"Nulla
di quel che vivo di reale mi soddisfa, ma sono incuriosita da te”.
Non posso continuare a vivere nella sua testa. Non è etico.
Eppure vado avanti
da più di un anno così. La sera, qualsiasi sia l'ora, mi connetto e
divento Andrea. Un uomo. In teatro sarebbe più semplice. Ancora più
semplice. Mi basterebbe mettere un costume e usare l'energia
maschile. Basta quella e avrei una mia fisicità. Qui è tutto
affidato alla parola. E' così difficile anche solo rendere in azioni
e scrivere la mia storia con Marie.
“A
te capita di porti delle
domande
e non riuscire a rispondere anche se sei padrone dell'argomento?”.
“Si
Marie. Certo. Sempre”. Costantemente. Vado in macchina e sbatto in
continuazione come Eliza.
Le domande mi balzano sul volante, entrano in testa e scivolano
davanti agli occhi. Saracinesca giù. Buio. Buuuuuuuum!! Ho finito i
fogli della constatazione amichevole a forza di tamponamenti.
Non
glielo dico alla mia fidanzata virtuale. Viviamo vicini. No, vicine.
No, vicini. Perché se penso a lei, io penso a lei con il cuore di un
uomo. E l'energia di un uomo. Vorrei tanto poter essere Andrea.
Esistere in quel corpo da attore.
Invece sono Eliza.
Con la z di Zorro. Perché in qualche modo dovevo lasciare il segno
come Zorro nella vita. Invece i segni sono sulla mia auto, sulle mie
ginocchia che cadono e si scontrono con l'asfalto della vita. Nei
lividi delle mie cosce che ha lasciato lui, l'uomo che era anche di
lei. Il maschile che mi ha portata a tradire il patto della fiducia
con la mia anima. E dell'altro. Dell'altra me. Delle infinite altre
di me.
“Stasera
ho imparato una cosa da me stessa.. Chissà quanti bicchieri di vino
avevo bevuto :)) “ .
Rispondo
con un “ :) “. Io che sono sempre stata la nazista
dell'ortografia. Odio le emoticons e il nuovo linguaggio “giovane”
e “facile” di un mondo che non comunica e non si tocca più in
un'apparente abbraccio ed orgasmo di sesso impenetrante.
“E
cos'hai capito di te stessa?”. Lei non risponde. Ogni tanto accade
che questa relazione abbia tempi, silenzi e spazi indefiniti. Nuovi
ed
accettati da entrambi. Entrambe?
Oh com'è difficile definire il genere.. Eppure come ho imparato bene
ad essere di genere maschile in ogni parola e declinazione del mio
essere descrittivo.
Mi
sono adattato a chiudermi in una “o” per apprezzare meglio
l'apertura della mia “a” femminile. Come il grido di piacere di
un mio orgasmo. Sempre aperto nel vocalizzo.
Gli
uomini che ho avuto, si sono sempre chiusi nella loro egoistica “o”.
Allora
ora mi permetto i miei tempi comodi. Dall'altra parte ho
un'interlocutrice che conosco e mi fa godere di più nel suo
femminile accogliente.
I
nostri tempi
comodi
di
risposta.
Ho il tempo per sdoppiarmi, scindermi e riprendermi senza mai capire
in fondo chi io sia.
“Mi
dirai dopo allora. Vado a mangiare qualcosina e poi torno. Sono un
po' malinconico oggi”. Oddio
sempre. Lo sono sempre. Come Eliza e anche come Andrea. Nell' illusione di un
maschile che rincorro con un costume da Supermaxieroe, sono pur
sempre io. Sono pur sempre io? Io
chi?
Nella
mia anima irrequieta e desiderante di non so bene ancora cosa. Un
senso?
Aggiungo:
“Ho quella strana sensazione di essere un po' in alta marea..”.
Attesa del suo silenzio. “Spero di ritrovarti”.
“Quello
che ho detto al mio amico : il nostro disagio mentale o
comportamentale... è sempre frutto di un disagio dell'anima.. ed il
disagio dell'anima non va sottovalutato.. ti aspetto dopo la tua
cena”. Dice lei.
Scrive
“Anima”. E' colpa mia se ne parla dopo un anno e mezzo di
dialoghi sfinenti, illuminanti. Maratone della e nella notte in cui
leggevo di lei tentando di leggere di lui. Alla fine ho letto di me.
L'anima.
Cristo santo.. è il centro del nostro universo composto
di parole. Le ho pure fatto comprare “Il codice dell'anima” di
James Hillman. E non le è piaciuto. E come potrebbe? Tento di
trasformarla in una parte di me perché esista. Perché esista io
dentro di lei non potendola penetrare con il mio corpo. Perché non
posso? Perché
non posso.
Non ho un “sesso” maschile tra le mie gambe. Anche se parlo e
faccio credere di averne uno, potente, pregnante e diverso.
Anche
se mi percepisce uomo. Dice: “Si capisce benissimo che sei uomo da
come scrivi. Sei scemo!”.
Certo.
Invece la scrittura non ha sesso. E' androgina. E' l'unica forma
vivente che possa permettersi di esistere libera e senza sesso o
confini o lotte intestine e intestinali!
E
se lei.. se lei mi amasse solo perché pensa che io abbia in realtà, solo
perché m'immagina con un fallo tra le gambre? Magari
uno
più
femminile e creativo di quelli che ho incontrato io. Che parlavano
perché gli davo un nome, una vita per essere meno brutali del primo
che mi ha paralizzato e destinata ad una caduta perenne.
L'elevazione
di una me dall'alto. Sono qui, ma è come se non fossi qui. Anche
mentre scrivo. Mentre corro e medito a mio modo il mio significato su
questa terra. Come se calpestassi qualcosa che non mi appartiene..
mentre corro con le Saucony Jazz. E la musica scelta così a modo che
quasi credo di non essere io. Di non essere più io.
Forse
non lo sono mai anche se credo di esserlo. Andrea non è più falso
di Eliza o delle infinite maschere che mettiamo e togliamo. Maschere
che nascondono la nostra morte. Ora dopo ora. Secondo dopo secondo.
“Andrea,
non sei più verde!!”. E' Marie che interrompe il flusso
dell'inconscio.
“ Se
non sono verde, vuol dire che ci sono, ma sono nascosto”. Non ha
capito. Non ha ancora capito che esistiamo su codici e forme diverse.
Che esisto in una novità. In un tentativo di costruzione e decostruzione del mio genere, del suo, della mia sessualità incastrante, impenetrante e non amante dell'amore.
Non ha capito che ci amiamo e percepiamo in un nuovo linguaggio?
Se
solo la smettesse di ostinarsi ad amare le sue antiche paure..
Nessun commento:
Posta un commento