei. Per toglierla da me. Partorirla e lasciarla vivere diversa da me. Senza un controllo. E amarla nella sua diversa imperfezione.<br />
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-75325230527012354752015-10-12T16:36:00.001+02:002015-10-12T16:44:20.515+02:00La polvere della veritàSono a casa. In Liguria. Nella casa dove sono cresciuta. In via Giovanni Bosco. Era una casa bianca che mio nonno aveva comprato appena in costruzione.<br />
Mi piaceva quella casa. Anche se non avevo una mia camera, ma dovevo condividere gli spazi con mio fratello.<br />
La mia scuola di musica era venuta anche a Spezia. Ci andava mio padre e poi per qualche strana ragione aveva iniziato ad andarci anche mio zio.<br />
Piove. Sono grande già, l'età di adesso, ma è come se fossi tornata indietro nel tempo. Ci sono luci rosse nel cielo. Il cielo rosso dei tramonti e delle albe. Io ho un vestito bianco e sono a piedi nudi. In casa giro sempre a piedi nudi.<br />
Ma anche in Liguria. Mi piaceva da bambina. Mia madre dal terrazzo mi dice di andare a comprare qualcosa dalla lattaia. E io non so perché ma ho paura di vederla. Dopo tanti anni.<br />
Tuona. Avevo sognato tanti anni fa un diluvio, il diluvio che poi venne a Vernazza.<br />
C'è sempre quest'acqua. Tanta acqua.<br />
Rientro con un pacchettino e vedo mio zio uscire dal portone. Ora ci abitano loro lì, ma io sono confusa ancora. Tra passato e presente. Ha una borsa e mi dice che va anche lui lì. Che avrà la mia insegnante di canto in Nam. Gli dico di dirle che è mio zio. "Magari ti tratta bene".<br />
Poi vado con lui. Per seguirlo. Aiutarlo. In questa mia modalità di essere madre dei grandi.<br />
Protettiva. Non sono mai stata protetta.<br />
Siamo nella sala attesa della scuola. Ci sono tutti gli insegnanti. Ma la sala d'attesa è in realtà quella di un albergo.<br />
Devo salire. Nell'ascensore ci sono due uomini. Uno di questi è un noto regista e attore. Mi sembra Verdone. E la cosa mi fa ridere. Ha un cellulare e mi chiede un aiuto per alcune applicazioni.<br />
Resto alcuni giorni in quell'albergo. L'amicizia con il regista diventa sempre più stretta e di nutrimento reciproco.<br />
Ama prospettive diverse. E m'invita un giorno a stare fuori. Su dei letti sospesi. Sospesi su dei carrelli. Usciamo dalla finestra per raggiungere i letti. Ognuno il suo letto.<br />
Ho sempre avuto paura dell'altezza. Ma lì con lui no. Poi lui si avvicina e mi fa vedere altre cose al telefonino. Ci sporgiamo un po' e io ho paura che lui cada. Ma sento che lui non ne ha. E mi tranquillizzo.<br />
Poi mi sdraio e d'impeto faccio un movimento vivace e repentino. Uno dei miei. E il mio letto sospeso si muove e sbatte contro il suo. Lui cade e rimbalza.<br />
Io vedo tutto. Dall'alto vedo tutto. Ma lui non so neanche più se sia un lui, ma una lei. Eppure io la vedo come fosse un uomo.<br />
Lui è a terra. E' vivo, ma non sa più se riesce a muovere le gambe. Arriva l'ambulanza. Mi sento osservata e come al solito ho paura di avere rovinato tutto. Mi chiedo cosa accadrà. Se perderò il sogno.<br />
Il buio e mi risveglio in una casa calda. C'è il suo amico che ride. Io sono lì e vedo che a letto c'è lui. Il regista. Che però ha un altro volto. Non è Verdone è un altro uomo, ma è più asciutto. Ha gli occhi diversi.<br />
Vado a letto da lui. Lo abbraccio. Piango. Lui ride e mi abbraccia. Sento tanto calore. Amore. Comprensione. Non l'ho fatto apposta. Lui lo sa.<br />
C'è questa luce rossa. Di un fuoco. Il rosso di qualcosa che avvolge. Di un amore che cerco in una comprensione.<br />
Mi addormento tra le sue braccia. Poi capisco che quella casa è un ospedale o una specie di. Ci sono donne vestite di bianco. Tutte giovani. Più o meno giovani.<br />
Arrivo e con me c'è l'uomo, il regista che ora è in piedi. Guarito. Cammino. Loro non dicono nulla. Non ci sono parole. Solo suoni e colori.<br />
Loro alla vista dell'uomo diventano serie. Vanno a prendere delle scatole. Dentro c'è una polvere bianca.<br />
Chiedo cosa ci sia dentro e loro mi rispondono che sono le loro ceneri. Lì dentro c'è la loro verità. Quello che vedo io, quelle donne giovani che ridono vestite di bianco sono solo proiezioni. Ma non esistono.<br />
Arriva anche un'attrice, Sandra Milo. E' giovane. "Devo anch'io prendere le mie ceneri". Capisco che per lei non significa scomparire. Le svuota su di sé e diventa vecchia. "Sono io questa. Non più quella". E va via più consapevole. Meno leggera. Non triste, ma più consapevole.<br />
La maggior parte della altre donne scompare. Scompare appena si getta addosso le polveri.<br />
Resto sola. Non c'è più neanche l'uomo.<br />
Sono in strada. A Spezia. Piove. Con una donna che mi conosce, ma non so definirla. Piove. E' notte.<br />
Entriamo in un auto. Poi ricordo un dolore al braccio e mi sveglio. Nel buio. Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-14423651126289512632015-10-09T22:21:00.000+02:002015-10-09T22:31:09.411+02:00Il discorso dell'altroE' un problema di autorizzazione alla mia autenticità. E se non mi autorizzo, se non la autorizzo, non arriverò mai alla verità in arte.<br />
Eppure ci sono quasi. Se non fosse per queste relazioni che ho paura di perdere. Ancora.<br />
Mi siedo di fronte a lui. Il suo studio non mi piace. Ha poche cose. Ma lo riempio subito con tutto il mio immaginario. Che è immenso, infinito.<br />
Non mi annoio da sola. Sono capace di passare ore e ore e ore, una vita intera con le voci che spuntano di continuo da ogni mio poro.<br />
E' un'infinita massa simile ad un blob chiaro e informe che cambia. Si plasma.<br />
Mi siedo. Ha dei libri, ma non riesco a leggere i titoli. Uno è aperto e lo chiude subito. Sottolineato in modo ordinato. Io, i miei, li mangio.<br />
Questo maschile. Il mio discorso devo portarlo sempre ad un essere umano biologicamente maschio.<br />
Chiude il libro aperto e nel farlo cade la matita. Per raccoglierla mi scontro con la sua mano.<br />
Sono in imbarazzo. E' strano. Con John non avevo paura del contatto fisico. E con lui si.<br />
Non so come si chiama. O meglio, si, ma non lo chiamo. Lo dimentico ogni giorno. E questa, per me, è una novità.<br />
Parla a voce bassa e poco. Molto poco. Ogni tanto mi ferma e mi fa riflettere sulle parole che percepisce abbiano un significante esatto.<br />
E' la mia autenticità che tento, finalmente, di puntualizzare. Si, ma qual'è?<br />
Che non sono una donna per bene. Non me ne è mai importato niente di esserlo. Da sempre. Ho sempre trovato noioso essere una brava ragazza, nel senso comune.<br />
Ero tutta nervi scoperti con questa pretesa di amare ed essere amata. Ma di un amore che fosse autentico.<br />
La prova della mala, l'ultima, è andata bene. Ho sudato. Ho tirato fuori tutta la mia energia toccandomi la vagina con il pesce. E urlando questa maternità che fa solo aborti. Come posso generare vite se non sono autentica ancora?<br />
Racconto di Diego. Sempre lui. Solo lui. Chissà se lo amo davvero. Me lo sono chiesta.<br />
Siamo andati a cena. Al giapponese. Lo fa per me. Perché mi piace. Quello bello, vicino casa sua.<br />
E sono arrivata tardi. Ma lui mi ha aspettata. Lo vedo che mi ama. E lo diverto.<br />
Ma finita la cena, il tempo di portare la macchina ad un parcheggio, e lui, nei dieci minuti tra il ristorante e casa sua, si è già fatto i suoi cicchetti.<br />
Sotto casa, il copione. Io mi arrabbio. Saliamo da lui. Lui mi dice mollami. Io urlo che ho bisogno di un uomo diverso. Che è uno stronzo. Lui mi dice che con il teatro non ci campo. Che con la musica è diverso. Che sono una fallita con l'altra regista arrivata dalla Russia apposta per portarmi via da lui! Gli dico di ridarmi i miei pezzi, le mie canzoni e che non voglio più comparire nel suo CD.<br />
"Stronza! Mi ricatti?". SBAM! Il mio schiaffo in pieno viso! E lui, in mutande, che mi guarda innamorato mentre gli dico che è stronzo lui a ridursi così a 51 anni.. che se non gli importa di me, almeno di sua madre!<br />
Lui non reagisce mai ai miei schiaffi. Fuma. E in calzini e mutande, alla mia seconda provocazione, "Ho bisogno di un uomo diverso accanto!", lui dice: " E io ho bisogno di una donna che mi protegga! Che mi tiri fuori!". E me lo dice disperato, in mutande e calzini, guardandomi con gli occhi rossi dall'alcool. E mi viene da ridere.<br />
Mi sta' dicendo che lo devo proteggere, seminudo.. e io non so più come fare. Mi spoglio anch'io. Mentre lui dice: "Amore, andiamo a letto?". E io rido perché sono tutta nella mia comica, consapevole di esserci.<br />
Poi lui mi chiede di sposarlo. E la comica avanza. "Ti mantengo io. Tu scrivi le tue cose. Facciamo un bambino, ogni tanto fai un po' del tuo teatro e poi segui me. Viviamo in Liguria finché il bambino non ha dieci anni e poi veniamo a Milano".<br />
E io rido. Ma perché da' per scontato che io partorisca un maschio e mi vada bene rinchiudermi in Liguria vista mare con lui?<br />
Poi andiamo a dormire. Arriva anche Jack. E sono nel mezzo del letto, con Diego a destra, Jack a sinistra. Che mi schiacciano. E russano.<br />
Abbraccio Diego. Nella sua nudità. Sono più forte di lui. Lo sa. E probabilmente mi ama di più. Più di quanto non sia disposta io.<br />
"Sei la cosa più importante che ho - mi dice - ma ho questo problema compulsivo.. ma ti amo".<br />
La mattina dopo facciamo l'amore. Poi lui parte per la Liguria e mi lascia a casa da lui. Deve andare giù per arrangiare i tre dischi di Matteo. Sta' con lui e l'altro chitarrista chiuso tre giorni in casa a lavorare.<br />
Mentre lo saluto dalla finestra mi urla: " Ho bevuto un po' ieri eh?". E poi se ne va.<br />
Resto sola nella sua casa. Che mi piace perché c'è il suo piano, la musica, i suoi cd. Ma mi terrorizza il suo discorso. Che è il discorso dell'altro. Non il mio. Eppure mi tiene lì ancora.<br />
In questa paura di perdere le mie paure. E dire al mondo che io sono mala, non sono una donna per bene.<br />
Non voglio essere amata per ciò che non sono. Ma per ciò che sono, per il mio discorso di donna, che non è quello di una donna per bene, quella che mio padre voleva che fossi, quella che tutti gli uomini cercano in fondo.<br />
Non
voglio chiedere più perdono a me stessa e agli altri di essere così: ossessiva, altrove, infedele, mutevole,
totalmente libera, presuntuosa, selvatica, a volte materna con esseri
fragili e vanitosi.<br />
Voglio scrivere e dedicare le stesse parole a uomini
diversi e dire ogni volta: è la prima volta..<br />
La prima volta per il mio discorso.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-9068551918661218112015-10-05T02:09:00.001+02:002015-10-05T02:09:37.347+02:00La mia normalità è la mia autenticità......E non è quella di mio padre.<br />
"Non correre Annalisa". "Non mettere questo". "Non sta' bene questo".<br />
"A me gli altri, l'altro non interessa. Me ne fotto dell'altro!!".<br />
Lo dicevo alle medie, al liceo.. poi mi sono adeguata a suon di punizioni, reclusioni, soffocamenti.<br />
Ma ero saggia. L'altro erano le paure di mio padre nell'avere tra le mani una forma informe che tendeva a trovare una forma autentica, magari anche brutta, ma autentica.<br />
Ieri sera con Elena abbiamo lavorato la bruttezza della Mala. Sta' tentando di portarmi in un'autenticità che grida e lotta con questa Daurine normale e senza verità.<br />
Le prove erano alle 19. Lei è arrivata un pochino dopo. Io urlavo in mezzo alla strada con Diego al telefono.<br />
"Non ti permettere più di chiamarmi cretina o di dirmi quello che devo o non devo fare! Quello che devo scrivere o meno!".<br />
Sembra lo stesso copione.. lo stesso.. Come urlavo con mio padre, in casa..<br />
"Avevo il vizio di sbattere le porte da bambina se qualcuno mi faceva arrabbiare.." dice ridendo Elena. E' una battuta della Mala.<br />
"L'avevo rotta io.." continuo io..<br />
Rompevo maniglie, cose... così faccio con lui. Con Diego.<br />
Ma non "rompo" lui. Rompo cose. Oggetti. Mi sfogo su ciò che è inanimato. L'unica entità vivente ed animata che uccido è me stessa, parti di me.<br />
Elena si gira una sigaretta. Ride e dice: "Lisa, ma quando lo lascerai?".<br />
Lui fa sempre così. Mi allontano. Ci ritroviamo. Poi appena inizio a prendere il volo artisticamente o sente odore d'indipendenza, mi da' una zampata per buttarmi a terra.<br />
"Alla fine lo hai idealizzato. E' un mediocre. Vuole una vita mediocre. Non potrà mai cambiare".<br />
Per un tempo è stato interessante, per la mia crescita. Ma ora. Ora non esiste niente d'interessante a livello affettivo se non... me.<br />
C'è un universo sotto. Giù. Appena sopra la mia vagina, le mie ovaie, che nascondo. E' quella verità e autenticità che terrorizzava mio padre.<br />
"Non dire quello che pensi". La negazione del sé.<br />
Probabile che sia questo "Sé" laggiù. Tra la mia vagina e le mie ovaie a voler uscire.<br />
Sono insicura. Piena di nevrosi e scivolo nell'autismo a volte.<br />
Elena ride. Suresh si arrabbia e mi odia. Gli altri da me, mi vedono strana. Ho paura di tutto. Di me. Continuo a pensare di non valere niente. Distruggo ogni cosa che costruisco. Devo solo avere la fortuna d'incontrare qualcuno che mi ami più di me per non buttare via tutto o aspettare la fine.<br />
<br />
E' domenica sera. L'ultima nello spazio di Giacomo. Stiamo provando nel suo spazio da una settimana. L'ho trovato grazie ai ragazzi di IT Festival. Lo spazio è carino. Ci sono due pianoforti. E il suo studio con scritto "Private", ma siamo entrate io ed Elena. Come due bambine. Un mondo a sé.<br />
Giacomo è un insegnante dell' Accademia di Brera.<br />
Ci siamo innamorate del suo spazio. Ci sono scatoloni con alcuni libri scritti da lui: "Gli uomini non possono essere violentati".<br />
E poi un altro libretto che nasce come rilettura della Tosca. M'incuriosisce. Ha gli occhi blu. Avrà quasi cinquant'anni. Forse è più giovane di Diego.<br />
