Mi vedi? Chi
sono? Cosa sono? Arrivo alle 23h30. Lui è giù a Vernazza. E in casa non c'è.
Arriva in motorino. Sono dietro di lui. Nascosta dietro la sua auto. Non mi
sente. Non mi vede. E' buio, ma faccio rumore. Le mie dita scontrano la
portiera della sua auto. E' al telefono che mi chiama. Non ha neanche capito
che il mio cellulare a casa sua non prende.
"Buh!".
Salta e dice: "Porca troia!" e continua con una serie di parolacce
mentre io rido e rido… Perché è come un bambino che non vuole crescere.
"Ma sei
cretina a farmi questi scherzi? Potrei rimanerci..". Lui è tutto lì..
Fermo. Mentre io sono in movimento intorno a lui. Si è rifugiato nel mio mare
perché ama quella bellezza da dove provengo e s'illude di trattenerla e di
trattenersi. E' ubriaco. Lo sento al primo bacio e mi arrabbio. Dice: "Ma
no, ho bevuto solo un po' ". Poi scendiamo a Vernazza. Vado in casa a
lasciare le valigie, le borse, il microfono, il vestito della Spiaggia che mi
sono cucita e che interpreterò in paese per la festa mentre lui suonerà.
Scendiamo in motorino con Jack. Il suo cane che è anche mio. O nostro. Giù
c'è Eraldo. Un personaggio che andrebbe bene nella Mala o nella Parola dell'Altro.
Nei miei progetti diseducativi o antieducativi. Legati ad una disobbedienza.
Eraldo ha tre
figli, due mogli, o ex mogli. Lavora se ha lavoro. Le cose più belle nelle case
di Vernazza le ha fatte lui. Non le ho viste. So che vive in una stanza del
paese. Me l’ha detto Diego. Io non sono mai andata troppo sul personale. Perché
essendo riservata io, non sopporto di invadere i confini dell’altro.
Ma è un
artista. Lo percepisco.
Eraldo sa
tutto del paese e della storia. E' talmente estremo e fuori delle regole che lo
capisco. Non servono tante parole con lui. Poi io sono nata lì, in Liguria,
anche se mi dice: "Una spezzina milanese non l'avevo mai
vista". Lui ha scritto un pezzo in difesa di questa spiaggia
selvaggia nata dalla violenza. Anche lui come me o come molti in paese non
vogliono che venga chiusa. A parte per la bellezza, ma anche per la simbolicità
che si porta dietro.
Sono andata
lì una notte di due anni fa. Con Diego. A baciarci di fronte al mare
nero. Quando lui stava con Maria Teresa e ripeteva che non ero adatta a
lui perché la tavola alla 20h30 per cena non gliela avrei mai saputa far
trovare.. Ora siamo lì insieme a "lottare" perché non la possano
chiudere. La nostra spiaggia. Ho scritto un monologo. E interpreterò
questa spiaggia. O me stessa poi.
Parlo con
Paola, una cantante amica di Diego e di Eraldo. Poi arrivano Massimo ed altri.
"Ho
perso il portafogli". E’ Diego. Sono anni che si perde tutto. Mi basta
assentarmi un attimo perché si perda pezzi di sé. Sono seduta in piazzetta
vicino ad Eraldo. Sembra Osho. Fisicamente. Io non parlo e lui non parla. E' un
dialogo tra liguri perfetti. Diego sta' parlando con alcuni ragazzi. Fumando.
" Non compra neanche la casa nel bosco di Bonassola". Eraldo
interrompe così il silenzio tra noi." Dici? Per me andare a vivere lì con
lui è davvero complesso. Non potrei per sempre come vorrebbe lui". Eraldo
sorride e sornione mi dice: " Eh lo so.. te non sei donna da spiaggiarsi.
Sei una sirena". Poi passano dei ragazzi e uno fa degli apprezzamenti.
