mercoledì 8 ottobre 2014

Il Dio delle piccole cose

Ho iniziato tanti appunti questi giorni. Tante idee su cui scrivere d' "amore". Questa parola che mi "perseguita" da quando ho iniziato la mia analisi interrotta per un corto circuito. Anche se scrivo ogni giorno a John, Giovanni. John quando voglio tenerlo lontano. Giovanni quando gli permetto d'assumere una qualche dimensione reale o dignitosa nella mia vita. Mi pare banale dichiararlo. Se con Lacan mi cura da anni.
Mi cura da cosa? Dalla fame di amore? Dalla mia ricerca? O la decodifica?
Sto' urlando di nuovo. In modo diverso. Ma io ho sempre urlato. Ora urlo a lui. Dice che io sono cieca e io dico che lui è sordo. In fondo ci amiamo. Ma c'è un corto circuito.

"Lo sai cosa succede quando ferisci le persone? Quando le ferisci, iniziano a volerti meno bene. Ecco cosa fanno le parole sbadate. Fanno si che gli altri ti vogliano un po' meno bene". Il Dio delle piccole cose. E' l'unico Dio in cui credo.

La vita che è dentro di me urla da sempre. Da quando ero bambina. Da quando un incidente mi ha tolto l'amore di mia madre e mi ha lasciato un debito d'amore. Primordiale. E un padre che l'amore lo chiedeva a me e di un tipo che io non potevo dargli a otto anni.
Io ho cercato di comprendere la mia vita e i fatti per non esserne travolta. Non è mica facile. Potevo non urlare e sottomettermi per adeguarmi.

Io penso che nessun essere umano possa vivere senz'amore. Anzi, nessun essere vivente. Proveniamo da quello. E siamo quello. Non è un discorso religioso. Io non sono cattolica. Buddista o altro. Credo che le religioni siano contro l'amore. E creino malati che nell'imitazione di qualcosa di non vero, di non autentico, agiscano senza senso. In nome di qualcosa che non hanno interiorizzato in una verità autentica.
Da qui la violenza. Ma non sono certo io a dover dirlo. Abbiamo sotto gli occhi, anche questi giorni, malati che combattono e uccidono in nome della religione e dell' amore..
Stamane mia madre mi ha chiamata piangendo perché la mia gattina è morta. L'ho scritto anche a John.
Al lavoro piangevo e avevo gli occhi gonfi. "Che ti è successo ti è morto il gatto?". Eh si.
Fa ridere. In fondo scrivo comiche dell'amore.
Eppure questa storia è piena d'amore. Nella sua dimensione di "piccola cosa". E semplicità. Secondo me. Miu era molto anziana. Vent'anni nostri. Tradotti: cento umani. L'ho trovata che avevo diciotto anni. Rientrando a casa dal liceo. Avevo già un'altra gatta. E altri cani in giardino che arrivavano o portavo. Riempivo la casa di animali.
Li "raccattavo" come si dice a Spezia. Una disperazione per i miei, ma io mi sono sempre trovata meglio con gli animali che con gli esseri umani.
Poi non li "costringevo" a vivere come noi, ma rispettavo la loro "animalità". Per cui era un casino. Per i miei. Che invece volevano una convivenza nei limiti. Che io non avevo. Non ho. Non ho. Non una scheda per il traboccare della vita.
Lasciavo liberi anche i canarini in casa che si erano abituati a cinguettarmi sulla spalla. E a scagazzare sulle tende volando ovunque. Sembra il libro cuore, ma se gli "parli" veramente agli animali, li ami veramente per quel che sono e li rispetti, loro ti danno amore. E lo riconoscono.
E Miu ha resistito finché ha potuto. Ha cambiato i miei. Ha curato mia madre. Stamane mi ha detto che l'ha aiutata dopo il tumore. Le stava vicino sul letto, dopo l'operazione, dandole la schiena. E' il loro modo di dirti "Ci sono io a proteggerti".
L'hanno seppellita in giardino. Sotto il ciliegio. L'altra è seppellitta vicino ad un melo.
A tre anni l'avevano avvelenata e l'avevamo portata dal veterinario. "Se supera la notte, resterà cieca". Le aveva fatto delle punture. E lei si era nascosta sotto un mobile in sala. Mi ero sdraiata per terra e l'avevo vegliata così tutta la notte. Le parlavo. Le allungavo la mano e lei quando poteva mi allungava la zampina tremante. Si è ripresa. Non è rimasta cieca.
Le venne un tumore alle mammelle. Venne operata e mia madre le restò vicino. Aveva imparato ad amarla. E lei ha vinto anche quello.
Di contro odiava tutti i miei fidanzati. Pepe non poteva avvicinarsi a me. Othello l'ha graffiato. Sono gli unici due che ho "portato a casa".
Stamane ho detto "la mia Miu". E su questo senso del possesso ho riflettuto. Era mia perché l'avevo trovata io. Ma di lei mi apparteneva l'amore che riflettevo in lei e che ho imparato ad avere. E in lei avevo i miei anni. Sono tanti vent'anni.
Mia mamma non ne vuole più di animali. Dice che le faceva sentire meno la mia lontananza perché era l'ultima presenza di me che le restava e l'aiutava a superare le sue battaglie. Le dava forza per il tumore. Gli ultimi anni vivevano in simbiosi.

Othello mi sta' scrivendo messaggi belli. Anche Diego. Io m'interrogo sul diritto di chiudere il nostro cuore per una sofferenza grande. Una sofferenza grande per un essere tanto piccolo.
Se sia giusto chiudersi e non avere il coraggio o il cuore di dare nell'amore. Per crescere come esseri umani. Anche se ogni nascita e porta aperta implica una fine. E forse un senso di dolore.
Poi ci sono tutte le teorie psichiche e psicologiche. Di cui me ne fotto. Sull'amore evoluto.. L'amore per gli animali è un dato di fatto. Come l'amore per il rispetto della natura. E' sano. E basta.
E' nella condivisione e nel rispetto dell'altro. L'amore è nella natura e nel rispetto per ciò che è altro e diverso da noi. Senza pretendere che diventi ciò che ci fa comodo. Senza usarlo.
Non possiamo esimerci dall'amore.

Sono felice e grata a quel piccolo essere vivente. A lui e a tutti quelli che ho avuto, perché mi hanno insegnato ad amare in una semplicità. A comunicare con me stessa con e nella semplicità anche quando il mondo esterno era incomprensibile nella sua complessa e non detta violenza.
Adesso è vicino al ciliegio. Nel mio infantile desiderio spero torni dal suo Dio. Il Dio delle piccole cose.
 

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