Io ed Elena siamo alla ricerca di uno spazio. Una compagnia di Sesto ci ha proposto di condividere a 250 euro lo spazio con loro. Ma a me non piace molto. Neanche ad Elena.. Sembra un po' un crocevia di arte al chilo. Troppa gente.. corsi di kapoeira, yoga, concerti rock per rianimare il quartiere e teatro sociale. Che cacchio è il teatro sociale? Sono diventata intollerante ad ogni forma politica e psicologica dell'arte. L'arte e arte. Non c'è politica o psicologia. Ma solo bisogno ed esigenza di...<br />
Spiegherà chi non sa amare. Per proteggersi.<br />
Palesiamo a Giacomo il nostro desiderio di restare a provare nel suo spazio e condividere con lui l'affitto, ma non è aperto. Ha paure. Si segna in agenda. Scrive sul tablet.<br />
Elena voleva sedurlo, ma io avevo capito subito fosse gay. Eppure ha quella sensibilità artistica che mi fa capire che quello, il suo spazio è il posto giusto.<br />
Ma vuole troppi soldi per condividere un affitto. Gli scrivo che per noi è troppo.<br />
Due giorni dopo mi risponde dispiaciuto. E mi chiede di poter assistere ad una prova. Si presenta questa sera. "Esco dal cinema e vengo a vedervi".<br />
Io sto' provando con la mia collana. L'orata è solo un pesce finto ora. Perché quello vero ormai puzza troppo e non riesco ad entrare in sintonia con lui, sin nell'osceno.<br />
Così inizio.. Giacomo si siede e mi guarda. Anche Elena. La mia bruttezza in scena va oltre le parole. Ma le parole sono ancora così forti.. M'interrompo. "Scusa Giacomo, ma sto' cercando ancora..".<br />
Lui si toglie le scarpe e si mette al centro e mi fa vedere due cose che potrebbero cambiare. Con tatto poi mi dice: "Ma il testo di chi è?".<br />
"Mio!" rispondo con orgoglio..<br />
"Molto bello", dice. E poi si apre. Dice che sta' per diventare padre. Con il suo compagno. Che la madre è un utero in affitto. Un utero americano. E i gemelli stanno per nascere a novembre. Come nella mia storia. Prematuri. Pare nascano prematuri. Come la mia mala.<br />
Nel mio testo parlo del mare nero.. di maternità, d'infanzia e di una diversità. O di una normalità che tenta di essere autentica anche se non risponde alle regole.<br />
E Giacomo ha gli occhi rossi. Anche se la mia interpretazione non è ancora perfetta, lui ha colto. Si è ritrovato. In tutto quel mare, in quel novembre imminente, in quella violenza. Che forse è stata anche la sua.<br />
"Ragazze, io vorrei non perdervi. Mi piacerebbe avervi qui e che continuaste qui il vostro progetto.. quindi ve lo lascio al prezzo che riuscite a pagare. A me fa piacere che qui resti l'arte".<br />
Ci abbracciamo. Ci siamo capiti o trovati. Ci augura buon lavoro e se ne va con garbo e gentilezza.<br />
Mangio due pesche di fila. E mi fa male lo stomaco.<br />
"Lisa, vedi... ma smettila di dirti che non sai fare.. di giustificarti... di non riconoscere la tua propria forza.. siamo state brave. A lui è piaciuto il lavoro. Ha sentito un'onestà.. ".<br />
Si sono contenta. Usciamo. Divento ansiosa.<br />
Accompagno Elena a casa. E prima di lasciarla penso: "Ma c'è il riscaldamento nello spazio?". Elena ride.<br />
Ma io torno allo spazio e controllo tutti i termosifoni. Nella mia nevrosi. Controllo tutto. E non c'è niente che non va. Quel luogo è perfetto. Giacomo lo è. Elena è la persona giusta.<br />
Non ho più scuse per abbracciare la mia normalità che è la mia autenticità.<br />
Che non è quella di mio padre...<br />
<br />
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-15491261846955588602015-10-01T01:35:00.003+02:002015-10-01T01:39:14.387+02:00Tropico del cancroUn vestito nero. Una sala prove. Il mio pesce congelato da maggio. Le sue carni puzzano.<br />
Il mio copione. Elena e il suo quaderno. Li seduta a guardarmi e ad amarmi.<br />
Regista lei, attrice e drammaturga di me stessa io.<br />
Si è trasferita a Milano per un lavoro al teatro I che le avevo suggerito. E per me, noi. Per la compagnia. "Siamo solo io e te". Dice ridendo lei. E' abbastanza per essere una compagnia. Per i miei gusti.<br />
E' così difficile incontrare qualcuno che risponda alla tua mancanza. Alla necessità di raggiungere quel mistero che non si colmerà mai. Infatti ci chiamiamo Misteria. Dal significante russo.<br />
La sera prima siamo andate a vedere a teatro uno spettacolo. Non ci era piaciuto.<br />
Siamo uscite nauseate e confortate allo stesso tempo. Confortate rispetto al nostro progetto, ma poi io mi sono persa: "Se questo è il teatro acclamato, premiato e criticato, che senso ha tutta la nostra ricerca?".<br />
E così, io sono andata a casa e mi sono lasciata travolgere dal malessere e da questa impotenza. Lei invece, dormendo con la croce della chiesa di fronte la sua finestra, è tornata il giorno dopo alle prove piena di forza.<br />
"Lisa, devi leggere il Tropico del Cancro di Miller".<br />
Inizia così. Siamo tutte e due nella stessa situazione. In questo nostro perderci e nasconderci dietro a uomini. Di cui vogliamo prendere l'anima.<br />
Come Camille Claudel. Come la Spillrein. Fantasmi che nascondono la nostra essenza.<br />
Anche lei sofferente per la fine della storia con il suo scrittore e io in equilibrio sofferente con il mio pianista. Ma chi sono questi uomini?<br />
Il suo la tradiva andando a trans e con altre pseudo artiste di un collettivo a Torino, e il mio ... beh.. il mio.. è già storia.<br />
Ride. "Leggi il Tropico Lisanka, ti aiuterà. A me sta' aiutando".<br />
Elena è russa. E' una presenza importante e rassicurante nella mia vita. Più giovane di me, ma già grande. Stiamo imparando tanto insieme. Abbiamo un'idea comune del teatro. E stiamo sperimentando la nostra umanità. Principalmente. Mai come in questo periodo il teatro e l'umano nel mio percorso si stanno toccando. Unendo. Confondendo. Amando.<br />
"Chiediti perché fai la mala". Mi aveva detto Diego la sera prima. Lui non crede più. Magari non ha mai veramente creduto nell'arte o in questa idea dell'arte così sacra ed assoluta.<br />
Gli avevo risposto con un: "E' un'urgenza.. un'esigenza..". In fondo non lo so perché la faccio. O non così bene.<br />
Per me è come andare in bagno. Fare teatro e scrivere è come defecare senza problemi ogni giorno. Ecco, non è un'immagine santificante, sacra ed elevata, ma così è.<br />
Anche l'amore non è poi così elevato. Anzi.<br />
Non funzionano le prove. Sono troppo presa dalla mia emotività. Dal mio ego per buttarlo sul pubblico. Sono lì che piango e rotolo. Sbavo e piango ancora.. tutti liquidi che spargo sul linoleum.<br />
"Lisa, cerchi compatimento.. perché? Sei troppo bella.. vai oltre.. cerca la tua bruttezza.. deformati".<br />
E' sempre così. Il testo che esce da me si scontra con me. Ho paura della mala. Ho paura del mio stesso testo.<br />
La data è il primo novembre. Devo sapere affrontare il dolore delle doglie.<br />
Un'improvvisazione e la cosa si scioglie. Un po'.<br />
Usciamo. Sono in totale paranoia. Cieca. Ancora cieca.<br />
"Lisanka devi proteggerti da tutta questa emotività. Veicolarla". Non so neanche come sia proteggersi.<br />
E' una lezione umana che mi manca.<br />
Perché faccio la mala? Manca un mese. L'ultimo mese di gestazione e mi sento pesante. Mai come ora mi sono sentita madre e in relazione con la mia maternità.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-11818374321796947232015-09-25T16:58:00.002+02:002015-09-25T17:33:32.762+02:00True love waits Fermiamoci su questa paura di essere ferma.<br />
Cosa significa essere ferma per me? Significa paura di perdere il mio corpo. Il buio. E l'attesa. E l'incapacità di essere responsabile in questa attesa.<br />
Torniamo indietro. Il mio corpo è tornato a darmi segnali. Il polpaccio. Mi sono fatta male.<br />
Qualche giorno fa ero ad un corso di Excel. Ancora. Corsi su corsi. Diego. Sono stata da lui il fine settimana. Dolore e incomprensione ancora con lui. E così io corro e corro. Chilometri su chilometri. E il polpaccio mi ha lasciato. Mi ha detto basta.<br />
<br />
Sono andata in Liguria da lui perché dice che stiamo insieme. E io lo dico a me stessa. O mi lascio convincere quando attorno a me milioni e milioni di segnali...<br />
Ma c'è una bambina in me che ancora spera che le parole siano vere.<br />
Stiamo in casa. Lui mi fa vedere un libro su Agassi. Non legge mai eppure quello lo comprerà. Gliel'ha consigliato Romina. Una delle sue amiche. Eppure non lo dice. Io lo so.<br />
Passiamo un fine settimana dove io sono al suo servizio. In questa casa vista mare.<br />
Lui va a giocare a tennis. Io lo aspetto con Jack e gli cucino. Ho imparato a cucinare. Imparato..<br />
Ne sono sempre stata capace. Ma per me significava essere una donna sfigata. Era il mio modo di fuggire alla donna che mio padre voleva che io divenissi.<br />
Così correvo forse verso l'estremo per la disperazione di non volermi rassegnare di morire in una forma che non mi apparteneva.<br />
Ma per Diego ho messo uno sguardo creativo. Inventando anche lì. Per amore o perché lui possa un giorno amarmi di più. O vedermi o riconoscermi.<br />
Ma non mi vede. E' rispondere ad un suo bisogno di donna.. di rispondere ad un sua fantasma e di stare nella sua illusione di avere la mia intelligenza a suo servizio. La mia creatività che riempie la sua caduta in una spirale di pigrizia.<br />
Sono lì con il mio pc. Al telefono con Matteo, il ragazzo che sta' producendo. Deve finire la sua biografia da mandare a Sanremo.<br />
"Annalisa, fai tu. Parlaci tu". E sono lì, al telefono con il ragazzo, a correggere e cucire. Mentre lui cucina il polpo con le patate per la sera e fuma fuma fuma...<br />
Vado lì perché lui mi riconosca. Nella speranza che lui mi riconosca e mi ami di più.<br />
E divento quello che non sono.<br />
Tanto lui non modificherà mai se stesso. Lui starà sempre lì. Nella casa che ha comprato per sé. Ha lasciato Milano. Che io ci sia o meno è la stessa identica cosa.<br />
Scrivo il soggetto per il videoclip. Al telefono con Matteo e poi lui con l'agenzia che lo segue.<br />
Diego guarda le partite.<br />
Parto e so che vuole che io me ne vada per continuare a fare le sue cose. Vuote. Sono un po' un peso nella sua quotidianeità fatta di ripetizioni e della sua idea di libertà di "faccio quel che mi pare".<br />
Arrivo a Milano e so che è in chat con questa Romina. Ora è lei che riaccende le sue fantasie erotiche.<br />
Una vecchia amica. Più vecchia di me. Eccitante perché lontana e solo nelle sue fantasie. Priva di responsabilità.<br />
E tutto questo non c'entra con l'amore. Non posso più andare da lui perché mi riconosca. Cosa riconosce se la sua vista è parziale e limitata a se stesso?<br />
La bugia di essere quel che non sono. Quello può riconoscere. Non potrà mai amarmi fino in fondo. E non posso demandare ad altri la responsabilità di amarmi e riconoscermi.<br />
Illusioni. Per mancanza di coraggio. Scendere nel tentativo di una riconoscenza. Di un abbraccio verso la mia essenza. E' un'illusione.<br />
Scendo per perdere me stessa. Quella donna sul tavolo che sta' tentando di nascere e che io combatto con tutte le forze di una Daurine impaurita dalla verità e dalla forza di questa Mala che deve andare in scena a breve.<br />
Oublier.. Il faut tout oublier et tuer Daurine. Il faut la tuer. Prima che il conflitto riduca in cenere ogni mia verità.<br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-87668911585025670042015-09-19T22:06:00.001+02:002015-09-19T22:06:48.365+02:00LA SANTA TRINITA'<div style="text-align: left;">
Era una poesia in origine. </div>
<div style="text-align: left;">
Di
questi anni e giorni con te. Di cui mi porto via più strati o sensazioni.<br />
E' tutto cambiato.<br />
Da tempo e nel tempo. Con costanti e dolorosi atti di forza. Rendendo oggettivo e fuori di me tutto ciò che mi ha fatto male.<br />
Mi è stato detto che fare del male all'altro è inevitabile. E che L'altro non esiste. In una virale filosofia di autoprotezione. Per annullare le scuse e nascondersi dietro all'impotenza umana. Questa impotenza umana in cui mi trovo a vivere e ad assumere. Perché mia. Che ho e spero e tento di superare ogni giorno.<br />
Ed ora resti tu. Ti ho protetto anche dopo una separazione analitica. Voluta da me. Per rispetto? Amore?<br />
Amore per me stessa e un passato di lavoro costante. In un' analisi dispendiosa in tutti i sensi.<br />
Finora ho capito che l'amore, la mia grande domanda, esiste. Ma demandavo tutto ad un uomo. Un maschio. Lo avevo eletto a portatore di tutto questo mio bisogno di amore.<br />
Per poi metterne in dubbio l'esistenza. Di questo amore.. Tanta energia, tanta fiducia, tanta forza.. Ma per l' "altro".<br />
Non per me. Non per la mia autenticità.<br />
Allora in questo senso, forse, l'altro, non esiste.<br />
Anche se esistono gli altri. Gli esseri umani e gli individui diversi da noi. Con cui ci rapportiamo in un reciproco sguardo di specchi.<br />
Io non ho studiato psicologia. C'è stato un momento in cui avrei voluto. Ma di passare per moduli ed esami imposti, non lo sentivo autentico.<br />
Così sono andata in analisi. Un po' alla cieca. Giovanni l'ho trovato sulle pagine gialle online. E mi sono fidata di lui. Dieci anni fa. Avevo solo la fiducia da mettere in gioco oltre ai miei pochi soldi. Guadagnati con un lavoro che non mi apparteneva.<br />
Perché la fiducia è la base di ogni rapporto. Lo è?<br />
Ho letto Lacan. I libri che mi aveva consigliato Giovanni. E i libri di J.Hillman che semplifica tanti concetti analitici rendendo tutto più tangibile e meno riparatorio o intellettuale. L'ho trovato più onesto. Più onesto... Nel discorso.<br />
Ho visto i films consigliati in analisi e poi ho iniziato un mio percorso. A teatro. Con la musica. Perché non sono mai stata totalmente obbediente. Una vocina mi ha sempre detto di obbedire a me stessa. E non all'altro. Forse già sospettavo che l'altro non esiste..<br />