Diego mi guarda come fossi un aggettivo possessivo." Se guardi così hai
paura che te la portino via..". Poi rientriamo. E mentre lui va a prendere
il motorino, Eraldo mi dice "Ma ti fidi di lui?". E dico: "Sono
tre anni ormai che ci nuoto dentro..". Lui ride e dice: " Allora vuol
dire che quando portava qui la bancaria c'eri già e le faceva le corna". E
io ridendo: " Lì chi facesse le corna a chi non si è mai
capito..". Poi incalza " Ma tu ti fidi di lui?". E con un
sorriso gli dico: " Mi fido di me. Mi basta questo". Poche parole.
Uno sguardo e tra liguri emarginati in modo diverso dalla nostra terra, ci
capiamo. Salgo in motorino con Diego. Jack con noi.
Il giorno
dopo è la serata in difesa della spiaggia. Come sempre il tutto è organizzato
un po’ “superficialmente” e non so bene se chi debba sentire le nostra urla ci
sia. Ma tra il pubblico intorno alla grotta che porta alla spiaggia nuova, ci
sono tanti bambini, persone del paese, la mamma di Diego, Diego, ed Eraldo.
Lui è
Vernazza. Finita la serata, non gli parlo ancora. L’urlo della spiaggia mi
appartiene. Me ne sono andata a diciotto anni per non essere chiusa o
bonificata.
Arriva
Ferragosto. Diego suona al Blue Marlin con altri musicisti arrivati da Milano.
Sembra così viva e ancora più bella Vernazza avvolta dalla musica.
Eraldo è
sempre lì. Ad ascoltare. Si confonde tra le pietre e le case.
Finita la
serata, scendiamo in piazzetta. Mi siedo vicino a lui. Diego sparisce.
Eraldo ha un
tatuaggio sul braccio. “L”. Gli chiedo chi sia questa “L”. E mi racconta la
storia di una ragazza amata in gioventù. Non era di Vernazza. Veniva lì in vacanza.
Non aveva una gamba. “Ma era bellissima” mi dice. La corteggiava con garbo.
“Per farle di-capire che non la di-volevo di-prendere in giro”. Mette la “di”
davanti alle parole perché ha avuto un problema di “balbuzie”.
E quando finisce una frase mi guarda per
mettere il punto.
Insomma, alla
fine “L” e Eraldo passano una notte insieme. Lei si fida di lui.
“E poi?”.
Chiedo. Perché lui si è interrotto salutando qualcuno nel movimento della
piazza a Ferragosto. “Ah, non l’ho più vista. E’ sparita”.
Ma è sul suo
braccio.
Diego arriva.
Sbuca fuori dal bar. Lo stesso dove aveva perso il portafogli. Ha un bicchiere
in mano. “Lei ti voleva intervistare su Vernazza”.
Si, ma alla
fine è più interessante l’umanità di Eraldo. “Chiedimi di-quello che vuoi di
Vernazza. So tutto” dice lui. E così l’argomento si sposta lì. Sulla piazza che
dopo l’alluvione è una schifezza e “una vera presa per il culo”. Le luci. Lo
stile. Tutto. Come le fogne vicino alla spiaggia nuova.
E mi conferma
le ragioni della mia fuga a diciotto anni. Una gestione in mano alla mafia.
Non gli dico
che scrivevo per Il Secolo XIX.
Ho scritto
per anni. E spesso in difesa dei luoghi. Non gli dico che anni fa un
giornalista di Der Spiegel mi contattò perché aveva scoperto, con un’inchiesta partita dalla Germania, che Ilaria Alpi, una giornalista che amavo, era
stata uccisa proprio perché aveva scoperto un traffico di armi e di rifiuti
tossici che dall’Africa finivano sepolti nella mia terra.. Nelle discariche.
Intorno a Spezia. Sotto la terra che io amo tanto.
Questo già
nel 94, quando avevo diciotto anni. E pensavo di poter salvare il mondo. Al
giornale mi censurarono. Mi dissero “Tutta Spezia e la Liguria è piena di
rifiuti tossici e di mafia.. mica possiamo metterci contro..”.
Questa fu la
ragione per cui me ne andai a Milano. Per salvarmi forse. O per codardia. O
forse perché non ero abbastanza forte per non diventare vittima anch’io di una
mentalità che ha rovinato un paradiso.