Volevo la verità. La mia. Chissà che non sia per quello che io abbia iniziato a fare giornalismo. E poi teatro. E mi sia buttata in una scrittura sempre più viscerale. Anche con te.<br />
Mi trovo a scriverti perché inizialmente lo ha voluto Giovanni. E inizialmente eri una serie di parole ed argomenti poco ordinati. Alimentato da Mattia che ha preso la parte grafica di te. Ti ha vestito. Ma i contenuti sono morti e rinati per la superficialità sua. E mia. E di Giovanni. Nostra. Di un trio che non si è mai parlato. O non più. O mai più. Per ipocrisia. Per mancanza di spessore e di attenzione. Anche mia. Mancanze anche mie. Ma alla fine, chi è morta un po', sono stata io. Ma solo un po' e per per fortuna forse. E comicamente proprio nell'assenza della parola. Nessun suono di verità. O di coraggio. Ma solo apparenza. Neanche il mio. Neanche il mio coraggio.<br />
Ora lo trovo nel riempirti di amara e sicuramente scomoda verità.<br />
Così, in principio eri le "Comiche" per evadere alla drammaticità della mia esistenza. <br />
Ma la verità è anche che dopo una separazione analitica, ho finto.<br />
Non ho urlato più il mio dolore per un rapporto analitico morto nel e per un "tradimento". Non fisico, no. Sarebbe stato più semplice. Ma dell'anima. Quella quando si rompe si ricompone a tratti. Forse mai. Mai del tutto.<br />
La mia ferita cerco di sanarla ogni giorno. Quella antica. Eppure sanguina e si vede. Anche se i miei occhi gridano amore. Amore. Amore. Amore.Amore. Amore. Amore.Amore. Amore. Amore.Amore. Amore. Amore.Amore. Amore. Amore.Amore. Amore. Amore.Amore. Amore. Amore.Amore. Amore. Amore.....<br />
Voglio riempirti di questa parola. Perché esiste. L'amore. Anche se non se ne parla mai. O se ne parla confondendolo con la plastica. E allora brucia. E se brucia, puzza. E il mio ha puzzato. Ma se puzza e se ha puzzato è stata solo colpa mia.<br />
Perché l'amore è un'armonia costante di desiderio da alimentare. Senza il fuoco di una passione che serve, ma muore.<br />
Ma è un desiderio costante da alimentare e curare. Nella verità. Che sfocia nella fiducia.<br />
Verità, Fiducia, Amore: la Santa Trinità.<br />
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-72219539348446967942015-09-16T16:16:00.000+02:002015-09-16T21:49:48.362+02:00E se fosse il mio ultimo sguardo?Sfioro la pancia nel dormiveglia. L'estate è passata in un lampo. Sta' per cambiare il numero che mi catapulterà in un nuovo decennio.<br />
E sfioro la pancia. Sono in ospedale. Guardo nello specchio di profilo il mio ventre. E' la scadenza.<br />
Mi hanno portata in ospedale. Anche se non sento dolore. Sono andata a correre. Sono riuscita a correre fino all'ultimo giorno.<br />
"Sdraiati". E' mia madre che me lo dice. Ha i suoi occhiali scuri. Quelli post operazione. La luce le da' ancora noia.<br />
Non riesco a stare ferma. Mi sfioro la pancia e la guardo con una sorta di orgoglio. Anche il mio corpo. Non è cambiato. C'è solo la pancia.<br />
Arrivano le infermiere e le ostetriche. E mi dicono di sdraiarmi e calmarmi. E' la scadenza. Non sento i dolori. Mi chiedo se saprò sopportare il travaglio. Il dolore del travaglio. Lei sta' per nascere. E' una femmina. Lo sento anche se non ho voluto sapere il sesso. Ma so che è una femmina. Ho già un maschietto. Mio nipote. Che per me è come se fosse un figlio.<br />
Viene in ospedale anche lui. Con mio fratello. Lo abbraccio e lo stringo forte e lo chiamo "Amore mio..". Ride con i suoi occhietti azzurri e furbi. E mi tira i capelli.<br />
Chissà se andrà d'accordo con lei. Metto le mie mani sulla pancia. E' così piccola la mia pancia. E lei come sarà?<br />
Passano le ore. Sono stesa sul letto. Mia madre seduta accanto a me. Vorrei andare via. "Quanto tempo devo aspettare perché arrivi il momento?". Sono quasi otto ore che sono lì.<br />
Arriva l'ostetrica. Ha una tenaglia. Uno strano strumento. Mi controlla. Mi visita la pancia. La pressione. E la dilatazione. Le dico: " Tutto calmo".<br />
Siccome non parla, dico: "Non farete mica il cesareo?". Non voglio essere aperta. Voglio affrontare il dolore delle doglie. Farla uscire dal mio sesso. "Un parto naturale.. sarà un parto naturale.." mi conforta l'ostetrica. Eppure lei, dentro di me, è calma. Non vuole uscire.<br />
"Quanto tempo devo stare in ospedale dopo il parto?". Chiedo a mia madre. "Solo due o tre giorni. Ma solo due se è naturale e tutto va bene".<br />
"Ah, allora posso andare a correre... Solo due giorni senza correre..". Mia madre mi dice che sono matta. Che mi devo calmare. Che devo attendere o sapere attendere di più.<br />
Eppure ho l'ansia del movimento. Lei correrà con me. Anche se la sento più calma. E diversa. Diversa da questa madre iperattiva e piena di desiderio in movimento. E' altro da me. Metto le mie mani sul ventre.<br />
Sono felice. Sarà una nascita piena di gioia e non ho paura anche se non c'è suo padre. Non c'è suo padre. Non ci sono uomini attorno a me. Se non proiezioni. Quello più presente è mio nipote.<br />
Poi mi sveglio. E la pancia non c'è più.<br />
Mi sono mossa nel sogno. Come sempre. Cambio posizione e faccio capriole.<br />
Ho la testa dove dovrebbero stare i piedi e i piedi sul cuscino. Dormo al contrario. Eppure solo così mi addormento.<br />
Ma lei non c'è più. E' sul tavolo. In cucina. 30 pagine. Riscritte. Finite. E' tutta lì. Devo solo affrontare la parte più difficile e il dolore che si porta dentro. Ma sono felice. Lei è più grande di me.<br />
Più bella di me. Più autonoma e finita.<br />
L'ho riscritta in agosto. Con Elena e grazie ad Elena. Solo una donna poteva aiutarmi a partorirla.<br />
Ora è lì. La data è a fine ottobre. A Torino. E ho paura. Del travaglio. Manca un mese.<br />
E non ci sono uomini. Non ci sono uomini.<br />
Ma c'è l'amore. E' lì. Sul tavolo. Scritta da me. Ma non sono più io. C'è l'oblio. Dimenticare. Per trovare me stessa in una perdita di crescita.<br />
Qu'est-ce qu'il nous reste? Oublier. Il faut oublier. Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-47450439703741320542015-09-16T15:47:00.002+02:002015-09-16T21:50:35.391+02:00ERALDO<!--[if gte mso 9]><xml>
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<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Mi vedi? Chi
sono? Cosa sono? Arrivo alle 23h30. Lui è giù a Vernazza. E in casa non c'è.
Arriva in motorino. Sono dietro di lui. Nascosta dietro la sua auto. Non mi
sente. Non mi vede. E' buio, ma faccio rumore. Le mie dita scontrano la
portiera della sua auto. E' al telefono che mi chiama. Non ha neanche capito
che il mio cellulare a casa sua non prende.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">"Buh!".
Salta e dice: "Porca troia!" e continua con una serie di parolacce
mentre io rido e rido… Perché è come un bambino che non vuole crescere.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">"Ma sei
cretina a farmi questi scherzi? Potrei rimanerci..". Lui è tutto lì..
Fermo. Mentre io sono in movimento intorno a lui. Si è rifugiato nel mio mare
perché ama quella bellezza da dove provengo e s'illude di trattenerla e di
trattenersi. E' ubriaco. Lo sento al primo bacio e mi arrabbio. Dice: "Ma
no, ho bevuto solo un po' ". Poi scendiamo a Vernazza. Vado in casa a
lasciare le valigie, le borse, il microfono, il vestito della Spiaggia che mi
sono cucita e che interpreterò in paese per la festa mentre lui suonerà.
Scendiamo in motorino con Jack. Il suo cane che è anche mio. O nostro. Giù
c'è Eraldo. Un personaggio che andrebbe bene nella Mala o nella Parola dell'Altro.
Nei miei progetti diseducativi o antieducativi. Legati ad una disobbedienza.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Eraldo ha tre
figli, due mogli, o ex mogli. Lavora se ha lavoro. Le cose più belle nelle case
di Vernazza le ha fatte lui. Non le ho viste. So che vive in una stanza del
paese. Me l’ha detto Diego. Io non sono mai andata troppo sul personale. Perché
essendo riservata io, non sopporto di invadere i confini dell’altro. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Ma è un
artista. Lo percepisco.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Eraldo sa
tutto del paese e della storia. E' talmente estremo e fuori delle regole che lo
capisco. Non servono tante parole con lui. Poi io sono nata lì, in Liguria,
anche se mi dice: "Una spezzina milanese non l'avevo mai
vista". Lui ha scritto un pezzo in difesa di questa spiaggia
selvaggia nata dalla violenza. Anche lui come me o come molti in paese non
vogliono che venga chiusa. A parte per la bellezza, ma anche per la simbolicità
che si porta dietro.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Sono andata
lì una notte di due anni fa. Con Diego. A baciarci di fronte al mare
nero. Quando lui stava con Maria Teresa e ripeteva che non ero adatta a
lui perché la tavola alla 20h30 per cena non gliela avrei mai saputa far
trovare.. Ora siamo lì insieme a "lottare" perché non la possano
chiudere. La nostra spiaggia. Ho scritto un monologo. E interpreterò
questa spiaggia. O me stessa poi.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Parlo con
Paola, una cantante amica di Diego e di Eraldo. Poi arrivano Massimo ed altri. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">"Ho
perso il portafogli". E’ Diego. Sono anni che si perde tutto. Mi basta
assentarmi un attimo perché si perda pezzi di sé. Sono seduta in piazzetta
vicino ad Eraldo. Sembra Osho. Fisicamente. Io non parlo e lui non parla. E' un
dialogo tra liguri perfetti. Diego sta' parlando con alcuni ragazzi. Fumando.
" Non compra neanche la casa nel bosco di Bonassola". Eraldo
interrompe così il silenzio tra noi." Dici? Per me andare a vivere lì con
lui è davvero complesso. Non potrei per sempre come vorrebbe lui". Eraldo
sorride e sornione mi dice: " Eh lo so.. te non sei donna da spiaggiarsi.
Sei una sirena". Poi passano dei ragazzi e uno fa degli apprezzamenti.
Diego mi guarda come fossi un aggettivo possessivo." Se guardi così hai
paura che te la portino via..". Poi rientriamo. E mentre lui va a prendere
il motorino, Eraldo mi dice "Ma ti fidi di lui?". E dico: "Sono
tre anni ormai che ci nuoto dentro..". Lui ride e dice: " Allora vuol
dire che quando portava qui la bancaria c'eri già e le faceva le corna". E
io ridendo: " Lì chi facesse le corna a chi non si è mai
capito..". Poi incalza " Ma tu ti fidi di lui?". E con un
sorriso gli dico: " Mi fido di me. Mi basta questo". Poche parole.
Uno sguardo e tra liguri emarginati in modo diverso dalla nostra terra, ci
capiamo. Salgo in motorino con Diego. Jack con noi. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Il giorno
dopo è la serata in difesa della spiaggia. Come sempre il tutto è organizzato
un po’ “superficialmente” e non so bene se chi debba sentire le nostra urla ci
sia. Ma tra il pubblico intorno alla grotta che porta alla spiaggia nuova, ci
sono tanti bambini, persone del paese, la mamma di Diego, Diego, ed Eraldo.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Lui è
Vernazza. Finita la serata, non gli parlo ancora. L’urlo della spiaggia mi
appartiene. Me ne sono andata a diciotto anni per non essere chiusa o
bonificata. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Arriva
Ferragosto. Diego suona al Blue Marlin con altri musicisti arrivati da Milano.
Sembra così viva e ancora più bella Vernazza avvolta dalla musica.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Eraldo è
sempre lì. Ad ascoltare. Si confonde tra le pietre e le case. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Finita la
serata, scendiamo in piazzetta. Mi siedo vicino a lui. Diego sparisce.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Eraldo ha un
tatuaggio sul braccio. “L”. Gli chiedo chi sia questa “L”. E mi racconta la
storia di una ragazza amata in gioventù. Non era di Vernazza. Veniva lì in vacanza.
Non aveva una gamba. “Ma era bellissima” mi dice. La corteggiava con garbo.
“Per farle di-capire che non la di-volevo di-prendere in giro”. Mette la “di”
davanti alle parole perché ha avuto un problema di “balbuzie”.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>E quando finisce una frase mi guarda per
mettere il punto. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Insomma, alla
fine “L” e Eraldo passano una notte insieme. Lei si fida di lui.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">“E poi?”.
Chiedo. Perché lui si è interrotto salutando qualcuno nel movimento della
piazza a Ferragosto. “Ah, non l’ho più vista. E’ sparita”.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Ma è sul suo
braccio. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Diego arriva.
Sbuca fuori dal bar. Lo stesso dove aveva perso il portafogli. Ha un bicchiere
in mano. “Lei ti voleva intervistare su Vernazza”. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Si, ma alla
fine è più interessante l’umanità di Eraldo. “Chiedimi di-quello che vuoi di
Vernazza. So tutto” dice lui. E così l’argomento si sposta lì. Sulla piazza che
dopo l’alluvione è una schifezza e “una vera presa per il culo”. Le luci. Lo
stile. Tutto. Come le fogne vicino alla spiaggia nuova. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">E mi conferma
le ragioni della mia fuga a diciotto anni. Una gestione in mano alla mafia. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Non gli dico
che scrivevo per Il Secolo XIX. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Ho scritto
per anni. E spesso in difesa dei luoghi. Non gli dico che anni fa un
giornalista di Der Spiegel mi contattò perché aveva scoperto, con un’inchiesta<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>partita dalla Germania, che<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ilaria Alpi, una giornalista che amavo, era
stata uccisa proprio perché aveva scoperto un traffico di armi e di rifiuti
tossici che dall’Africa finivano sepolti nella mia terra.. Nelle discariche.
Intorno a Spezia. Sotto la terra che io amo tanto. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Questo già
nel 94, quando avevo diciotto anni. E pensavo di poter salvare il mondo. Al
giornale mi censurarono. Mi dissero “Tutta Spezia e la Liguria è piena di
rifiuti tossici e di mafia.. mica possiamo metterci contro..”. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Questa fu la
ragione per cui me ne andai a Milano. Per salvarmi forse. O per codardia. O
forse perché non ero abbastanza forte per non diventare vittima anch’io di una
mentalità che ha rovinato un paradiso.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Questo ad
Eraldo non l’ho detto. Ma lui l’ha detto a me. A modo suo. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Lui è
rimasto. Io me ne sono andata. Ora ritorno e mi sento ancora legata alle rocce,
a questo mare. E vedo sempre di più il male.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Eraldo ha
reagito con la “violenza” alla stupidità delle persone del posto. “Sono stato
in galera”. Mi confessa. Non so perché. Ma penso che le sue reazioni forti,
siano solo forme di ribellione verso l’ignoranza.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">L’innocenza è
una colpa. A volte lo è.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Poi non so
perché, ma torno agli affetti. Gli chiedo delle sue mogli. Dei figli. Delle
mogli non vuole parlare. O non in quel momento. Ma verso i figli sento una
paternità vera. Presente.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">“Sai, quello
che mi di-manca è una carezza la sera. Quando torno a casa. Mica di
di-trombare. Ma un affetto, quello si”. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Poi mi parla
della solitudine. E mi ricorda Pasolini. Perché solo chi ha imparato ad essere
forte, può amare la solitudine e quindi vedere la vita. Quella vera.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Diego risbuca
dal bar. “Amore, andiamo via”. E’ completamente ubriaco. Mi viene da piangere.
Pianto misto a rabbia. Saluto Eraldo di fretta e gli chiedo se posso tornare da
lui ad “intervistarlo” o semplicemente ad ascoltarlo. Mi dice: “Quando vuoi”.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Vado via con
Diego e Jack. Diego si ferma poco dopo. Sulle scalette della farmacia.
“Lasciami qui un attimo. Poi mi riprendo e andiamo”.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">So benissimo
che non ce la fa. Non riesce ad andare dritto. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Vado da
Massimo e gli chiedo se può aiutarci. Non so portare il motorino e Diego non è
in grado di guidare.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Dopo varie
resistenze, Massimo chiama Eraldo. Gli lascia l’auto ed inizia il rientro a
Drignana più divertente della mia vita.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">“Tira giù il
finestrino se devi vomitare..” dice Eraldo ridendo a Diego. “Devi di-stare
attento. Mica ci sei solo tu: hai lei e una di-bestiolina”. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Nella radio
c’è un CD di musica classica ed Eraldo fa le curve da Vernazza a Drignana con
la sicurezza e la guida selvaggia che conosco. O riconosco. Perché da ragazza
con mio fratello e i suoi amici le vivevo tutte così. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Solo i “culi
bianchi” non guidano così. Sembra un rientro misto ad un horror o un film
surreale. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">“Tutto bene
là dietro?” mi chiede Eraldo. Certo che si. So che conosce quelle strade ad
occhi chiusi.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Ci lascia
sani e salvi davanti casa. Gli do’ un bacio pieno di riconoscimento. Anche
Diego lo ringra<a href="https://www.blogger.com/null" name="_GoBack"></a>zia. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">La mia notte
poi sarà difficile. Nella rabbia. Ma mi ha salvata il mio alter ego. Eraldo.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">I giorni
successivi torno a Milano. Rientro con uno spettacolo scritto in un pomeriggio.
Per il Blue Marlin. Per Diego e Pietro. Un musicista ed un attore. Due artisti.
Che omaggiano un po’ Vernazza e un po’ il locale che ospita musica. L’ho
scritto per Massimo che ha prestato la sua auto per portare su Diego. E per
Eraldo, che so che amerà.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Infatti la
serata viene bene.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">E dopo poco
Eraldo mi dice: “ Dovete ripeterla qui quella cosa lì..”. Perché lui vede la
vera Bellezza. E desidera solo l’amore vero per la sua terra.</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Non so
rispondergli. Me lo dice con gli occhi buoni e fragili nascosti dai capelli e
dalla barba bianca. Forte e fragile allo stesso tempo. Come me. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Ma io me ne
vado. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Tornerò a
Milano con il mare dentro e la solita sensazione di non aver mai fatto
abbastanza. O di essere fuggita. Lasciando lì a combattere parti di me. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span lang="IT" style="font-size: small;">Ma torno a
Milano con il mare dentro e gli occhi di Eraldo che mi dicono: “Mi di-manca
solo una carezza la sera”.</span></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-22151691339860990382015-08-05T02:35:00.000+02:002015-08-05T02:41:46.021+02:00L'innocenza è una colpa<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">Mi
disgusta il modo in cui respiri e te ne resti lì in basso a guardarmi. Sudata e
tremante. Il modo in cui muovi la bocca. Tenti di ripulire con la lingua le mie
parole dal tuo viso?</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">Gli
do’ quel che vogliono. L’adrenalina. Il mistero. La vita innocente che hanno
perduto. Dimenticato. Mai avuto.</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">Anche
lei. Cercava di farsi di sconosciuto ed eros, tra l’odore di pino e salsedine.</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">Vogliono
i frutti. Senza sapere distinguere l’odore del mirto da quello del pino.</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">Vogliono
i frutti. Dopo i primi, anche quelli futuri. Farsi di noi. Dei miei odori. I
tuoi.</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">I
frutti dell’innocenza. Chi è innocente non sa. Non vuole, ma si fa prendere e
si da’. Tu sei un innocente, non puoi avere coscienza, né volontà. Puoi solo
essere presa. Devastata. Violata.</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">L’innocenza
è una colpa.</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">Ho
il diritto di uccidere per difendere l’innocenza violentata. In un atto
d’amore, rivolgo a loro l’essenza, la sinestesia perfetta del mio odore
artistico.</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">E
in un suono concentrato di vita, li immortalo, li rendo oggetti artistici,
fermi ed eterni. L’arte è sempre stata diretta ai morti."</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<i><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">Amore
mio,</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<i><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">L'ho
riscritto. Il manifesto della Mala a Daurine. </span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><i>C'è un senso in questa cosa. Tentavo di dirti delle questioni al
telefono. Di me. Ma poi non so parlare bene. So scrivere. Non ho la politica
della parola improvvisata. Vado "random", poi riordino.</i></span><br />
<i><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"> </span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Non ci posso fare niente se ho il mare dentro. O il caos calmo.
Per citare dei films. Sarà la vita che ho dentro. Magari non è necessariamente
negativo come mi hanno sempre fatto credere. Essere come sono. Perché ci si fa
male e si sta' male perché si tenta di diventare quello che nel sociale ti
dicono che è giusto essere. Eh, ma io sto' male anche perché non so adeguarmi a
tante "boiate". E' un po' questo il problema anche.</span><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"> </span></i><br />
<i><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">La cosa dell'educazione. Questo tentavo di dirti. Ma non ci
riesco. Perché so che per te potrebbe </span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">essere</span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"> incomprensibile. </span><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"> </span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Avrei bisogno di chiudermi a scrivere. E' complesso da spiegare.
Come dire che c'è un senso di esistenza e per me placarmi sino alla fine della
mia ( di vita) è fare quello che faccio o vivere in pieno, appieno per quello
che ho e sento. E' una colpa essere come sono io? E' che a volte penso lo sia
quello di non essere attenta o con la mente da anima del focolare.</span><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"> </span></i><br />
<span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><i>Il problema con mio padre era anche questo. Forse più questo di
altri. Stare o essere risolvibile nelle sue equazioni. Ora non tenta più di
risolvermi a suo piacimento perché è invecchiato e forse maturato o cambiato. E
infatti mi ha accolta anche nell'ultima lettera. Tanto da dirmi che sono la
donna che ogni uomo vorrebbe avera accanto. Forse lui ora comprende che il mio
essere donna, diverso da quello di mia madre o del femminile che aveva in
testa, è comunque un modo "giusto" di esserlo.</i></span><br />
<i><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"> </span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Per questo piansi quando sentii tuo padre al telefono, in una
telefonata rubata, in cui mentre io ero nuda tra le tue braccia disse: "
Se tu sei felice, lo sono anch'io figliolo".</span></i><br />
<i><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Penso che ci sia l'amore
anche qui. E sicuramente anche lui ha messo una vita per capirlo e dirtelo. Per
accettarti mentre ti vedeva farti del male e non sapeva come fare. Perché
l'amore imparato ed educato non è autentico, ma fa solo danni. Non s'insegna ad
amare. </span><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"> </span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">Forse ci serve una vita per capire
cosa sia veramente l'amore. Ferendo gli altri e noi stessi attraverso gli
altri.</span><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"> </span><span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;">E magari è questa la mia
ricerca. </span><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Times;"><o:p></o:p></span></i></div>
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<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="color: #343434; font-family: Times; font-size: 14.0pt; mso-bidi-font-family: Calibri;"><i>Ti amo tanto. E non so bene perché. Forse per il mistero
anche. Forse.</i></span><span style="font-family: Times; font-size: 14.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-76937085159314556962015-07-03T02:28:00.003+02:002015-07-03T02:28:41.980+02:00UniversoE' davvero molto strano parlare con lui.<br />
Ero abituata ad un ambiente ridondante. A tante foto. O libri. A tanti input che erano pieni dell'ego dell'altro. Ad un certo punto non avevo più spazio. Non riuscivo più a respirare per un maschile che invece di farmi analisi, in realtà mi usava per la sua. E mi ha uccisa nell'indifferenza della sua superficialità.<br />
<br />
La stanza di Paolo è piccola. Fredda. Mi stringe la mano e ci diamo del "lei". Non mi fido. Ormai non mi fido più molto dell'incontro analitico.<br />
Penso che sia un mestiere che sta' più nella vocazione.. Troppo raro da mettere in pratica. Rasenta quasi la santità nella mia idea. E la santità non è cosa da essere umano. Credo non esista. O sia solo una costrizione.<br />
Tuttavia mi affido.<br />
Il mio rapporto con Diego è ripreso da più di sei mesi. Con alti e bassi. Con la passione dell'arte in comune. Così forte. La musica. E non solo.<br />
Dice che sono la sua "fidanzata" eppure io in questo periodo della mia vita sfuggo e temo ogni definizione. Soprattutto se arriva da lui che mi vuole decifrare, inquadrare. E più lo fa, più sfuggo. Andremo avanti così in eterno.<br />
Eppure il tentativo di unire le nostre diversità in uno sforzo reciproco m'intenerisce. Dice: "Dove vado senza di te?".<br />
Vivo nella dinamicità, lui nella stabilità delle sue finanze e nelle comodità. Che a me fanno paura. Ho trovato un perfetto equilibrio con il mio secondo lavoro che mi permette di essere libera al punto da vivere per l'amore più grande che ho. Il teatro. La scrittura. La musica. Funzionali alla vita che sento esplodere dentro.<br />
Diego mi dice: " Ho paura della normalità". Eppure si crea mondi dorati. Portandosi dietro sempre il piano, il mac e le sue paure. Lo amo anche per questo.<br />
Mi fanno ridere le sue paure. E i suoi tentativi goffi di non amarmi. Di non amarsi. Siamo ancora qui. Dopo tre anni di rincorse, rinunce, virus, tradimenti reciproci. Anch'io l'ho tradito.<br />
Eppure in questo momento della mia vita sento che il tradimento più grande sarebbe contro di me. E il vero amore. Che è il teatro.<br />
Parlavo della morte qualche sera fa con Diego. Lui non ne vuole parlare dopo la morte di suo padre. E' un argomento che non riesce ad affrontare.<br />
Ed io invece dopo IT Festival, la sera che sono uscita dalla rappresentazione della Mala, e ho visto i volti di quei ragazzini con le lacrime che si chiedevano se il mio pesce fosse vivo o morto.. e artisti più maturi di me che mi sono venuti a stringere la mano.. ecco, quella sera ho pensato "potrei morire adesso che mi sentirei a posto".<br />
E' come se avessi avuto la sensazione di toccare me stessa. A un punto tale che il dolore del non vivere che mi aveva portata da Giovanni.. perdeva ogni palpitazione.<br />
Ho capito che la mia rinascita e la mia vita non sono nella coppia. E' importante, ma il mio sé realizzato nella sua verità è più importante per concludersi e spegnersi nell'universo.<br />
La coppia è costruita per proteggersi dal dolore. Per celare la nostra impotenza. Mi ha sempre fatto paura l'idea di coppia. Individui che si mettono insieme per fuggire a se stessi. Per non sanguinare più. Perché con un po' d'intelligenza, il sé prima o poi esce. Soffocato dall'educazione. Dai messaggi di un sociale che ci vuole tutti uguali e omologati o inseriti. In cosa? In una morte in vita.<br />
"Andiamo a convivere a ottobre. Vivi da me. E quando torno dalla liguria ti trovo lì. Ma io diminuisco il bere, tu fai meno teatro".<br />
Rido. Perché pone il teatro sulla dipendenza autodistruttiva che ha per lui l'alcool. E lo vede come un tradimento. E' più geloso del teatro che di un uomo.<br />
Eppure io tra dieci anni, mi vedo sola in un teatro. Non vedo un uomo accanto a me. Mi vedo sola, con il mio amore dentro e un pubblico che fa l'amore con me.<br />
Non so che farmene di una coppia. Che mi porterebbe solo alla morte.<br />
Non fare il teatro. Non finire i miei progetti. Quello sarebbe morire. O uccidere me stessa. E io voglio perdermi serenamente nell'universo.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-4749097382510036092015-06-19T02:42:00.001+02:002015-06-19T02:42:21.666+02:00NikeNon abbiamo un corpo. Noi siamo un corpo.<br />
E' la base del teatro eppure con il mio corpo ho avuto un rapporto conflittuale in tutta la mia storia.<br />
Non riesco a parlarne troppo. O forse si. E' qualcosa che per me è scontato. Il conflitto, i passaggi e i resti.<br />
Nasco femmina e passo nella mia infanzia a confondermi con mio fratello. A desiderare di essere maschio per poter essere più libera, anche nei giochi.<br />
E' questione d'identità. E lo da' il sesso?<br />
Mi divertivo di più con i "maschi" eppure ero/sono "femmina" nella vanità. Ma non riesco neanche a comprenderla o a comprendere i miei passaggi. Accade l'incidente di mia madre. Finisce tutto. Anche i confini. Di me stessa e della mia crescita.<br />
Non riesco neanche a dirlo. Ho imparato a dimenticare, ma non il corpo. Il corpo non dimentica. La voce se ne andò. In un grido d'amore.<br />