Questo ad
Eraldo non l’ho detto. Ma lui l’ha detto a me. A modo suo.
Lui è
rimasto. Io me ne sono andata. Ora ritorno e mi sento ancora legata alle rocce,
a questo mare. E vedo sempre di più il male.
Eraldo ha
reagito con la “violenza” alla stupidità delle persone del posto. “Sono stato
in galera”. Mi confessa. Non so perché. Ma penso che le sue reazioni forti,
siano solo forme di ribellione verso l’ignoranza.
L’innocenza è
una colpa. A volte lo è.
Poi non so
perché, ma torno agli affetti. Gli chiedo delle sue mogli. Dei figli. Delle
mogli non vuole parlare. O non in quel momento. Ma verso i figli sento una
paternità vera. Presente.
“Sai, quello
che mi di-manca è una carezza la sera. Quando torno a casa. Mica di
di-trombare. Ma un affetto, quello si”.
Poi mi parla
della solitudine. E mi ricorda Pasolini. Perché solo chi ha imparato ad essere
forte, può amare la solitudine e quindi vedere la vita. Quella vera.
Diego risbuca
dal bar. “Amore, andiamo via”. E’ completamente ubriaco. Mi viene da piangere.
Pianto misto a rabbia. Saluto Eraldo di fretta e gli chiedo se posso tornare da
lui ad “intervistarlo” o semplicemente ad ascoltarlo. Mi dice: “Quando vuoi”.
Vado via con
Diego e Jack. Diego si ferma poco dopo. Sulle scalette della farmacia.
“Lasciami qui un attimo. Poi mi riprendo e andiamo”.
So benissimo
che non ce la fa. Non riesce ad andare dritto.
Vado da
Massimo e gli chiedo se può aiutarci. Non so portare il motorino e Diego non è
in grado di guidare.
Dopo varie
resistenze, Massimo chiama Eraldo. Gli lascia l’auto ed inizia il rientro a
Drignana più divertente della mia vita.
“Tira giù il
finestrino se devi vomitare..” dice Eraldo ridendo a Diego. “Devi di-stare
attento. Mica ci sei solo tu: hai lei e una di-bestiolina”.
Nella radio
c’è un CD di musica classica ed Eraldo fa le curve da Vernazza a Drignana con
la sicurezza e la guida selvaggia che conosco. O riconosco. Perché da ragazza
con mio fratello e i suoi amici le vivevo tutte così.
Solo i “culi
bianchi” non guidano così. Sembra un rientro misto ad un horror o un film
surreale.
“Tutto bene
là dietro?” mi chiede Eraldo. Certo che si. So che conosce quelle strade ad
occhi chiusi.
Ci lascia
sani e salvi davanti casa. Gli do’ un bacio pieno di riconoscimento. Anche
Diego lo ringrazia.
La mia notte
poi sarà difficile. Nella rabbia. Ma mi ha salvata il mio alter ego. Eraldo.
I giorni
successivi torno a Milano. Rientro con uno spettacolo scritto in un pomeriggio.
Per il Blue Marlin. Per Diego e Pietro. Un musicista ed un attore. Due artisti.
Che omaggiano un po’ Vernazza e un po’ il locale che ospita musica. L’ho
scritto per Massimo che ha prestato la sua auto per portare su Diego. E per
Eraldo, che so che amerà.
Infatti la
serata viene bene.
E dopo poco
Eraldo mi dice: “ Dovete ripeterla qui quella cosa lì..”. Perché lui vede la
vera Bellezza. E desidera solo l’amore vero per la sua terra.
Non so
rispondergli. Me lo dice con gli occhi buoni e fragili nascosti dai capelli e
dalla barba bianca. Forte e fragile allo stesso tempo. Come me.
Ma io me ne
vado.
Tornerò a
Milano con il mare dentro e la solita sensazione di non aver mai fatto
abbastanza. O di essere fuggita. Lasciando lì a combattere parti di me.
Ma torno a
Milano con il mare dentro e gli occhi di Eraldo che mi dicono: “Mi di-manca
solo una carezza la sera”.