"Dove sei? Ti ho vista andartene su di una bici. E perderti. Con la tua femminilità è caduta anche la mia infanzia. Il mio corpo e la mia identità si sono fermati su quell'asfalto".<br />
Il mio corpo. Lo guardo allo specchio ora. A trentanove anni. Ancora mi vergogno di lui.<br />
Dei miei seni per esempio. Troppo piccoli. Li nascondo o li esalto eppure me ne vergogno. Oso mettere vestiti "scoperti" e poi non sostengo lo sguardo dell'altro.<br />
L'unico modo che ho per sostenerlo è di pensare come un uomo o come una bimba che non si cura di com'è.<br />
"Per lei il corpo è un problema?". Guardo la Nike. La Nike di Samotracia. Il corpo mutilato. Dal tempo.<br />
Si. Lo è. La bellezza del corpo di mia madre. Il suo visto tumefatto. Un letto di ospedale e l'odore di chimica.<br />
Lei mi aveva carezzata il viso con la mano sinistra. Piena di ferite. Aveva un'escrescenza rossa. Mi faceva paura.<br />
"Sono così brutta che non puoi parlare?". Mi aveva detto di non farlo. Lui. Di non dire. Ma lei era veramente brutta così. In quel letto. Non era più lei. Aveva il viso tutto tumefatto e paralizzato. Non riuscivo a guardarla. E parlava male. Anche se si sforzava di restare mamma.<br />
Io non la riconoscevo. Non ho più parlato. Non mi sono più riconosciuta.<br />
Senza voce. Senza corpo. Solo le mie mani scrivevano. E la mia mente è allora che ha iniziato a fuggire in mondi paralleli. Ad inventare famiglie ed esseri con cui parlare per non impazzire totalmente.<br />
Il corpo di mio padre. E il mio che da piccolo ha iniziato a gonfiarsi per farsi vedere o fare vedere la mia sofferenza. Eppure niente. Stavo per scoppiare di dolore.<br />
Poi la fisarmonica. Mamma è rientrata nel suo corpo. Nel suo ruolo e ha rivisto me. Una dieta, un po' d'amore e sono rinata in un corpo da giovane ragazza. Ma il mio corpo non era. Non poteva essere.<br />
Lo sguardo dell'altro, del maschile, era proibito. Non potevo mettere gonne. Le mie gambe erano storte. Distorte dallo sguardo dell'altro.<br />
Così sono scomparsa dal controllo. Pensavo di fuggire al controllo sparendo alla vista, dalla vista dell'altro. E in questi meccanismi privi d'amore, tradivo il mio sé.<br />
Sono riuscita a guardarmi, a farmi toccare e penetrare solo nell'amore, nella fiducia dell'altro. In una lingua altra. A chilometri di distanza dalla dimensione di chiusura in cui ogni millimetro della mia carne e della mia vita erano stati rinchiusi. Sotto pressione. Sott'olio e sott'aceto. In conserva per un tempo e per il pasto dell'altro. Con la speranza di essere mangiata prima della scadenza.<br />
Ma l'amore ha ridato libertà alle cellule del mio essere, del mio femminile, della mia femminilità, del mio essere donna. Eppure non sono la stessa cosa. Femminile, femmina e donna.<br />
Ma li confondo in un corpo impaurito.<br />
"On t'a fait pour moi. Ici il y'a les ailes". Come la nike. L'amore di una lingua diversa. Di un uomo altro. Ha trovato le ali anche se non avevo braccia.<br />
Non avevo braccia, ma avevo ali. Ero stata fatta a pezzi. Il mio corpo di donna.<br />
Ancora adesso. Non ho più braccia. Né gambe. Ma ho le ali. Forse un giorno sarò libera, liberata da questa divisione. Dall'idea della mia educazione.<br />
Forse un giorno volerò nella liberazione da questo corpo. Senza tradire più. Forse il mio essere attrice mi concede l'eternità di un corpo mai avuto. Forse il teatro è la mia fortuna, sono le mie ali per vestire ruoli sempre diversi. Perché l'uomo muore, il personaggio no.<br />
Come la Nike. Una vittoria senza tempo. Senza corpo.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-65926141873932011532015-06-11T04:02:00.000+02:002015-06-11T04:02:08.845+02:00La costruttrice d'ImperiCiò che scrivo ti è spesso, apparentemente, incomprensibile.<br />
Ti lancio messaggi e segnali usando linguaggi diversi perché all'indifferenza ancora non so arrivarci.<br />
E' tutta colpa di questa cazzo di autenticità.<br />
Non lo sono. Sono la prima a non esserlo. <br />
E tuttavia continuo a scriverti e a buttare giù parole che hanno solo il potere di rimbalzare o romperti i coglioni o farmi dire "Ma sei matta?".<br />
Fammele scrivere le parole forti. O l'immagine di questi "coglioni". Perché delle buone maniere e della borghesia, non so che farmene.<br />
La verità è che l'adipe che c'è tra te e me, quel che resta, non so come buttarlo giù. Del tutto. Per ricomporre la mia fragilità. Sono un ossimoro: forte e fragile. L'ha detto pure il giovane analista. E' così palese questa cosa. E la sai bene.<br />
Eppure in un'altra epoca devo avere fatto sicuramente la resistenza, perché qui resisto, in nome dell'amore. Per un disperato desiderio di arrivare alla nostra essenza.<br />
Anche alla mia. Soprattutto forse.<br />
Non ho mai pensato di essere santa. Non esistono i santi. Non sono umani. E io amo l'imperfetto. Le tue imperfezioni che sono anche le mie. Soprattutto quelle perché nella loro risoluzione c'è tutto l'atto d'amore.<br />
Non lo sono. Santa dico. So essere anche perfettamente stronza se lo decido. E ho anche il vizio di non saper stare al mondo. Ai compromessi. Figurati che poi non so cucinare.<br />
A che servo?<br />
Io non ho costruito niente. Non sono stata capace neanche di fare un figlio.<br />
Davvero desideri che vada via con un altro? E poi dove trovi una mano tesa che trema come la mia?<br />
Stasera ho paura. Per la mia esistenza. Non te lo so spiegare il senso di inadeguatezza che m'invade da sempre. O si. Dovrei saper farlo senza avere paura di te. Per dare un senso a: " Fino a prova contraria stiamo insieme".<br />
<br />
Si distrugge perché non si è in grado di costruire e si distrugge ciò che non si è potuto ottenere. E spesso coincide con ciò che si è amato di più. Per l'incapacità di amare.<br />
Non so perché ma questa cosa mi è così chiara, per me, questa sera.<br />
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-66910103598683242082015-06-07T01:34:00.001+02:002015-06-07T01:37:19.951+02:00 Tirati fuori dalla tua stessa merda!Il sesso e il femminile. Parlo nel ripercorrere la mia storia. La mia biografia. Devo fare in fretta. Ne sto' parlando ancora. Con uno sconosciuto.<br />
Dico "fiducia" e poi " uomo" e poi il tutto si distacca per dire e mescolare più volte significanti come "femminilità" e "sesso".<br />
Non sono la stessa cosa. No. Non lo sono. Ne sono proprio convinta?<br />
Eppure il sesso è sempre lì in agguato per affermare la femminilità. Come se sia importante mettere il sesso nella femminilità. Come se essere femminile sia necessario nel sesso. Come se per essere femminile la pratica sessuale sia importante. Necessaria. Il tratto distintivo. Invece no. Non sono la stessa cosa.<br />
Insomma li confondo ancora nel mio inconscio. E' evidente.<br />
Fiducia. Torniamo alla prima parola. Non c'è vita senza fiducia. Nulla potrebbe avere luogo senza di lei.<br />
Ho interrotto il mio rapporto con John per un senso di tradimento e di mancata fiducia. Non mi è stato difficile farlo. E' avvenuto.<br />
Mr D. mi ha tradita negli anni e sono ancora con lui. In una relazione discontinua, ma è nella mia vita. Non riesco a chiudere con lui. Forse perché non mi sono data a fondo nell'anima con Mr D. E' una relazione con una fiducia limitata e consapevolmente limitata da parte mia. Non mi ha in toto.<br />
Di conseguenza è una relazione che resterà nella superficie. E magari durerà in eterno proprio perché non ci compenetreremo mai. Come tante relazioni.<br />
Eppure le due fondanti, quella con mio padre e con John dopo, le ho interrotte. Ho ripreso la prima questi ultimi anni in una modalità diversa.<br />
Ho interrotto per fiducia rinnegata la seconda. E' difficile fidarsi ora. E' il coraggio più difficile da trovare.<br />
<br />
Il sesso. C'entra nella mia sfiducia.Eppure lo confondo sempre con il mio essere femminile.<br />
E' un problema per me il femminile? E cos'è?<br />
Mi sono allontanata da mia madre per non diventare come lei. Da mio padre per non morire con lui. Eppure ancora mi unisco a uomini che non riconoscono la mia femminilità.<br />
Io non sono rassicurante. E' un problema? Si, lo è per gli uomini che scelgo di amare.<br />
Io non so cucinare e mi violento ad essere alle 20 puntuale a casa per cucinare per il mio fidanzato.<br />
Io non mi entusiasmo per una vetrina piena di scarpe, o borse o abiti.<br />
Io non so fare la geisha.<br />
Io non so stare al mio posto.<br />
Io. Chi?<br />
"Uomini che con me non si annoiano mai. Ma che poi scelgono la donna rassicurante. Che li coccoli in un abbraccio materno".<br />
"E' un problema loro".<br />
Ma io perché ancora soffro per non essere l'eletta di quest'uomo semplice ed impaurito?<br />
Questa è la questione. Confondo ancora sesso e femminilità.<br />
E' il caso che io prenda a forza la mia testa per tirarmi fuori dalla mia merda..Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-37640354075517523522015-01-27T03:38:00.002+01:002015-01-27T03:45:36.839+01:00Un viaggio umanoE' domenica sera e sento il peso di tre giorni di vita.<br />
Eppure sono stata chiusa nello spazio delle Scimmie Nude. Con altre dodici persone e Mimmo. Non li conoscevo tutti. Solo alcuni. Claudia, Andrea, Giovanni, Davide e Riccardo. E alla fine i loro nomi sono come quelli di una grande famiglia. Barbara, Sandra, Christian, Agnese riccia e Agnese liscia.. Avevo il desiderio di conoscere il lavoro di Mimmo dopo averlo visto al Piccolo. Più per il mio desiderio di scrivere di umanità e di/per il teatro che non per la mia attorialità che ricercava l'esperienza. Poi ho trovato ancora altro. Qualcosa in cui ho riconosciuto amore.<br />
Cercavo la parola che facesse tacere il corpo. <br />
C'era una sete di conoscenza e amore. Che ha questa forma rappresentativa. O la forma di qualcosa che non si può dire fino in fondo. Tantomeno spiegare.<br />
Sono giorni così strani e complessi. Dove ci sono ritorni. Mr D. che si ostina ad essere Mr D. e a pretendere che io riduca la mia vita ai suoi vizi per assecondare il suo desiderio di non vita. E il mio Othello. Bello e in attesa. Per colpa mia. Anche. Forse perché sa che dai miei occhi può prendere quello che non sa. Forse per questo resta in attesa.<br />
E poi ci sono io che da un uomo non so più bene cosa voglio. Forse una mano che mi accompagni e mi comprenda.<br />
Perché in questa cosa che la coppia sia fatta di casa, quattro mura e ricette, non ci credo più. Forse non ci ho mai creduto. O non mi è mai bastato. Ho provato ad adattarmi a quell'idea di coppia, come se in quelle azioni potesse esserci la fedeltà o la felicità. Anche se credo di essere stata felice poche volte nella mia vita. Forse qualche minuto, una volta, sotto un ombrellino. Per citare Cecov.<br />
Il resto sono state solo azioni vuote. Forse necessarie, ma non essenziali alla mia riconoscibilità di donna.<br />
Mi chiedo cosa vogliano da me uomini come Mr D. e Othello anche. Sono distante.<br />
E chissà cos'ha voluto quel tipo che ho chiamato Ragazzo. E' tutto così lontano eppure presente nelle parole di questo blog. Che ha cambiato forma, presenza e verità.<br />
Ho incontrato solo egoismi. Mr D. Ragazzo. Othello è l'unico che ha toccato il mio percorso con sincerità.<br />
Ma Mr D. non sa neanche chi io sia nel profondo. Prende stando fermo. Come fece Ragazzo. In modalità diverse. Con la complicità dei miei limiti umani.<br />
Sono stata su un piedistallo per un vigliacco incompleto che aveva solo quella modalità per buttare via qualcosa di "troppo" o ormai inutile.<br />
La "piccola troia" per un uomo che usa la parola amore solo quando ha il pene duro.<br />
E in tutto questo l'amore semplice tra le dita scure di Othello. Che tocca la mia pelle senza sapere quale suono possa avere.<br />
<br />
E poi c'è stata una relazione con John. A cui ho voluto molto bene e a cui ne voglio quando riesce a diventare Giovanni incontrandomi dove esiste di più la mia vita. Ma non riesco a perdonare. Non riesco ancora a perdonargli la leggerezza di non avere difeso e protetto il teatro che aveva costruito con me. Il percorso. E' il mio limite umano. La mia fragilità.<br />
C'era una responsabilità a cui è venuto meno.<br />
<br />
Sono tante le domande dopo tre giorni. Sull' umano. Può solo una donna che ama cucinare e lavare e stirare e riordinare casa, essere adatta a procreare? E meritare la maternità? Perché per tanti uomini è così. <br />
Ho visto l'attrice delle scimmie piangere senza poter controllare l'emozione durante il suo monologo della regina, tratto dall' Amleto. E per un attore non poter controllare l'emozione in scena è un problema.<br />
Mimmo l'ha fatta lavorare sulla maternità. Che è il suo punto dolente. La sua fragilità umana in questo momento. Perché vorrebbe, ma non può. Perché è un'attrice e ci sono uomini che non glielo permottono. C'è un maschile che non comprende che non esiste divisione. Che è violento non comprendere la diversità e l'infinita complessità del femminile. <br />
<br />
Tre giorni di teatro. Di ricerca dell'umano. La mia cieca è stata difficile. Ho portato un testo che non mi permettesse di attaccarmi a tutto ciò che teatralmente mi torna semplice. Che non fosse comico, ma tremendamente intimo e statico.<br />
Mi ha resa cieca in scena. E in questo stare in una percezione al buio che fosse credibile, ho incontrato la verità dei miei fantasmi.<br />
E' stato un girotondo di umanità. E di belle persone. C'era tanta luce e amore. Disciplina e amore. E nessuna di quelle persone ha voluto usare il mio corpo per soddisfarsi.<br />
Come ha fatto Mr D.sere fa. Stavo scherzando con lui sulla musica dei Village People. Mi ha presa e scossa. E' entrato con forza nel mio ano. E ho urlato dal dolore. E nel mio pianto che cercava un abbraccio e una parola, ho trovato un ricordo. Ne avrei voluto parlare. In quel dolore forte ho rivissuto il buio che non ho mai voluto raccontare a John.<br />
E' in quel bruciore che ho perso me stessa. La parola. E sono diventata altro. Mr D. si è comportato uguale. Piangevo e chiedevo aiuto. Da bambina, ma anche giorni fa.<br />
Mi ha chiesto scusa e " Sembrava che volessi e fosse un invito". E mi sono sentita così colpevole. Ancora. Tanto che mi è sembrato normale continuare a soddisfarlo.<br />
Poi ha portato il cane in strada e io sono rimasta con il mio bruciore. Fuori e dentro. Senza una carezza e senza amore.<br />
<br />
Domenica sera sono circondata di luce. Mi metto a piangere alla fine. Per l'umiltà e la semplicità. E perché mi sento piena.<br />
Saluto Mimmo e tutti i miei compagni di viaggio. E' tardi. Sono quasi le 23. Saluto Davide e Riccardo. Davide mi aveva abbracciata mentre guardavamo un'improvvisazione, con una delicatezza che sapeva di condivisione fondante.<br />
Mi avvio verso l'auto. Sono al telefono con Othello. Vuole sapere del mio seminario. Non mi accorgo di quattro tipi che mi seguono. Li sento e mi spavento un po'. Ma non corro. Penso che sarebbe peggio. Ma ho paura. Poi sento che si tranquillizzano mentre m'infilo nella stradina dove ho messo l'auto. Mi giro e vedo i quattro scappare. Poi spunta Davide che si accende una sigaretta. E poi Riccardo. Mi sorridono entrambi. E mi salutano.<br />
<br />
Appena arrivo a casa mi scrive Riccardo: "Non parcheggiare più lì. O fatti accompagnare. Quei tipi ti seguivano. Ce ne siamo accorti io e Davide e ti siamo venuti dietro".<br />
<br />
Rivedo la scena e capisco.. Lo ringrazio. E mi riviene in mente una delle sere che non dimenticherò mai. A Barcellona, in piena estate. Io e Pepe eravamo in giro. Era tardi. Non avevamo la macchina o un altro mezzo. Volevo rientrare in metro e lui volle a tutti i costi prendere un taxi.<br />
Mi arrabbiai perché non capivo. Eravamo giovanissimi e senza soldi.<br />
Lui sotto casa mi abbracciò e mi disse: " Abito in una zona pericolosa. Se ti succedesse qualcosa, non potrei più vivere. Non posso permettere che qualcuno ti faccia del male".<br />
Mi sentii così amata.<br />
Come domenica sera. E per il teatro. O la magia del teatro. E di questo umano che mi ha spaventata per anni. Che è un casino. Un immenso e affascinante casino. E quando guardi l'umano, devi per forza reagire.<br />
<br />
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-89189321834715261612015-01-19T19:06:00.002+01:002015-01-20T02:57:14.501+01:00Un'ora sola ti vorreiDopo anni a tentare d'immaginare come fosse la casa in montagna di Mr D.
e come fossero le persone di cui mi aveva sempre parlato ( e che mi
hanno sempre fatto ridere e creare storie per lui e per me), decido di
passare un fine settimana con lui.
<br />
Esattamente il fine settimana dopo l'inizio del nuovo anno.
<br />
Ricordo che in seduta, anni fa, riportavo a John la mia perplessità di legarmi ad
un uomo che si rinchiudeva intere settimane come un eremita in case di
montagna e di mare... Soprattutto perché ero fuggita dalla mia e da mio
padre che di rinchiudermi aveva fatto il suo obiettivo di salvezza.
<br />
Come se mettermi sotto spirito potesse aiutare lui a non avere più paura
di vivere. Come se rinchiudere la mia vitalià fosse la strada giusta per
evitare la morte. Quella che aveva incontrato con l'incidente di mia madre.
<br />
Guido in un venerdì d'inizio gennaio. Traguardo:Valsesia. Quarona.
Rinominata da me Squaronnah. Per una serie di giochi linguistici e
fantasie che ho con Mr D. Da sempre. C'è un'unicità di rapporto con lui che
rende creativo ogni nostro incontro.<br />
Mi ha detto qualche giorno fa, infatti, che tra tutte le donne recenti ( e forse passate) che ha avuto, nella sua bulimia femminile, io sono quella con cui non si è mai annoiato.<br />
"Ogni sms che mi scrivi e ogni discorso con te non è mai scontato o banale. Trovi sempre una chiave geniale e diversa".<br />
"Quindi, quando mi dici ti amo è per come scrivo? Per i miei sms?"<br />
"No, anche perché con te mi piace fare l'amore meglio che con chiunque altra".<br />
"Grazie. E' la dichiarazione d'amore più bella che mi abbiano mai fatto".<br />
<br />
Mr D. dice che mi ama. Ancora. Sono tre anni che me lo dice alternandomi alla
rappresentazione di una donna sicura. Le ultime esperienze e i miei
incontri con il mio amico GianPaolo mi hanno fatto capire che io non
sono una donna che da' stabilità. Quella stabilità decisa per la donna
da focolare.
<br />
Per anni non sono riuscita ad accettare di essere una donna diversa da
mia madre. Diversa da tante altre donne. La mia amica drammaturga mi ha
detto di leggere un libro sulle donne lupo. Quelle selvagge ed
istintive. Mi ha riconosciuta subito. Ci siamo riconosciute.
<br />
Le donne lupo fanno paura. Sono come le streghe. E non ho mai capito
perché. Ricordo i lupi al parco nazionale d'Abruzzo. Da bambina avevo
l'immaginario e l'idea trasmessa da tante favole sul lupo come di un
essere malefico e da uccidere.<br />
Come i ragni. Che ora mi sono infinitamente simpatici.<br />
<br />
Quando vidi quei lupi, mi fecero tenerezza. Chissà perché fa paura tutto ciò che tende ad una libertà
e verità. Ci hanno costruito gabbie così sicure da cui è difficile uscire?
<br />
<br />
Arrivo a Quarona e Mr D. continua a mandarmi sms mentre guido. Ironici. A cui
rispondo con la mia ironia. E' un gioco linguistico. Il nostro.
<br />
Parcheggio nel giardino di casa sua. La casa è su due livelli. Sotto ci
abitano gli zii che mi presenta. E mi guardano incuriositi. Chissà
quante ne avranno conosciute..
<br />
Gli do' un regalo. Un cesto natalizio. E restano sorpresi.
<br />
Poi saliamo nella mansarda di Mr D. Il suo monolocale indipendente. Si
sente il fiume. E basta. No, anche Jack, il suo cane, che avevo
ritrovato e che mi fa le feste. Lo chiamo Jackminchia. Il Belandi. Lo faccio parlare in ligure perché è di Vernazza. Sua madre l'ha recuperato lì, dalle mie parti. <br />
Ho già iniziato i
miei racconti su Diegominchia e Jackminchia. Due antieroi. Una versione
grottesca ed ironica di tintin.. E Mr D. ride perché gli piace essere
celebrato da me e le mie storie.
<br />
Facciamo l'amore. Con fiume sotto. Il suo piano. Il Mac. E la mia paura
consapevole. Poi abbracciati mi fa tradurre in inglese una serie di
robe. Sta' litigando da giorni con un software di archi e ottoni per
poter arrangiare come un'orchestra.
<br />
E prima di andare a cena mi presenta Jimmy. Il mio regalo. Il signor
Jimmy è un vibratore viola. Enorme. Multifunzione e a plurientrate.
Genitale ed anale. Vibra, oscilla e si espande. Forse potrebbe fare
anche il caffé, ma non indago.
<br />
Rido. E Mr D. un po' risentito dice: "Ma non ti piace? L'ho comprato
online per te. Ho pensato che sul tuo sedere questo color viola sarebbe
stato benissimo".
<br />
E' questa bestialità innocente che di lui mi fa ridere. Mi chiede di
usarlo almeno una volta. Non ho mai visto un vibratore in .. carne ed
ossa. Mi fa ridere tenerlo tra le mani. E chiaramente inizio a prendere
in giro Mr D. usando il vibratore in tutti i modi tranne che nel suo. In ultimo me lo metto nelle mutande. E tento di giocare al maschio. Quello banale.
<br />
Ridendo dice: "Si vabbé, preparati che andiamo a cena, che qui si cena alle
19/19h30".
<br />
<br />
La cena è in un ristorante del paese. E' tutto divertente. Entro e si
girano tutti. Ma non perché io sia chissà quale Miss.. ma perché nei
paesi la forestiera è riconosciuta subito.
<br />
Prima incontriamo il suo amico Archy. Un suo coetaneo, con
problemi di alcolismo, che mangia i gamberi di fiume protetti. Ma solo i maschi. Per lasciare che le femmine possano riprodursi. E va per
lumache. Un nobile fuorilegge valsesiano.<br />
Archy mi guarda un po'. Come fossi un extraterrestre. E capisco che sono troppo distante dal suo mondo femminile. Mi distruggerà con Mr D.<br />
<br />
A cena Mr. non ha fame. Forse perché, come sempre, ho intuito ( e glielo dico) che sta' sentendo
ancora l'altra, la donna della banca. E chissà chi. Mi guarda e dice "Come fai a
saperlo?".
<br />
Poi tornando a casa mi dice che la sente per motivi economici e di lavoro
e che non è mai scattato nulla con lei. Non come con me. ( Ah si? penso..).<br />
Eppure so che l'ha cercata in questi mesi e che le ha regalato un oggetto del padre per Natale.<br />
So talmente tante cose che mi stupisco di essere ancora lì. John mi direbbe " Perché ci vai ancora?".<br />
Amore?<br />
<br />
Al ristorante non ha mangiato. Ma ha bevuto una bottiglia di bianco. A
casa, parlando di musica e arte, se ne fa fuori una di Ferrari. Mi
arrabbio. Andiamo a letto e accende la tv sul canale dei documentari. Ne
passano proprio uno sugli squali. E lui ha il terrore degli squali.
Glielo dico. Mi abbraccia e si addormenta russandomi nelle orecchie.
<br />
La mattina dopo mi alzo abbastanza presto per essere una giornata di
vacanza. Alle 9h30 sono in piedi e giro in tondo al suo monolocale
giocando con Jack. Ma lui non si sveglia.
<br />
Si è riempito di alcool. Quando si sveglia sono le 11 passate. Faccio il
caffé e mi dice che ha il raffreddore. E dormirà.<br />
E' una bella giornata. Avevamo detto di andare a correre insieme. Mi ero portata tutto. Vado da sola. Con il garmin e corro per un'ora. Quando torno lui è ancora a letto. Mi doccio. E sono triste.<br />
Ma lui non capisce. Dice: "Ma non pranzi?". No. Già da sola, pranzo poco. Poi così. No, mi è passata la fame. E' quasi pomeriggio. C'è tutta l'impossibilità di amare e le barriere. Lì tra noi. In 40 metri quadri di mansarda.<br />
Mi metto vicino a lui. Sono nuda. Con i capelli ancora un po' bagnati e mi chiede di legarli. "Sono belli, ma sono troppo lunghi ora". E mentre sento dentro una strana tristezza, nuda accanto a lui con il desiderio di fare l'amore con altro che non sia la meccanicità e il suo senso di divorare e arrivare ad un orgasmo vuoto, mi tira fuori Jimmy.<br />
"Ti prego, usalo almeno una volta. Fammi felice". E mentre nudo, con la maglietta e i suoi calzini a rombi, tiene in mano Jimmy, butto giù il groppone malinconico che da' spazio alla comicità.<br />
"Va bene - dico - ma se io lo uso, tu smetti di bere. Facciamo un patto". Tutto contendo dice di si. Ci stringiamo la mano ed io spero che si renda conto che per me farmi mettere quel coso dentro è difficile. Qualcosa che faccio per lui. Solo per lui.<br />
Mentre facciamo l'amore, nella solita posizione possibile ( non si muove molto.. riesce ad essere pigro anche lì..), sento che mi spinge Jimmy dentro. Senza neanche chiedere il permesso. Poi " V r r r r r r ". E in quella vibrazione meccanica, mi viene da ridere. Ma non rido. Per non offenderlo. E' tutto comico. E senza amore. Di conseguenza neanche godibile per me. No, non mi piace. Nel senso, è completamente indifferente. Allora sento "VRRRRRRRRRR", poi "VRrRrRrRrRrRrRrRrRrRr"... Sento che si sforza a farmi godere con Jimmy, cambiando tutte le velocità.. così nella vibrazione finta, inzio a pensare e a pensare e tutta la spontaneità di un atto che dovrebbe essere lasciato alla vibrazione dei corpi, se ne va e diventa.. monotono. E scontato.<br />
Solo quando si accorge che non va e resto inerme al suo oggetto da quasi 200 euro, mi chiede "Non riesci a venire?".<br />
Eh, no..<br />
Lui non capisce perché. Non mi servono oggetti e carciofi o peperoni per "godere". Mi servirebbe lui. Solo la sua vibrazione. <br />
Ma c'è solo comicità. Una delle tante comiche dell'amore di Annalisa.<br />
Il letto di Quarona, Mr D., io nuda e Jimmy tra noi. Una scena comica. Ma non è colpa sua. Non mi vede. Tende ancora a farmi diventare come le sue fantasie. A mettermi tra i suoi vizi, che sono la sua prigione. Mentre io lotto per un'ora d'amore..<br />
Che ho. Alle 18 del pomeriggio. Musichiamo due testi del CD. I miei unici due testi. Non sono più riuscita a scrivere per lui. E sento un'impotenza mentre percepisco incalzante la presenza e la scrittura di Silvia. Una sua ex onnipresente. Nella mia storia sentimentale e artistica con lui.<br />
E con un'intensità che non ho mai capito. Come se io avessi trovato quel coraggio di vivere Mr D e di darmi a lui che lei non ha mai avuto. <br />
<br />
La forma del nuovo CD è distante da me. Gliel'ho detto. Che la sua idea di parlare e cantare di un femminile era ed è geniale, ma che ha reso tutto così troppo colorato perché fosse suo. Tradendo la sua intuizione.<br />
Ma forse, ora, non può essere che così. Uno zibaldone e un girotondo di colori e corpi com'è la sua visione del femminile. Io sono una delle tante.<br />
Però in quell'unica ora in cui lui si da' a me, suonando e musicando i miei testi, mentre io gli canto la melodia e gli accenti come li sento, c'è amore. Ma dura solo un'ora perché non è abituato.<br />
<br />
Sono le 19 e ha fame. Non avendo pranzato. <br />
In casa non ha molto. Avevamo fatto una spesa rapida. Senza cognizione. C'è un minestrone e lui ha del pollo da fare. Così io cucino il minestrone e lui fa rapidamente e con nervosismo il pollo.<br />
Di colpo cambia tutto. Lo sento nervoso. Continua a dire che ha fame e che per lui è importante che la tavola sia apparecchiata e preparata bene ad un certo orario. Io rido. Ma percepisco che non è ironico lì e mi fa paura.<br />
Così non sto' attenta al minestrone. Ci vuole del tempo per cucinarlo. E attenzione. Uso una specie di dado biologico che mi ha dato lui. Ma ne metto poco. Non ricordo neanche di mettere il sale. Ho solo fretta di farlo perché lui si calmi.<br />
E così chiudo subito. Senza sentire. Fa schifo. Lui lo assaggia e fa schifo. E me lo dice. E' vero. E' tutto nervoso. E mi guarda come se fossi la donna peggiore del mondo. Capisco che non guarda me. Non ci sono io lì. C'è tutto il suo fantasma. Mi sento male. Sto' male. Lui scrive al cellulare.<br />
Sbaracchiamo. Lavo i piatti. Ma è assente.<br />
Tento di fargli sentire alcune canzoni di Bucharac. Il mio progetto. Ascolta un po', ma so che il minestrone per lui è stato un trauma.<br />
<br />
Andiamo a letto. Sono talmente prosciugata, che mi addormento subito. Mi risveglio di notte per un dolore allo stomaco. Avevo preso un'antidolorifico per un dolore alla gamba. Ma una bustina intera per il mio stomaco è troppo. O forse è il dolore dell'anima.<br />
<br />
Il giorno dopo lui è felice. Senza alcool. Si alza abbastanza presto. C'è il pranzo con Silvia e la sua famiglia. Avevo lasciato decidere a lui. Per non fare la parte della gelosa. Non mi piace Silvia. Delle sue ex donne è quella che sento più ambigua nella sua vita. Tutte le ex gli vogliono bene. Lei la sento interessata.<br />
Mi accusava di averlo sedotto e abbandonato. Non capendo cosa li leghi, vado a correre. E' una via di fuga. So che tutta la giornata andrà via sotto un tavolo con persone estranee alla mia vita, e che lui sia attivo per il nulla, mi fa innervosire. Quindi vado a correre. Torno al limite. Con lui già pronto e nervoso che mi sgrida: "Ma dove sei finita cazzo? E' un'ora che ti chiamo..".<br />
Dobbiamo arrivare all'una. Io mi lavo e cambio in fretta e arriviamo in orario. Il posto è bello. Fermo come il nostro incontro.<br />
Il pranzo è a menu fisso. Tipo tre antipasti, un primo e tre secondi. Assaggio un po' di tutto, ma di certo non era il mio obiettivo stare 4 ore a tavola a mangiare e attendere che fosse finito il tutto per poter stare con lui finalmente sobrio.<br />
Lui non capisce. Capisce solo di dover salvare la forma in nome di un appuntamento preso per non so quale ragione.<br />
Non ho capito quell'incontro. Ma forse non c'è niente da capire.<br />
Ringrazio i figli di Silvia di esserci. Per la loro spontaneità che mi fanno stare lì. <br />
A pranzo finito, fa una foto al volo. Una con me che gli faccio il gestaccio con il dito medio e dice "Brava scema. Ora la posto!". Su facebook. Figurati. Non sono ancora pubblicabile. Infatti pubblica la foto del fiume e del ristorante. Senza me. Senza noi.<br />
Mentre rientriamo commento. Il pranzo e le relazioni. E c'è un senso di vuoto. Credo che lui abbia capito in fondo l'inutilità di quel pranzo che aveva preso tempo a noi. O forse come al solito resta ai suoi sensi di colpa.<br />
Poi inizia a parlare di calcoli. "Con il mio patrimonio potremmo viverci bene in due.. poi forse con un figlio diventa difficile. Dovremmo lavorare tutti e due .." etc etc..<br />
E io gli dico che non ho mai preso soldi da nessuno. Solo da lui per il guaio alla macchina. E la toyota che mio padre ora mi paga a rate. Dopo il nostro incontro nella musica.<br />
Poi penso al figlio che avrei voluto da sempre. Ci penso sempre ad Ainoa. La figlia che volevo da Pepe e lui da me. Ne avevamo parlato tanto.<br />
L'avevo desiderata tanto quella figlia, al punto da rinunciare a me stessa, per poi perdere entrambe una sera di estate. A Granada. Ero così giovane.<br />
<br />
Saliamo nella sua mansarda e facciamo l'amore. Senza Jimmy. Velocemente e con voglia. Ci addormentiamo. La mia testa sul suo braccio. Sto' bene lì. Finalmente mi accoglie. E mi addormento. Lì, tra le sue braccia. In un uomo che mi accoglie e mi da' l'illusione di sentirmi protetta. Per come sono. Anche oggi ho la mia ora di amore con lui.<br />
Quando ci svegliamo, lui ha il braccio addormentato e si lamenta. Non è abituato a dare una parte di sé ad un'altra. Dorme sempre da solo. Girato da una parte.<br />
"Sentivo male al braccio, ma dormivi così bene che non ho voluto svegliarti". Mi preparo. Devo rientrare a Milano per lavoro e perché sento che lì più di così, per ora almeno, non si fa amare. Non ancora.<br />
E non so perché. Eppure lo aspetto, andandomene. Non sa che finché non ci sarà lui, non potrò esserci io.<br />
Per ora mi faccio bastare quell'unica ora di amore vero.. tra le mie parole e le sue dita al piano. La mia voce tremante. E il suo braccio dolorante che mi accoglie. Per un'ora. Un'ora sola..<br />
<br />
<i> "...ti vorrei per dirti quello che non sai di te e in quest'ora io darei, la vita mia per te"</i><br />
<i><br /></i>
<i><br /></i>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<i><br /></i>
<br />
<br />
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-39888925638309694442014-12-31T01:49:00.002+01:002014-12-31T01:49:55.198+01:00Il Bacio dell' Arte"Passo domani a farti le condoglianze e darti un abbraccio. Non sono
riuscita a venire al funerale per il lavoro. Periodo di lotta di nuovo".<br />
Domenica
di prove alle Scimmie e Teatro Danza per liberare sempre più il mio
corpo in scena in modo che diventi un tutt'uno con la mia anima.
L'attore rappresenta con il corpo tutto ciò che con le parole non è
rappresentabile.<br />
Gli attori di parola sono morti. Forse non sono mai vissuti o sono stati
lo specchio di una non vita. O di un'umanità che non aveva voglia di
coinvolgersi più di tanto.<br />
Eppure io ho sempre rappresentato con la parola. Anzi, no. Ho scritto e
basta. Ero quella cosa che in teatro chiamano "dramaturg". Oppure nella
versione di pura "scrittrice". Senza avere il riconoscimento per poterlo fare.<br />
Mi avevano definita così a
dodici anni. Ho ritrovato l'articolo del mio racconto. Avevo vinto un
premio alle medie, nella mia città. E il racconto era gotico. Fantascienza e morte. <br />
Non lo avrebbe mai scritto una bambina di quell'età. Non una felice. O una "normale". Ero dark e mi sentivo inadeguata. O strana.<br />
Anche adesso mi sento tale. <br />
<br />
Divisa. Forse su una strada in cui la parola scorre nel mio
corpo. E poi nella voce. Perché c'è anche il canto. Devo riunire i
puzzles di una me che è nata. Perché sia ferma nella sua complessità e
possa permettersi di vivere quel che resta in una pienezza.<br />
Sono quasi vicina alla consapevolezza che ho solo io il potere di vivere
e non di esistere.<br />
E' iniziato nello studio di John il mio percorso. Arrivavo in via cagliero
con le mie borse dello sport. E ogni tanto Pepe dietro che non capiva
perché quella ragazza dolce e forte e senza desideri per se stessa,
piangesse sempre e si rotolasse dal dolore alle ovaie.<br />
Piangevo in continuazione. Non mi piaceva lo studio di via cagliero. Era
vicino casa. L'avevo scelto per quello. Solo per quello. Ed ero
disperata perché non sapevo cosa stesse succedendo al mio corpo.<br />
A distanza di quasi dieci anni, sono io che vado nello studio di John,
un altro luogo, e non per fare analisi, ma per portargli "un abbraccio".
L'ho definito così nella mia modalità di attrice.<br />
Per essere felici, basterebbe vivere. Come mio nipote. Vive ogni attimo
essendo se stesso. Ma ha solo nove mesi. Eppure è felice. Invece ci
accontentiamo di esistere. Non implica nessuna fatica esistere. Vivere
invece comporta.. tutto.<br />
Chissà che non sia il teatro l'unica vera vita.. Lì devo vivere e non
limitarmi. Il rischio sarebbe fare scappare annoiato il pubblico. Che a teatro viene a vedere se stesso.<br />
<br />
Mi siedo nello studio di John. Come fanno i pazienti. Come ho fatto per anni. Prima del taglio deciso da me, ma messo in atto dall'incapacità di amare. Solo la mia? Quella di chi ho permesso di entrare nella mia vita? Di chi in nome della razionalità della paura tenta di decifrare il mondo.<br />
Non parlo molto. Sento il dolore. Il cambiamento. La perdita. Il disagio e lo sforzo per non piangere.<br />
Così come si fa in questi casi, parlo del teatro e della passione che ci lega.<br />
"E' come una droga il teatro" mi dice John. Si. Certo. Io non sono molto diversa da Mr D. e dalle persone con dipendenze che mi hanno cercata.<br />
Ho la stessa fame ed energia. O ansia. Solo che poco a poco ho imparato a farmi di arte. Teatro. Musica. Scrittura. Ma il teatro racchiude tutto. Anche il corpo.<br />
Gli racconto anche di Mr D. Dopo la morte del padre c'è un tentativo di cambiamento. Da parte sua.<br />
E racconto del mio compleanno. Della cena in un ristorante di pesce raffinato. Del regalo. Soldi.<br />
Poca cosa per lui ora.<br />
Ero in difficoltà e lo sapeva. "Mi ha dato dei soldi. Li ha ritirati e messi nella mia borsa". Tanti soldi per me. Che ho tentato di rifiutare, ma "Posso avere il diritto di farti un regalo?".<br />
John mi segue. Un po'. "Non sono andata a letto con lui. Mi ha portata a casa e ci siamo baciati. Poi ora dobbiamo riprendere a lavorare insieme".<br />
Preferisco tenere il bacio dell'arte e non rischiare di rovinare ancora. In qualche modo John è tranquillo. Poi parliamo della mia analisi. E tento di segnare un appuntamento a cui non andrò.<br />
Esco e gli do' un abbraccio con lo sguardo.<br />
<br />
Non ho detto a John che quella sera Mr D. mi ha mandato una foto. Una foto vecchia che ci eravamo fatti.<br />
Io l'ho rivisitata con un programmino e rispedita a lui come fosse un quadro.<br />
"Il Bacio dell' Arte". Magari ora riusciamo ad incontrarci in quello come Annalisa e Diego.<br />
Da quella sera e da quel manifesto, sono successe altre cose. Liti e collaborazioni. Il suo concerto al teatro Leonardo.<br />
La nostra notte insieme. Dice che mi ama. Che non può pensare di raggiungersi se non con me. Ed io con lui?<br />
Pongo resistenze e paure. Anche di fronte al figlio che vuole da me. Saprà amarmi per la donna che sono?<br />
"Caro Diego, la mia artisticità rientra nel mio modo di essere donna e di amare. Non è
biologico e tantomeno naturale per me fingere e dividere. La musica o
il teatro mi fanno amare meglio. Io sono questo. E voglio continuare a
credere che ciò che ci fa stare qui sia ancora e solo quella scintilla
di Dio che ci fa correre e protendere all'infinito come due rette
parallele. La chiamo arte. <br />Credo che solo per questo legame profondo, io non smetterò mai di amarti".<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ1ruAYQQuJ4mMtqRhfQarJ3skOBvPLmu54Pj-W77jLaHmV5zQDBrBdiUXXzGTplonG6HHowkJPzPYmYISMKFQP0iilLvKTlbRgKMtQPCo0FdQ0BkJqa1bgLDeq57DtMZ1u63FQ2nJzV8/s1600/bacio+dell'arte.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ1ruAYQQuJ4mMtqRhfQarJ3skOBvPLmu54Pj-W77jLaHmV5zQDBrBdiUXXzGTplonG6HHowkJPzPYmYISMKFQP0iilLvKTlbRgKMtQPCo0FdQ0BkJqa1bgLDeq57DtMZ1u63FQ2nJzV8/s1600/bacio+dell'arte.jpg" height="320" width="240" /></a></div>
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-49308959355723812172014-11-19T04:23:00.001+01:002014-11-19T04:34:50.614+01:00La valigia dell'attore"Riuscireste a dire chi siete? ". E' Gaddo. Il mio maestro alle Scimmie Nude.<br />
Ho sempre pensato fosse geniale nella sua fragile umanità. Nel suo approccio al teatro. E fondamentalmente onesto anche in una brutalità. A volte.<br />
E' una qualità, questa dell'onestà, difficile da trovare. Ne ho incontrate poche di persone così. Il più delle volte sono quelle più difficili. Stanno soli. Perché si bastano. Forse. O perché non riescono ad incontrare qualcun altro di altrettanto libero con cui condividere sensi forti. Oltre il bisogno e il compromesso della necessità.<br />
Ieri sera c'era anche John alle Scimmie. In questo scambio artistico. Nella mia ingenua umiltà o nella mia umiltà ingenua, ho sempre pensato che il teatro, quello delle Scimmie, fosse il completamento del suo lavoro. E magari la spada che eliminasse per sempre il muro della razionalità intellettuale, della psicanalisi troppo "dentro" e poco espressa nel corpo perché possa risultare vera ed "assunta". Ai cieli? Ai cieli dell'infinito dell'essere umano.<br />
<br />
Non sono arrabbiata con lui. Con Giovanni. Non più. Ma non riesco ad andare in analisi. Per ora. Il non detto si è trasformato in un tappeto d'alghe. Giù in basso. Come se non appartenesse a nessuno. Se non alla mia paura. Alle mie paure.<br />
Di fatto io non vado più. Ma sento le alghe che mi solleticano i piedi. Ogni notte. Avevo paura di loro al mare. All' Isola Palmaria stavano sotto di me. Una macchia nera che m'impauriva da bambina. Eppure necessarie.<br />
La paura lo è. Oltre quella ci siamo noi. Parti di noi. Esiste per spingerci sempre più al largo.<br />
<br />
"Perché siete qui? Perché fate teatro?". E' la domanda. L'altra a cui ho una risposta. Ora. Dopo tanti anni.<br />
Alla prima, a chi io sia, non so rispondere. E' racchiusa nella seconda. Faccio teatro per sapere chi sono o poter vivere tutto quello che sono e che non sono. Per poter vivere le infinite donne che vivono dentro di me. Non sono una. Ci sono più voci. Più occhi. Più cuori. Donne più buone. Più dolci. Più perfide. Più erotiche e perverse. Diverse. Diverse. Tutte diverse. E devo farle uscire. Per una necessità. Devo dar loro una forma. Il teatro mi permette di guardarle con simpatia. Di non essere in mano loro. Anche quando scrivo succede la stessa cosa. Escono da me infinite forme. Anche esseri informi. Che partorisco e riconosco o no, in una maternità che non ha fine. Non ha fine.<br />
Non so dire chi sono. Un'attrice? Sono il padre e la figlia. L'amante, la sciantosa. Che lascia la sua vita di là. In un bagno squallido per darmi a chi vuole vedere attraverso di me. Per poco. Per fare calare il sipario sulla mia vita. Che tanto pulita non è.<br />
Non c'è foto sul mio documento d'identità. Ma esisto. Nella mia umanità. M'inchino ripetutamente e ringrazio infinitamente chi vuole scambiare la sua essenza nella mia, con la mia. Io sono tutto e nessuno.<br />
Una grande famiglia.. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1o175PayzygNlLXn7A36xnhn3t4cM_OJmjdZQPwXfTkm8Pjdp-yqD_t4kSQI3Kt3ldxGoxnJ0CfFsbVymexprs4a8mkIbSvqFUxSocoGhSpeSSbS1ypdo2v1t031oHPviTtFgCt5fUCg/s1600/la+valigia+dell'attore.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1o175PayzygNlLXn7A36xnhn3t4cM_OJmjdZQPwXfTkm8Pjdp-yqD_t4kSQI3Kt3ldxGoxnJ0CfFsbVymexprs4a8mkIbSvqFUxSocoGhSpeSSbS1ypdo2v1t031oHPviTtFgCt5fUCg/s1600/la+valigia+dell'attore.jpg" height="211" width="320" /></a></div>
<br />
..che si perderà. O si spengerà. O trasformerà.<br />
Faccio teatro perché mi permette di entrare nel mistero della vita, dell'essenza dell'essere umano.<br />
Non so definire chi io sia. Ho sempre avuto problemi nel redarre un curriculum. Di fatto ne ho 3 o 4. Uno come business analyst. Un altro come attrice. Uno come cantante.. Uno emergente come autrice.<br />
Io sono uno, nessuno o centomila.. tutti chiusi nella valigia dell'attore. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<object class="BLOGGER-youtube-video" classid="clsid:D27CDB6E-AE6D-11cf-96B8-444553540000" codebase="http://download.macromedia.com/pub/shockwave/cabs/flash/swflash.cab#version=6,0,40,0" data-thumbnail-src="https://ytimg.googleusercontent.com/vi/V_46G7nr9wI/0.jpg" height="266" width="320"><param name="movie" value="https://youtube.googleapis.com/v/V_46G7nr9wI&source=uds" /><param name="bgcolor" value="#FFFFFF" /><param name="allowFullScreen" value="true" /><embed width="320" height="266" src="https://youtube.googleapis.com/v/V_46G7nr9wI&source=uds" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true"></embed></object></div>
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-51904349706194914192014-11-05T04:22:00.000+01:002014-11-05T20:13:26.709+01:00Le riserve<div align="CENTER" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<br /></div>
<div align="CENTER" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-size: small;"><i><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">"Nulla
di quel che vivo di reale mi soddisfa, ma sono incuriosita da te”. </span></span></i></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Arial,Helvetica,sans-serif;"><b><span style="font-size: x-small;"><span style="font-size: small;">Non posso continuare a vivere nella sua testa. Non è etico.</span></span></b></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Eppure vado avanti
da più di un anno così. La sera, qualsiasi sia l'ora, mi connetto e
divento Andrea. Un uomo. In teatro sarebbe più semplice. Ancora più
semplice. Mi basterebbe mettere un costume e usare l'energia
maschile. Basta quella e avrei una mia fisicità. Qui è tutto
affidato alla parola. E' così difficile anche solo rendere in azioni
e scrivere la mia storia con Marie.</span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<i>“</i><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><i><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">A
te capita di porti </span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">delle
</span></span></i><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i>domande
e non riuscire a rispondere anche se sei padrone dell'argomento?”.</i> </span></span></span></span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">“</span><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">Si
Marie. Certo. Sempre”. </span>Costantemente. Vado in macchina e sbatto in
continuazione come Eli</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">z</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">a.
Le domande mi balzano sul volante, entrano in testa e scivolano
davanti agli occhi. Saracinesca giù. Buio. Buuuuuuuum!! Ho finito i
fogli della constatazione amichevole a forza di tamponamenti.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Non
glielo dico alla mia fidanzata virtuale. Viviamo vicini. No, vicine.
No, vicini. Perché se penso a lei, io penso a lei con il cuore di un
uomo. E l'energia di un uomo. Vorrei tanto poter essere Andrea.
Esistere in quel corpo da attore.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Invece sono Eliza.
Con la z di Zorro. Perché in qualche modo dovevo lasciare il segno
come Zorro nella vita. Invece i segni sono sulla mia auto, sulle mie
ginocchia che cadono e si scontrono con l'asfalto della vita. Nei
lividi delle mie cosce che ha lasciato lui, l'uomo che era anche di
lei. Il maschile che mi ha portata a tradire il patto della fiducia
con la mia anima. E dell'altro. Dell'altra me. Delle infinite altre
di me.</span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<i>“</i><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i>Stasera
ho imparato una cosa da me stessa.. Chissà quanti bicchieri di vino
avevo bevuto :)) “</i> . </span></span></span></span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Rispondo
con un <b>“ :) “</b>. Io che sono sempre stata la nazista
dell'ortografia. Odio le emoticons e il nuovo linguaggio “giovane”
e “facile” di un mondo che non comunica e non si tocca più in
un'apparente abbraccio ed orgasmo di sesso impenetrante.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">“</span><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">E
cos'hai capito di te stessa?”</span>. Lei non risponde. Ogni tanto accade
che questa relazione abbia tempi, silenzi e spazi indefiniti. Nuovi
e</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">d</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">
accettati da <span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">entrambi.</span></span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"> <i>Entrambe?</i>
Oh com'è difficile definire il genere.. Eppure come ho imparato bene
ad essere di genere maschile in ogni parola e declinazione del mio
essere descrittivo.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Mi
sono adattato a chiudermi in una “o” per apprezzare meglio
l'apertura della mia “a” femminile. Come il grido di piacere di
un mio orgasmo. Sempre aperto nel vocalizzo.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Gli
uomini che ho avuto, si sono sempre chiusi nella loro egoistica “o”.
</span></span></span></span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Allora
ora mi permetto i miei tempi comodi. Dall'altra parte ho
un'interlocutrice che conosco e mi fa godere di più nel suo
femminile accogliente.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">I
nostri tempi</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">
</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">c</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">omodi
</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">di
risposta.</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">
Ho il tempo per sdoppiarmi, scindermi e riprendermi senza mai capire
in fondo chi io sia.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">“</span><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">Mi
dirai dopo allora. Vado a mangiare qualcosina e poi torno. Sono un
po' malinconico oggi”.</span> </span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Oddio
sempre. Lo sono sempre. Come Eliza e anche come Andrea. Nell' illusione di un
maschile che rincorro con un costume da Supermaxieroe, sono pur
sempre io. Sono pur sempre io? </span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Io
chi?</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Nella
mia anima irrequieta e desiderante di non so bene ancora cosa. Un
senso?</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Aggiungo:
“<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">Ho quella strana sensazione di essere un po' in alta marea..”</span>.
Attesa del suo silenzio. <span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">“Spero di ritrovarti”.</span></span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<i>“</i><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i>Quello
che ho detto al mio amico : il nostro disagio mentale o
comportamentale... è sempre frutto di un disagio dell'anima.. ed il
disagio dell'anima non va sottovalutato.. ti aspetto dopo la tua
cena”</i>. Dice lei.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Scrive</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">
“Anima”. E' colpa mia se ne parla dopo un anno e mezzo di
dialoghi sfinenti, illuminanti. Maratone della e nella notte in cui
leggevo di lei tentando di leggere di lui. Alla fine ho letto di me.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">L'anima.
Cristo santo.. è il centro del nostro universo </span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">composto</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">
di parole. Le ho pure fatto comprare “<b>Il codice dell'anima” di
James Hillman</b>. E non le è piaciuto. E come potrebbe? Tento di
trasformarla in una parte di me perché esista. Perché esista io
dentro di lei non potendola penetrare con il mio corpo. Perché non
posso? </span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Perché
non posso.</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">
Non ho un “sesso” maschile tra le mie gambe. Anche se parlo e
faccio credere di averne uno, potente, pregnante e diverso.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Anche
se mi percepisce uomo. Dice: <i>“Si capisce benissimo che sei uomo da
come scrivi. Sei scemo!”.</i></span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Certo.
Invece la scrittura non ha sesso. E' androgina. E' l'unica forma
vivente che possa permettersi di esistere libera e senza sesso o
confini o lotte intestine e intestinali!</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">E
se lei.. se lei mi amasse solo perché pensa che io abbia in realtà, solo
perché m'immagina con un fallo tra le gambre? </span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Magari
</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">uno
</span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">più
femminile e creativo di quelli che ho incontrato io. Che parlavano
perché gli davo un nome, una vita per essere meno brutali del primo
che mi ha paralizzato e destinata ad una caduta perenne.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">L'elevazione
di una me dall'alto. Sono qui, ma è come se non fossi qui. Anche
mentre scrivo. Mentre corro e medito a mio modo il mio significato su
questa terra. Come se calpestassi qualcosa che non mi appartiene..
mentre corro con le Saucony Jazz. E la musica scelta così a modo che
quasi credo di non essere io. Di non essere più io. </span></span></span></span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Forse
non lo sono mai anche se credo di esserlo. Andrea non è più falso
di Eliza o delle infinite maschere che mettiamo e togliamo. </span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Maschere
che nascondono la nostra morte. Ora dopo ora. Secondo dopo secondo.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
</div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<i>“</i><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i>Andrea,
non sei più verde!!</i>”. E' Marie che interrompe il flusso
dell'inconscio.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">“ </span><span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;">Se
non sono verde, vuol dire che ci sono, ma sono nascosto”.</span> Non ha
capito. Non ha ancora capito che esistiamo su codici e forme diverse.
Che esisto in una novità. In un tentativo di costruzione e decostruzione del mio genere, del suo, della mia sessualità incastrante, impenetrante e non amante dell'amore.</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: Calibri, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Non ha capito che ci amiamo e percepiamo in un nuovo linguaggio?</span></span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm; margin-left: 1.91cm;">
<span style="font-family: "Courier New",Courier,monospace;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-size: small;">Se
solo la smettesse di ostinarsi ad amare le sue antiche paure..</span></span></span></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/15388029252533736680noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8772983409234086554.post-69234695873546032812014-11-02T21:14:00.002+01:002014-11-02T21:14:32.999+01:00Finisce solo quello che non eraIn questa difficoltà di scrivere, di cambi di direzione, di nuovi percorsi e nuovi personaggi, mi ritrovo a combattere con i dolori alle mie ovaie. Ancora una volta. Mi tagliano le gambe. Mi costringono a stare in casa e a rimandare appuntamenti. Sangue ancora.<br />
Se ne sono andate tante persone e ne ho incrociate tante. Molte vuote. Mi ritrovo a scrivermi con Gian Paolo spesso. Fassbinder riceve. Archivia i miei pensieri e i miei sensi di colpa.<br />
Ora che ho deciso d'interrompere un'analisi inquinata nella sua purezza da anime incomplete, mi ritrovo ad analizzare la donna che sta' per nascere. Da sola. Da donna a donna. Ce ne sono due nel nome apparente. E infinite nella mia anima e animalità d'attrice. Atleta e dinamica dello stile di vita.<br />
Sono ancora presente alle chiamate di Mr D. Anche se a frangenti invia i soliti inviti che percepisco ancora uguali alla sua modalità di "sesso e un po' d'amore". Non ho ben chiaro cosa voglia da me di preciso e in che presenza. Eppure resto per la sofferenza e il dolore della perdita di un padre così penetrante, potente, severo, importante e schiacciante. E per un bene che gli voglio.<br />
Io mio padre l'ho riammesso perché ho perdonato me stessa. In parte. Non del tutto. C'è ancora qualcosa che desidera distruggere quella bambina che si è data per non essere uccisa.<br />
Mr D. no. Si ostina ad essere Mr D. ancora. Non voglio più essere complice di anime autodistruttive. Tantomeno salvarle nel tentativo di salvare me. Esistono uomini migliori. Li ho conosciuti. Molti sono più giovani di me. E non c'è anagrafica che tenga alla purezza dell'amore.<br />
Lo sosterrò finché potrò. La violenza non ha età. Come l'amore.<br />
Dialogavo con Gian Paolo ieri. Parlavamo di violenza. Dei miei incontri. Dell'ultimo cuore fragile che probabilmente cuore fragile non è. Ho sbagliato a determinarlo. Di fatto ora non ne scrivo più. Finisce solo quello che non era.<br />
Ne ho riparlato con Fassbinder perché ha pubblicato un post sul suo blog in cui c'è un pensiero di questa persona.<br />
Restano le mie domande su quell'incontro. Domande legate alla violenza. Per me. Perché ho dato fiducia alla bontà del suo desiderio per subirne l'assenza. Ma sono scritte a matita queste domande. Perché sono quasi vicina alla consapevolezza che l'altro esiste in relazione con il fantasma di una falsa chiamata.<br />
Attiriamo chi riusciamo o possiamo vedere in quel dato momento della nostra vita.<br />
Anche se l'onestà dell'altro io non la metto mai in dubbio. <br />
Il rispetto dell'altro. E in questo il deficit è che io non ne ho avuto per me stessa se ho permesso d' intrecciare i miei giorni, le mie energie con chi ho chiamato cuore fragile. Per esempio. L'ultimo.<br />
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Mio padre mi ha violentata più nell'essenza. La sua paura di vivere proiettata su di me è stata la vera violenza. Ora sono più forte forse. Anche se ho cadute di stile e inciampo nel silenzio senza chiedere mai aiuto, come una stupida stoica. Eppure ora sono riuscita a perdonarlo. Vedendo le sue fragilità e la sua incapacità di raggiungermi dietro un disperato bisogno di ricongiungersi a me.<br />
Io non stavo nelle sue funzioni algebriche. Non è mai riuscito a risolvermi nella e con la sicurezza della sua matematica. Ero più affine alla biologia e alle scienze che m'insegnava durante i campeggi e le uscite nella natura. Da bambina. Prima dell'incindente e della sua follia.<br />
Quando mi mostrava i fiori catalogati, gli animali, il rispetto per la natura. Quello l'ho trattenuto. Quello era l'amore che mi legava a lui. Quello resta. Non la follia.<br />
Ho tentato di diventare quel che lui desiderasse. Ma non ci sono riuscita. Ero qualcosa d'altro. Un femminile sconosciuto, desiderante e ribelle. E come ogni cosa di diverso, spaventosa e da uccidere nella sua essenza e libertà. Perché noi nasciamo liberi, ma ci risolviamo in catene e nella violenza.<br />
La vera violenza. Non rispettare l'altro per quello che è. Nei suoi desideri, nella sua natura ed unicità. E' nell'inganno che ci rende tutti uguali, la vera violenza.<br />
Per fortuna ci sono parti del mio corpo che riescono ancora a ribellarsi e risvegliarsi.<br />
La violenza che ho fatto su me stessa è stato inseguire e accettare nella mia vita uomini che potessero ripetere la dinamica della paura. Avvicinarmi e poi uccidermi. Eppure sono finiti. Ma qualcosa resta.<br />
Mio padre sta' rinascendo in una fatica di cambiamento. Mr. D. resta nell'artisticità che permetterà di fare circolare tra noi. Quella è una presenza autentica che ci unisce. Non le bugie e tantomeno le sue paure. Quelle e il dolore li ho archiviati come parte di un passato necessario per una mia crescita.<br />
Finisce quel che non era. Per questo ho l'ansia d'ingrassare la mia anima. Perché non finisca con la rinuncia del corpo. E si trasformi in altro di cui forse non avrò più consapevolezza. Ma che resterà.<br />
Ieri Diego mi ha mandato una canzone di un disco che sta' facendo per una cantante che conosco. Forse pensa che il mio gusto possa avere un peso. Un qualche peso.<br />
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"Ciao,<br /><br />bella.. Brava lei. Anche tu. Forse è un po' lungo l'inizio ( intro). Ma è bella. A volte mi soffermo a pensare a quanto sarebbe stato bello creare qualcosa insieme. Qualche giorno fa mi hai scritto che ero dentro a non so quale testamento e non ti ho risposto.<br />Per tante ragioni. Perché io sono viva e lo sei anche tu e perché dei soldi non me ne è mai fregato più di tanto. Non era la ragione per cui ti ho incontrato. O per cui io abbia voluto incontrarti. Me lo sono chiesta tante volte sai?<br />Il motivo del nostro incontro e perché io sia rimasta tanto nonostante i segnali che tu non mi volessi siano stati chiari, diversi, ma chiari. E' banale, ma è stata proprio la verità che mi ha portata a te. Che mi fa restare. In modo diverso.<br />Sto' scrivendo una cosa partendo da una frase che mi ha colpito e su riflessioni sulla morte. Finisce solo quello che non era. E' vero. Sopravvive e si trasforma quello che ha avuto una sua autenticità. Per questo tuo padre non se ne andrà mai. Te lo avevo scritto e lo penso. Se non te ne vai tu, lui non se ne andrà mai.<br />Sei bravo. E sei un musicista. Un artista. Era questa la ragione che ci ha fatti incontrare. Per ragioni diverse per me e per te. Tuo padre ti ha amato anche per questa tua essenza.<br />Tutti ti amano per quello che sei.<br />Ci sono tante altre riflessioni che ho fatto e faccio questi giorni. Non sto' bene fisicamente oggi. Da ieri e anche per altre ragioni. Ma è un passaggio.<br />Ciao<br />Ti voglio bene<br />Annalisa".<br /><br /> Finisce quello che non era. Finisce solo quello che non era..<br /><br />
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